Kunduz, strage “umanitaria”

La distruzione dell’ospedale di Medici Senza Frontiere a Kunduz ad opera di un bombardamento è l’ultimo esempio di “danni collaterali” che la missione NATO in Afghanistan continua a causare. La missione che secondo la retorica bellicista avrebbe dovuto liberare il paese da un governo oscurantista ed oppressivo ha aggiunto morte e distruzione senza sconfiggere completamente quelle forze reazionarie che anzi ora stanno vincendo.

Al momento, sono stati accertati 22 morti fra malati e personale medico e non. Mentre l’esercito regolare afghano accusa MSF di aver dato ospitalità ai talebani, l’Alleanza Atlantica si limita a parlare di “possibili danni collaterali”. Ma come hanno sottolineato i responsabili di MSF, le coordinate dell’ospedale erano note a tutte le autorità militari e l’ospedale è stato colpito più volte anche dopo le comunicazioni dei medici con la NATO.
E’ curioso che l’esercito più tecnologico del mondo – a bombardare sarebbe stato un AC-130 statunitense che si vanta di usare droni e bombardamenti “chirugici” per limitare le vittime – arrivi a confondere un ospedale con una fortificazione nemica. Ma che si sia trattato di un errore, o della volontà di far ritirare dei testimoni scomodi che avrebbero potuto assistere a nuovi massacri commessi dalle forze armate “democratiche” e dai loro alleati, questa ennesima strage è il segno di quanto sia “umanitaria” la missione afghana.

Una missione giustificata evidenziando il carattere reazionario e oppressivo dei guerriglieri talebani che opprimono le donne, uccidono le bambine che si permettono di andare a scuola, si autofinanziano col traffico di droga e colpiscono continuamente la popolazione civile con attentati, rastrellamenti e stragi organizzate. Ma è la stessa presenza occidentale che ha fatto esplodere la produzione di oppio, alimentato gli scontri tra i signori della guerra che i talebani avevano ridimensionato, senza per questo eliminare la sharia e l’oppressione di genere perché farlo avrebbe indebolito il governo alleato di Kabul (il New York Times ha recentemente rivelato che i soldati USA hanno l’ordine di non ostacolare gli abusi dei militari e poliziotti afghani sui fanciulli).

In questa sanguinosa ipocrisia, l’Italia fa la sua parte: nella missione ISAF è arrivata a schierare 3.700 soldati e a svolgere direttamente bombardamenti con gli aerei AMX e gli elicotteri Mangusta (alla faccia della “missione di pace!”); nella nuova missione “Resolute support” dovrebbe mantenerne 600 effettivi.

Come comunisti, siamo disgustati da questo ennesima strage che colpisce una delle poche presenze occidentali davvero umanitarie. MSF era nel mirino “perché curava tutti i feriti, dell’una e dell’altra parte” (fonte New York Times del 4 ottobre), e non accettava il ruolo di reggicoda del corrotto governo Ghani. Non a caso anche le strutture di Emergency a suo tempo furono oggetto di attacchi militari, alla faccia della Convenzione di Ginevra.
Non per questo riteniamo giustificabile la morte di soldati o un’occupazione militare che non colpisca civili o personale medico: ogni guerra imperialista è da condannare, anche quando coinvolge solo uomini in divisa (generalmente, proletari che indossano quella divisa perché costretti o perché è l’unico mestiere che il capitalismo gli offre).
Come comunisti siamo convinti che non si possa porre termine a questi orrori senza estirpare la società che li produce. L’indignazione e il dolore per queste morti devono trasformarsi in militanza politica per una società che non sia più mossa dalle ragioni del profitto e dalla fame di nuovi mercati, ma dai bisogni dell’umanità.