KURDISTAN IRACHENO – UNA LOTTA DI CLASSE TRA LA GUERRA DELLE POTENZE E GLI SCONTRI DI POTERE DELLA BORGHESIA CURDA

Nel Kurdistan iracheno dal 1° ottobre sono in corso manifestazioni e scioperi di lavoratori del pubblico impiego,[1] ospedali, scuole, università e amministrazioni pubbliche, via via allargate a diverse città, Erbil, Halabja, Sulaimania, Halabcheh, Raniyeh, e Koyeh, Kalar….

Centinaia di insegnanti, dopo aver scioperato per una intera settimana, sono scesi in piazza a Sulaimania e Erbil. Hanno dichiarato che non torneranno al lavoro prima di ricevere tutto quanto loro dovuto. Dopo le proteste il governo ha provveduto ad erogare gli arretrati di un mese. Secondo il giornale Rudaw da giugno a causa delle difficoltà economiche circa 1000 insegnanti hanno abbandonato il Kurdistan, diretti in Europa.

La rabbia della popolazione contro il corrotto regime Barzani[2] si è espressa in particolare con assalti alle sedi del suo partito, il PKD, il 9 e 10 ottobre, a Kaladize e Saïd Sadik. Nel capoluogo provinciale Sulaimania,[3] seconda maggiore città, i manifestanti hanno assediato la sede dell’emittente TV Rudaw, vicina al PKD, e si sono riuniti di fronte all’hotel dove era in corso un vertice tra i rappresentanti dei cinque maggiori partiti kurdi[4] per risolvere la “crisi presidenziale”. Negli scontri con la polizia sono state uccise almeno quattro persone, a decine i feriti …



I lavoratori protestano contro il mancato pagamento dei loro salari in arretrato da tre mesi e la corruzione del governo. Il governo regionale curdo (KRG) giustifica il mancato pagamento dei salari del pubblico impiego alle difficoltà finanziarie derivanti sia dal consistente calo del prezzo internazionale del petrolio che dal taglio dei fondi del governo centrale, seguito allo scontro di inizio 2014 tra i due governi sugli introiti petroliferi. In realtà il KRG sta gestendo autonomamente le sue risorse petrolifere,[5] delle quali vende alla Turchia circa 600mila barili al giorno, ma gli introiti derivanti sarebbero completamente intascati dal KDP, secondo le accuse del partito avversario, Gorran. Sugli striscioni dei manifestanti: “Il denaro del petrolio deve essere usato per la gente non per le mafie”.

La lotta dei lavoratori non si è lasciata fermare da motivazioni nazionalistiche, come la guerra che i peshmerga del KRG di Massoud Barzani stanno conducendo contro lo Stato Islamico, su procura della coalizione di potenze occidentali, nella speranza di ricavarne benefici futuri.

E neppure dall’aspra battaglia per il potere tra i partiti della borghesia curda irachena, ognuno dei quali cerca di utilizzare a propri vantaggio il malcontento popolare.

Il mandato presidenziale di Barzani è scaduto lo scorso 19 agosto, ma Barzani ha chiesto una proroga, causa la guerra e la crisi economica. I raggruppamenti politici rivali vogliono invece che abbandoni. In particolare il secondo maggiore partito, il Movimento Gorran (Cambiamento)[6] ha promosso un tentativo, fallito, di modificare la legge presidenziale per limitare i poteri di Barzani, definendo i limiti del mandato. Dopo essersi combattuti in una guerra civile negli anni Novanta, KPD e PUK, si sono suddivisi quasi alla pari il territorio del Kurdistan iracheno, con due diverse amministrazioni. PUK e KPD dispongono di una propria ala armata.

A seguito degli scontri della scorsa settimana tra le guardie degli uffici del KPD e i manifestanti in cui ci sono stati 4 morti e decine di feriti, Barzani ha dato ordine ai peshmerga di impedire l’accesso alla capitale, Erbil, al portavoce e a diversi parlamentari del secondo maggiore partito, il Movimento Gorran (Cambiamento).

