Legge di Stabilità – Dopo il Jobs act, un’altra ricetta molto costosa per i lavoratori, e a poco prezzo per il padronato

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Nel 2009, a un anno dall’esplosione della crisi finanziaria internazionale, la prosaica denominazione di “Legge Finanziaria” è stata sostituita da quella di “Legge di Stabilità”, nel tentativo di affermare un presunto primato della politica sulle caotiche leggi del capitalismo, italiano o internazionale che sia, e di contrastare la oramai chiara percezione da parte dell’elettorato italiano che, in esso, sicurezza e stabilità sono solo chimere.

Ma anche l’ambizione del nuovo manovratore al timone del governo, Matteo Renzi, di presentarsi come garante della “stabilità” per il sistema Italia ha subito un violento e plateale attacco proprio nella maratona per la sua approvazione al senato nella notte del 19-20 dicembre.
Dibattito su La 7, la mattina del 20 dicembre: «Dopo sospensioni, rinvii, proteste, battutacce, insulti, quasi all’alba» il senato ha dato la fiducia al governo (162 sì, 37 no, nessun astenuto) per il maxiemendamento alla Legge di Stabilità 2015. Il senatore di Forza Italia, Minzolini, rinforza: «Una cosa del genere non l’ho mai vista. E sì che scrivo di politica stando in Parlamento dal 1980. Ci sono state delle convulsioni, non era chiaro il tipo di … i conti non tornavano. Si so

no fatte una serie di congetture, che ci fossero state indicazioni da Bruxelles che non era per nulla convinta di quanto c’era scritto nella legge di stabilità, e tirando da una parte e dell’altra, colpa magari anche di emendamenti che venivano dal parlamento, che richiedevano interventi sul bilancio sicuramente non accettabili, per le coperture, ma questi emendamenti venivano sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Siamo arrivati a questo tipo di maratona, …ma noi l’idea chiara sulla legge ce l’abbiamo solo fino a un certo punto. Perché quando le cose le fai così di corsa, togliendo gli errori con la gomma da cancellare, con il bianchetto, etc. tu il risultato riesci a metabolizzarlo dopo un giorno, tre giorni.» Non occorrono commenti.

La sceneggiata del voto democratico con l’ipocrita indignazione dei senatori, e le pronte assicurazioni date da Renzi all’elettorato di aver sventato l'”assalto alla diligenza” delle decine di emendamenti aggiunti in parlamento non possono nascondere la sostanza delle misure – «le linee di fondo attraverso le quali il governo Renzi – in soli sette mesi – ha condotto il suo forsennato attacco anti operaio» (nota 1) – prese tramite questa nuova Legge di Stabilità che vanno ad aggiungersi e rafforzare quelle contenute nel Jobs Act.

Sedici miliardi di tagli di spesa che si tradurranno giocoforza in una riduzione dei servizi. Basta pensare alla riduzione della spesa per le regioni, il cui bilancio è costituito per l’80% dalla Sanità. La qualità del servizio non potrà non risentirne come pure il loro costo a carico dei lavoratori che per essa pagano già una rilevante quota di ritenute sul salario. Oppure alla Scuola, in particolare a quella dell’infanzia ed elementare, con l’eliminazione delle supplenze brevi, e l’aumento dei carichi di lavoro per i docenti. Inoltre, invece di procedere all’assunzione di 40mila Ata, con 36 mesi di servizio, ne spariscono altre 2mila, dopo i 47mila cancellati negli ultimi tre anni a seguito della riforma Gelmini. Ignorati anche 60mila docenti precari abilitati dopo il 2011 destinati all’immissione in ruolo.

Con i tagli ai bilanci delle province si presenta il rischio di esuberi per 20mila lavoratori a tempo indeterminato e del licenziamento per oltre 2mila precari; le procedure di mobilità scatteranno nel 2017.

Permane la TASI sulla prima casa, la nuova tassa comunale sui servizi indivisibili, anche se il governo si vanta di aver temporaneamente congelato la possibilità di un suo aumento da parte degli enti locali.

Sul lato degli impegni di spesa, gli aiuti a imprenditori, grandi e piccoli: 6,5 miliardi di riduzione dell’Irap per la componente lavoro per chi ha dipendenti, ma anche autonomi e società senza dipendenti ne beneficeranno nella forma del 10% di credito d’imposta Irap. A riguardo di questo credito d’imposta Irap, il Servizio Bilancio di Montecitorio si chiede se non ci siano rischi di elusione (lavoro sommerso) per poter fruire del predetto credito d’imposta. C’è poi il taglio ai contributi per i nuovi assunti con il contratto a “tutele crescenti” del Jobs Act.

