I missili e i bambini

Con 59 missili contro la base siriana di Shayrat, Donald Trump ha messo i piedi nel piatto del suo ospite Xi Jinping, e mandato un messaggio al suo aspirante amico Vladimir Putin.

Dopo aver mandato un migliaio di marines con l’artiglieria pesante ad assicurare che gli USA abbiano la parola decisiva nella presa di Raqqa contro l’ISIS, dopo lo smacco di Aleppo, i missili Tomahawk su Shayrat sono un avviso a Putin che dovrà far spazio alla banda di Trump nella cabina di regia sulla Siria.

Il biglietto che Xi Jinping si è trovato nel piatto di casa Trump è che i prossimi missili saranno per il suo protégé Kim Jong Un, se non lo convincerà a smetterla di giocare con le stesse armi.

Ora, che si distruggano tra di loro basi militari, aerei e armi, non ce ne potrebbe importar di meno non fosse che a lato della guerra “pulita”, “chirurgica” c’è sempre la guerra sporca coi suoi morti e feriti.

Non sappiamo – e forse non sapremo mai – chi abbia gettato il gas sarin che ha ucciso decine di bambini e di adulti a Idlib. Ma è chiaro che la campagna mediatica costruita sulle immagini di quei bimbi boccheggianti e quei cadaveri innocenti era la campagna promozionale, emotiva e morale, del lancio dei missili USA. Donald Trump sta facendo un rapido apprendistato, se mai ne avesse avuto bisogno, in materia di cinismo imperialista dopo le “armi di distruzione di massa” di Bush figlio e le guerre umanitarie di Obama.

Come se sul piano morale non fossero bastati i tredicimila (13.000 !!!) oppositori torturati e ammazzati nelle galere di Assad, gli ospedali di Aleppo bombardati dai russi, le migliaia di curdi massacrati dai turchi, e qualche giorno fa i più di duecento civili ammazzati nelle proprie case in un solo raid americano su Mosul per condannare ai lavori forzati (siamo contro la pena di morte) Assad, Putin, Erdogan, Trump oltre che al capo dell’ISIS al Baghdadi (i suoi crimini, a partire dal massacro degli Yazidi, ci vengono ricordati con maggiore frequenza).

Fa rivoltare le viscere l’ipocrisia della “legalità internazionale” per la quale le centinaia di migliaia di morti, uomini, donne e bambini sotto le bombe o per ferite da proiettili sono “legali”, mentre quelli per armi chimiche sono illegali perché violano le “regole del gioco” della guerra fatte dai padroni della guerra.

In Siria nel 2011 è stata stroncata sul nascere con ferocia una insurrezione popolare. Contro i suoi oppositori che rivendicavano migliori condizioni e libertà, denunciando la corruzione, l’affarismo e l’oppressione da parte del regime, Assad ha scatenato oltre al proprio apparato militare-poliziesco i tagliagole islamici appositamente liberati di prigione. Dal soffocamento della rivoluzione la Siria è divenuta campo di battaglia tra le grandi potenze e tra le potenze regionali ad esse affiancate. Quasi mezzo milione di morti, 10 milioni di persone sradicate dalle loro case, di cui circa 6 milioni fuggiti all’estero e in maggioranza intrappolati in campi in Turchia e Libano, città distrutte, un generale imbarbarimento con il territorio frammentato sotto il controllo delle bande di Assad, dell’ISIS e di altre centinaia di bande al soldo delle varie potenze – spiace dover notare che anche forze curde sono entrate nel gioco al seguito degli USA – e piccole ridotte di autogoverno popolare che proprio perché non sono al servizio di nessuno sono sotto attacco da tutti.

In questa guerra mondiale nella serra siriana, in questo scatenamento degli apparati del terrore da parte di almeno tre campi (“Occidente”, Russia-Iran-Assad e nazionalismo reazionario sunnita di ISIS e frange delle petromonarchie, con la Turchia pronta a qualsiasi gioco che stronchi i curdi), manca la presenza del proletariato in quanto classe internazionale, per la creazione del campo proletario, per l’unità dei lavoratori di tutto il mondo nella lotta per rovesciare tutti gli Assad, i Trump, i Putin e i Gentiloni-Renzi del mondo in quanto esponenti del capitale e della classe borghese.

È per la creazione di questo fronte proletario internazionalista e internazionale che come comunisti dobbiamo lavorare. Non ci schieriamo con il “male minore” che è un pretesto per mettersi al servizio di uno dei centri del terrore e dell’oppressione, ma per il programma comune: potere ai lavoratori, abolizione della schiavitù salariata, società senza classi, senza sfruttati e sfruttatori. Solo allora avrà fine il dominio del terrore.

Denunciamo l’appoggio del governo italiano e dei governi europei all’escalation di Trump, e i pennivendoli che usano l’orrore della guerra per fare da battistrada agli interventi.

Costruiamo e sosteniamo mobilitazioni di massa contro i guerrafondai di tutti i campi, contro le spinte al riarmo e gli interventi in guerra dell’imperialismo italiano!