Il KPD ha accusato Gorran di cavalcare le proteste dei lavoratori e di averli incitati ad attaccare nove delle sue sedi, utilizzando anche il canale televisivo di sua proprietà, KNN, per avvantaggiarsene nelle trattative sulla presidenza.

Da parte loro PUK e Gorran sostengono che le proteste sono scoppiate dopo che i lavoratori hanno sospettato che i loro salari potessero essere usati dal KDP come merce di scambio nei negoziati.

Dato che il clan Barzani controlla una grossa fetta degli affari della regione semiautonoma, la questione della sua presidenza è di enorme importanza anche per i paesi vicini Iran e Turchia, e per l’imperialismo Usa.

Così nel corso dell’estate, le loro delegazioni si sono recate in Kurdistan per far pesare la propria influenza nella contesa tra le fazioni borghesi curde sulla presidenza.

La Turchia ha molti interessi nella regione, sia di sicurezza che economici. Secondo stime non ufficiali il volume di scambio commerciale tra il Kurdistan iracheno e la Turchia supera i 12 miliardi di $. Dal punto di vista strategico Ankara, in competizione con l’Iran, cerca di accrescere la propria influenza sul Kurdistan, in particolare nelle aree di Dohuc e Erbil, che considera sua porta di accesso al Medio Oriente. La Turchia ha buone relazioni con il KDP ma anche con il KIU, l’Unione Islamica, partiti che secondo alcuni analisti Ankara avrebbe abbia incoraggiato a coalizzarsi per imporre una soluzione alla questione presidenziale.

L’Iran invece spera di rafforzare la propria influenza sul Kurdistan tramite il partito PUK. La seconda delegazione di Teheran, quasi clandestina, era capeggiata da famigerato alto comandante militare, Soleimani, e ha incontrato il presidente, il primo ministro e una delegazione del PUK.

In sostanza la Turchia tifa per gli interessi del KDP, l’Iran per quelli del PUK, entrambe per i propri interessi nazionali.

Tutti poi, USA, Turchia e Iran, non vogliono che la questione presidenziale possa avere riflessi negativi sulla sicurezza interna del Kurdistan, temono che si ripresentino le lotte di potere che hanno contrapposto KDP e PUK, e che questo metta a rischio i propri interessi.

Noi, in quanto comunisti internazionalisti, tifiamo per gli interessi dei lavoratori del Kurdistan contro quelli della borghesia, curda e di qualsiasi altro paese cerchi di trarre profitto dalla loro forza lavoro.

 


[1] In Kurdistan i dipendenti del pubblico impiego sommano a ben 1,3 milioni, su 5 milioni di abitanti

[2] Barzani, 69 anni, è a capo del KDP dal 1979 e presidente del KRG dal 2005. Nei primi 8 anni dei dieci di presidenza Barzani è stato legalmente eletto, per gli ultimi due la sua carica è stata prorogata dal parlamento. Il clan Barzani controlla molti degli affari della regione. …

[3] L’area attorno alla provincia di Sulaimania è sotto il controllo del PUK e di Gorran; il KDP controlla le aree attorno ad Erbil.

[4] Partito Democratico del Kurdistan (KDP) con 38 seggi su 111, Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), 18 seggi, Movimento per il Cambiamento, 24 seggi, Unione Islamica del Kurdistan e Lega Islamica del Kurdistan 16 seggi assieme.

[5] Da inizio giugno il KRG ha annullato un precedente accordo con il governo centrale secondo il quale doveva contribuire con 550mila barili di petrolio al giorno in cambio del ripristino dei versamenti dei fondi statali.

[6] Gorran è stato fondato nel 2009 dall’ex dirigente del PUK, per “porre fine al monopolio nel controllo di potere” e “sradicare la dilagante corruzione”.