Fondi pensione e casse di previdenza vedranno sterilizzato da un equivalente bonus, loro concesso per “gli investimenti”, l’aumento introdotto a loro carico per l’aliquota di tassazione (dal 20 al 26%, e dall’11,5 al 20%, rispettivamente).

Come scrivemmo sul questo sito in “Governo extraparlamentare per le riforme padronali”, anche con la manovra finanziaria 2015 Renzi deve rendere conto in primo luogo al capitalismo italiano nel suo insieme, e in particolare ai suoi maggiori sponsor. In ordine alfabetico i rappresentanti di Tod’s, Mediobanca, Assolombarda, Caltagirone, Confindustria, Espresso, Generali, Intesa Sanpaolo, Messaggero, Pirelli, Rcs, Snam. Ma il premier deve tener conto anche delle pressioni di altre lobby economiche e politiche, che spera gli consentano di mantenersi in sella nonostante sia iniziato un consistente calo del consenso elettorale. Così nella Legge di Stabilità approvata dal Senato è rimasta una lunga lista di finanziamenti microsettoriali, “aiutini” e norme ad aziendam, in barba al formale divieto posto dalla legge di inserire nel decreto legge di Stabilità micro-finanziamenti o norme ordinamentali – per evitare che il bilancio dello Stato venga compilato dalle lobby più forti e da chi ha amici a palazzo Chigi o ai piani alti dei partiti. Al punto che lo stesso viceministro dell’Economia Enrico Morando ha dovuto ammettere la cosa: “E’ vero, gli interventi territoriali e settoriali sono rimasti”.

Occorre sottolineare che gli emendamenti rimasti erano stati tutti concordati tra governo, relatore e maggioranza a palazzo Madama.

La tabella di sintesi elaborata dal Servizio studi di Montecitorio riporta gli aiuti erogati alle varie lobby, di cui riferiamo i più rilevanti.

Partiti.
Un piccolo comma riconosce la detraibilità del 26% dei versamenti e delle “donazioni” effettuati a favore dei partiti politici. Una norma che interessa direttamente coloro che l’hanno stilata, i parlamentari, che in genere girano al partito una parte dei loro lauti stipendi.
Il patto del Nazareno torna utile anche al ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, parlamentare del Nuovo Centrodestra, ex Forza Italia, ex Dc, membro di CL, indagato (e prosciolto) per tentata truffa e tentato abuso d’ufficio in un affare relativo ad una federazione della Compagnia delle Opere. Al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è concesso di affidare, in deroga alla legge, ancora per un altro anno numerose consulenze con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Centri studio e liberi professionisti allo sbaraglio, altro che liberalizzazione ed eliminazione degli albi professionali di stampo medievale! Sempre al ministero Infrastrutture e Trasporti è affidata la competenza sulla spesa di uno stanziamento di €5,5 milioni per la tutela e la promozione del patrimonio culturale “e storico”.
Chiamparino, governatore PD del Piemonte, diventa commissario di se stesso (nota 2) per il pagamento dei debiti della regione, 150 milioni di € solo per la Sanità. In sostanza, sul modello Roma, viene creata una “bad company” in cui finisce il debito pregresso del Piemonte al 31 dicembre 2013.
Trattamenti preferenziali per regioni a statuto speciale, evidentemente alla ricerca di consensi elettorali. La Sardegna, regione guidata dal PD Francesco Pigliaru è autorizzata a utilizzare 50 milioni di trasferimenti statali, destinati al pagamento del debito, per finanziare investimenti. Alla sola Sardegna vengono destinati 5 milioni di euro per la ristrutturazione delle scuole, mentre già esiste un piano nazionale di ristrutturazione delle scuole.
Per compensare la Val d’Aosta della perdita di un’accisa su energia elettrica e alcolici, lo Stato trasferisce alla regione 70 milioni l’anno.
Per la Sicilia, il ricco affare del traghettamento riceve un finanziamento di 10 milioni l’anno fino al 2017 per il trasporto veloce, cioè gli aliscafi. L’80% di tutto il traghettamento sarebbe in mano a Caronte & Tourist Spa, storicamente di proprietà di due famiglie, i siciliani Franza e i calabresi Matacena. Della società fanno parte però anche numerose banche (nota 3), il ministero dell’Economia e il parlamentare PD Francantonio Genovese, oggi agli arresti domiciliari per lo scandalo sulla Formazione.
In Liguria, grazie ad un apposito comma della legge di Stabilità la ferrovia Andora-Finale Ligure sarà pagata con un contributo quindicennale da 15 milioni l’anno “in erogazione diretta”. Nelle pieghe della manovra finiscono anche altri 8 milioni per l’alluvione di Genova dell’ottobre scorso.

