Le proteste popolari contro il regime iraniano si intensificano in risposta all’abbattimento di un aereo passeggeri da parte dell’Iran

Traduciamo e pubblichiamo un nuovo articolo dell’Alliance of Middle Eastern and North African Socialists (Alleanza dei socialisti del Medio Oriente e del Nord Africa) sull’ultima ondata di proteste di massa in Iran.

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Le eloquenti dichiarazioni e gli slogan espressi dall’ultima ondata di proteste di massa in Iran sembrano segnalare che la rivolta è entrata in una nuova fase. Gli sforzi del regime per far deragliare le proteste dopo l’assassinio USA di Qassem Soleimani e per dare l’impressione che le masse iraniane fossero dalla sua parte si sono rivelati fallimentari. Mentre l’attuale regime ha ancora il sostegno di un quarto, forse, della popolazione adulta, la maggioranza è chiaramente contraria ad esso e vuole vederlo rovesciato.

Sabato 11 gennaio, dopo tre giorni in cui il governo iraniano aveva negato che l’8 gennaio un aereo ucraino fosse stato abbattuto sopra i cieli di Teheran, un rappresentante delle forze armate della Repubblica islamica ha ammesso che un missile iraniano aveva colpito l’aereo per errore. Questo era accaduto poche ore dopo gli attacchi missilistici dell’Iran alle basi statunitensi in Iraq, attacchi che dovevano essere atti di ritorsione contro l’assassinio, il 3 gennaio, da parte USA, del generale Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds del Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica (IRGC) e di Abu Mahdi al-Muhandis, alto comandante e tra i fondatori della milizia irachena di Kata’ib Hezbollah.

L’Iran aveva preavvertito il governo iracheno di quali fossero i bersagli dei suoi attacchi di ritorsione del 7 gennaio alle basi statunitensi e aveva quindi permesso agli Stati Uniti di impedire che ci fossero le vittime. Tuttavia, l’Iran non aveva chiuso il traffico aereo commerciale durante e dopo gli attacchi di rappresaglia e, a quanto pare, ha scambiato l’aereo ucraino per un missile statunitense in arrivo. Molti dei 176 passeggeri dell’aereo ucraino erano iraniani con doppia cittadinanza, compresi studenti che frequentavano corsi post-laurea, che si erano recati in visita alla famiglia durante le vacanze invernali e stavano tornando in Canada e Gran Bretagna. A bordo c’erano anche altri cittadini canadesi, ucraini, britannici e svedesi, come pure 9 membri dell’equipaggio.

Inizialmente il governo iraniano ha smentito tutte le affermazioni secondo cui un suo missile aveva colpito l’aereo. Ha anche minacciato giornalisti iraniani che stavano indagando su questo caso. Tuttavia, dopo le prove inconfutabili fornite da fonti ucraine, canadesi e statunitensi, l’Iran è stato costretto ad ammettere la verità.

L’annuncio, fatto sabato 11 gennaio, da un leader dell’IRGC, ha immediatamente portato a grandi e violente proteste da parte di studenti universitari di Teheran e di altre città. I manifestanti hanno espresso la loro solidarietà alle famiglie in lutto degli innocenti passeggeri e dell’equipaggio uccisi sull’aereo, hanno denunciato la quarantennale storia di menzogne/inganni del governo, hanno strappato manifesti con le immagini di Soleimani e chiesto la fine della Repubblica islamica e del Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica. Nonostante i proiettili, gli attacchi con gas lacrimogeni delle forze di sicurezza e nonostante i molti arresti, i manifestanti hanno lanciato un appello alla protesta per la domenica sera in tutto il paese, in opposizione al regime, e per difendere i diritti delle donne, i diritti del lavoro e la tutela dell’ambiente. Molti si sono radunati nella “piazza della libertà” di Teheran e in altre città come Mashhad, Isfahan, Sanandaj, Shiraz, Babol, Hamedan, Orumiyeh e Rasht, Yazd, Semnan, Gorgan, Arak, Zanjan, Abadan, Ahvaz. In diverse località i manifestanti hanno strappato, lacerato e rimosso gli stendardi di stato con l’immagine di Soleimani.

Tra le parole d’ordine: «Dittatore, IRGC, siete voi il nostro ISIS», «Il nemico è in casa nostra» «Non abbiamo subito vittime per poi lodare il leader assassino», «L’indegno IRGC è fonte di vergogna per il nostro paese», «l’IRGC commette omicidi e la Guida Suprema lo sostiene», «morte al dittatore», «Siamo stati noi le vittime della tua ‘dura vendetta’», «Soleimani è un assassino, il suo leader è corrotto», «Morte all’oppressore, che sia un re o la Guida Suprema», «No al dominio del guardiano religioso, né a quello del monarca» «Morte al governo del guardiano religioso che è responsabile di anni di assassinii», « Il comandante in capo deve dimettersi», «In 1500 sono stati uccisi a novembre», «Referendum, Referendum», «Siamo noi i nostri salvatori», «pane, lavoro, libertà, governo dei consigli dei lavoratori».

