Sulla nuova stagione di lotta alle industrie metallurgiche a Spoleto

Corteo IMS

Gli operai della ex Pozzi sono di nuovo in stato di agitazione. Questa che inizia sarà la terza settimana di sciopero ad oltranza.

Le maestranze dell’IMS-Isotta Franceschi erano già state protagoniste, nel gennaio del 2013, di un importante momento di conflitto, con uno sciopero ad oltranza durato settimane e che avuto anche momenti di confronto fisico con la direzione. Apice della lotta fu il corteo del 16 gennaio che ha portato centinaia di persone in piazza nella cittadina umbra.

Il fatto più importante è che questa stagione di lotta venne guidata da un comitato di lavoratori che ha totalmente scavalcato i sindacati (non solo i confederali ma anche i sindacati di base) e che ha di fatto bloccato la fabbrica nella totale illegalità dal punto di vista del diritto borghese in materia di scioperi e riconoscimenti sindacali.

Dal febbraio scorso il vecchio comitato di lotta non esiste più e le avanguardie che ne hanno fatto parte hanno scelto di candidarsi alle elezioni delle RSU, conquistando tutti i posti disponibili – scelta tattica che magari si può non condividere, ma che è dettata anche dalle difficoltà e dalle rappresaglie padronali che di fatto tenevano tutti gli operai più avanzati in cassaintegrazione punitiva da mesi. In ogni caso la nuova RSU ha avuto il coraggio e la costanza di resistere alle pressioni indecenti della FIOM regionale affinché firmassero un accordo col padrone per evitare il fallimento.

Ma la loro determinazione non è venuta meno.

La situazione è di nuovo precipitata lo scorso 26 marzo. In un incontro a Perugia, presso l’Associazione Industriali, il Gruppo Casti ha infatti proposto, per uscire dalla difficile situazione economica in cui si trova ormai da due anni, la fondazione di due “newco” per quanto riguarda i reparti “alluminio” e “ghisa”. Le nuove aziende verrebbero quindi ripulite da ogni debito, così da essere più appetibili sul mercato. Mentre tutti i debiti rimarrebbero accollati alla famiglia Castiglioni.

Una proposta che non è affatto piaciuta agli operai, i quali hanno subito dimostrato una certa consapevolezza di classe, intuendo che se le newcompany dovessero essere vendute, loro perderebbero ogni strumento di classe (il più eminente dei quali è lo sciopero) per riprendersi quanto loro spetta dato che l’eventuale nuovo padrone non avrebbe alcuna responsabilità verso i contributi, le tredicesime e i TFR arretrati.

La reazione è stata subito dura, bersagliando di uova la sede degli industriali umbri. Il giorno dopo, il 27 marzo, l’assemblea in fabbrica ha deciso di proclamare lo sciopero totale e il blocco delle merci dal 28 marzo al 4 aprile.

Durante lo sciopero il Direttore ing. Santoro ha chiesto un nuovo incontro, per cercare di sospendere le ostilità. In questo incontro, che si è tenuto sempre a Perugia presso la sede degli industriali, il padrone si è presentato con una proposta nuova: investimenti, addirittura nuove assunzioni, in cambio di ingenti sacrifici il più duro dei quali è la perdita dei TFR. Una rapina milionaria che per chi lavora alla Pozzi da decenni significa decine di migliaia di euro persi. La reazione è stata durissima. Per ore 150 operai e una decina di solidali hanno presidiato il luogo dell’incontro, disposti a rimanere anche tutta la notte pur di “salutare” il padrone e i suoi portaborse. Alla fine, a sera tardi, Santoro e i suoi scagnozzi sono riusciti a tornare agli alberghi grazie soltanto all’intervento della polizia che li ha scortati fuori dal palazzo degli industriali, ma la contestazione c’è stata ed è stata pesante.

Venerdì 4 aprile circa 200 operai e una ventina di solidali si sono presentati al Tribunale di Spoleto, chiedendo di parlare in massa col giudice che si occupa della situazione patrimoniale dell’IMS, che alla fine ha deciso di incontrare una piccola delegazione, ma solo alla presenza di un paio di agenti della Digos. I lavoratori hanno ribadito che non avrebbero accettato alcun accordo e che quelli che loro chiamano gli “esterni” (i sindacalisti di professione che non lavorano nella fabbrica) non hanno titolarità a firmare alcunché. Loro non chiedono ufficialmente la dichiarazione di bancarotta, ma ribadiscono che se l’assenza di un loro parere favorevole dovesse spingere il giudice a dichiarare la bancarotta questo comunque non li spaventerebbe. “Manderemo in galera Santoro e Castiglioni” (direttore e proprietario) hanno sintetizzato, forse con un po’ di ottimismo verso la magistratura borghese.

Lo sciopero doveva concludersi dopo 8 giorni proprio venerdì 4. Ma una nuova assemblea operaia ha votato a larga maggioranza di continuare la lotta ad oltranza fino alla capitolazione del padrone. Padrone che non ha digerito una lotta così determinata.

In questo contesto si inseriscono i gravi fatti dell’11 aprile. Nell’ennesimo incontro dagli industriali a Perugia, un avvocato del proprietario, venuto ufficialmente come mediatore, ha prima dato dello stronzo al compagno che più di ogni altro ha promosso e diretto il comitato di fabbrica prima, e che ora è nella RSU, poi quando questo continuava a chiedergli cosa avrebbero mangiato sua moglie e sua figlia, il “mediatore” (!!!) gli ha tirato 5 euro in faccia.

Un arrogante atto di sfregio che, appena è trapelato all’esterno, dove erano presenti ancora una volta oltre 100 operai, di fatto ha provocato pesanti tafferugli. Sembra che anche la polizia si sia gravemente indispettita per questo attentato all’ordine pubblico, apparentemente gratuito, spregevole e immotivato.

In conclusione, possiamo trarre alcuni elementi positivi di questa lotta, pur nelle contraddizioni che certo non ci sfuggono:

In primo luogo, almeno per quanto riguarda lo scorso anno, la gestione della lotta stessa da parte di un comitato di fabbrica fuori e contro ogni sindacato.

In secondo luogo, il rifiuto di accordi che purtroppo ormai passano ovunque. Va detto infatti che un accordo identico è stato firmato dai sindacati venduti a Milano per quanto riguarda lo stabilimento lombardo “gemello” di quello umbro. Proprio questo ha creato una situazione di stallo, dato che il padrone non vuole perdere in Umbria quello che ha ottenuto senza nemmeno 10 minuti di sciopero in Lombardia. Accordi di questo tipo passano a decine tutte le settimane in tutta Italia. Purtroppo non è avanzata la situazione spoletina, ma è arretrata quella nazionale. Questo ci impone l’urgenza dell’Organizzazione di classe.

Infine, e forse è la cosa più importante, lo strumento dello sciopero ad oltranza. Ben oltre il sindacalismo confederale che si limita a poche ore di sciopero simboliche, ma anche, diciamocelo, anche oltre il sindacalismo di base, che spesso si limita a singole giornate di sciopero. Gli operai dell’IMS ci hanno insegnato che lo sciopero deve durare settimane e deve bloccare il trasferimento delle merci già prodotte sul mercato.

Il nostro sostegno è incondizionato, ma con esso porteremo anche la parola d’ordine della necessità dell’organizzazione di classe.

Perché solo uniti si vince!