Grandi società
Expo Spa, già nell’occhio del ciclone di indagini che hanno fatto emergere una “cupola degli appalti” foraggiata con 1,2 milioni di euro, ottiene di fatto – grazie a un comma scritto in modo poco chiaro – la possibilità di indire gare d’appalto senza passare per Consip, cioè la centrale degli acquisti che dovrebbe individuare i prezzi più convenienti. A questa misura se ne aggiunge un’altra che autorizza la spesa di 7,5 milioni di euro per interventi sul Duomo di Milano in vista di Expo 2015.
Eni, grazie alla semplificazione del regime autorizzativo per il trasferimento e lo stoccaggio di idrocarburi, ora fatto rientrare nel regime delle “opere strategiche”, può velocizzare l’iter richiesto per il suo progetto a Tempa Rossa, in Basilicata. Con l’aumento dell’Iva dal 10 al 22% sul “pellet da riscaldamento”, Eni e altri grandi gruppi come Hera (nota 4) mettono fuori mercato un concorrente del gas.

Emendamenti su specifici settori economici.
Gli autotrasportatori – definiti da Il Fatto (21.12.’14) una delle lobby più efficienti in Parlamento – dovevano subire il taglio del 15% del credito d’imposta sul gasolio. Hanno invece ottenuto un rinvio al 2019.
Il settore lattiero e caseario si prende 8 milioni nel 2015 e 50 per ciascuno degli anni 2016 e 2017.
Agli armatori, cinque milioni l’anno per i prossimi venti per “progetti innovativi nel campo navale”.
La cassa integrazione in deroga nel solo settore della pesca si prende 30 milioni per il 2015.
Per le frequenze TV, l’Autorità Agcom, che finora aveva il compito di assegnare le frequenze non utilizzate a livello nazionale alle televisioni locali, grazie ad un piccolo emendamento, potrà ora assegnare queste frequenze anche a Rai, La7 e Mediaset.

È evidente che, nel suo tentativo di far riprendere fiato all’economia italiana, il governo del rottamatore al servizio del grande capitale si trova a fare i conti in primo luogo con il ciclo economico internazionale che vede il rallentamento dello sviluppo delle metropoli e il rafforzamento dei paesi emergenti. Deve anche rispondere alle esigenze dell’imperialismo europeo in competizione con gli altri blocchi imperialistici. E infine, se vuole mantenere il consenso politico delle varie frazioni borghesi italiane, deve soddisfare interessi particolaristici di settori e gruppi economici, assieme agli appetiti egoistici dei rappresentanti politici della democrazia imperialistica italiana.

Per far quadrare tutti questi i conti, Renzi ricorre alla ricetta più sperimentata, quella dell’aumento dello sfruttamento dei salariati. Ricetta che purtroppo oggi costa ancora poco a chi la sta cucinando. Perché la classe dei proletari italiani non ha saputo finora organizzare alcuna strategia di difesa politica complessiva.

Nota 1: Cfr. Pagine Marxiste, novembre 2014, il “Jobs act” dell’imperialismo straccione, del sindacalismo colluso e della passività sociale”.

Nota 2: Il commissariamento di un ente è il provvedimento con cui viene sospesa l’autorità degli organi direttivi, sostituiti da un commissario. Ma qui il governatore Chiamparino sostituisce se stesso in qualità di commissario!!!

Nota 3: Unicredit, Istituto centrale delle banche popolari italiane Spa, Intesa San paolo, Monte dei Paschi di Siena, Associazione bancaria italiana, Confindustria, Cassa Depositi e Prestiti.

Nota 4: HERA, Holding Energia Risorse Ambiente, è una delle principali società multiutility italiane, che fornisce servizi energetici (gas, energia elettrica), idrici (acquedotto, fognatura e depurazione) e ambientali (raccolta e smaltimento rifiuti) a circa 4 milioni di cittadini. Da gennaio 2013 è entrata a far parte del Gruppo Hera anche AcegasAps.