Il comunicato dell’Associazione dei pensionati iraniani ha denunciato come « vite umane vengono sacrificate per obiettivi politici e i maneggi dei sistemi di potere».

Molti artisti hanno annullato i loro programmi di partecipazione all’annuale festival di film e musica Fajr, organizzato negli ultimi 40 anni dallo stato in occasione dell’anniversario della rivoluzione iraniana del 1979. Un attore ha scritto che non ha interesse a partecipare a un festival sponsorizzato dallo stato. Un altro ha scritto che le scene delle proteste nelle strade dell’Iran sono più potenti di qualsiasi spettacolo teatrale.

Un comunicato degli studenti del Politecnico Amir Kabir di Teheran afferma:

«Oggi il ‘male’ ci circonda da ogni lato. Mentre le politiche economiche del governo e la repressione politica hanno esaurito ogni capacità di sopportazione della popolazione, sopra le nostre teste è comparsa anche l’ombra della guerra. Nel mezzo delle continue minacce delle potenze militari, ciò che oggi manca nel clima politico iraniano è la voce del popolo. Al di sopra e al di là di ogni altra cosa, il popolo chiede libertà e uguaglianza e, lo scorso novembre, ha fatto sentire con grande forza la propria voce per far giungere ad altri il suo messaggio.»

«Gli eventi degli ultimi due mesi sono stati una chiara testimonianza della totale incompetenza del regime che governa l’Iran, un regime la cui unica risposta a ogni crisi è il ricorso alla forza. Oggi è nostro dovere dirigere tutti i nostri sforzi contro ogni sistema di repressione, sia esso nella forma di governo oppressivo che di potenza imperialista.»

«Negli ultimi anni, la presenza americana in Medio Oriente non ha prodotto altro che crescente insicurezza e caos. La nostra posizione nei confronti di quella potenza aggressiva è chiara. Tuttavia, è anche chiaro per noi che l’avventurismo americano nella regione non deve essere usato per giustificare la repressione all’interno».

«L’unico modo per uscire dall’attuale crisi è tornare a una politica basata sui diritti democratici delle popolazione, una politica che non si getti tra le braccia dell’imperialismo perché teme il dispotismo, una politica che non legittimerà il dispotismo in nome della resistenza e della lotta contro l’imperialismo. Sì, l’unico modo per respingere e liberarsi dalla situazione attuale è respingere allo stesso modo sia il dispotismo che l’imperialismo.»

(https://fjahanpour181258126.wordpress.com/2020/01/12/the-statement-issued-by-the-students-demonstrating-in-amir-kabir-university-in-iran/)

Questa chiara dichiarazione e gli slogan scanditi nell’ultima ondata di proteste di massa in Iran sembrano indicare che la sollevazione è entrata in una nuova fase. Gli sforzi del regime per far deragliare le proteste dopo l’assassinio USA di Qassem Soleimani e per dare l’impressione che le masse iraniane fossero dalla sua parte si sono rivelati fallimentari. Mentre l’attuale regime ha ancora il sostegno di forse un quarto della popolazione adulta, la maggioranza è chiaramente contraria ad esso e vuole vederlo rovesciato.

Ciò che inoltre rivelano le dichiarazioni e gli slogan dell’ultima ondata di proteste è che è forte la volontà di sfidare tanto la Repubblica islamica e i monarchici, quanto la determinazione a opporsi all’imperialismo USA e all’autoritarismo e all’imperialismo regionale del regime iraniano.

Se l’attuale ondata di rivolte in Iran continua, si approfondisce e riceve sostegno dalle forze progressiste a livello internazionale, essa ha il potenziale per trasformarsi in un’altra rivoluzione sociale. Essa deve anche collegarsi attivamente ai manifestanti progressisti e rivoluzionari iracheni, libanesi e siriani che si oppongono all’autoritarismo, al settarismo e all’imperialismo, compreso l’imperialismo regionale del regime iraniano in Siria, Iraq e Libano.

È estremamente importante che la nuova ondata di proteste contro la guerra in Occidente non si limiti a opporsi agli atti di guerra dell’Amministrazioni Trump né cerchi di legittimare in qualsiasi modo il governo iraniano. Dobbiamo ascoltare ciò che chiede l’attuale ondata di rivolte popolari in Iran e nella regione e non farci difensori del governo iraniano in nome dell’opposizione all’imperialismo USA.

Nelle parole di una femminista socialista iraniana: «Per il regime dittatoriale iraniano, trafficante di morte, le vite umane sono prive di valore e utili solo per trarne profitto. Ma questa volta, il popolo iraniano non starà in silenzio e si spingerà fino al rovesciamento di questo regime ”.

Frieda Afary, Fatemeh Masjedi, Sina Zekavat

12 gennaio 2020

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https://allianceofmesocialists.org/iran-popular-protests-against-regime-intensify-in-response-to-iran-downing-of-passenger-plane/