ONDATA DI PROTESTE IN IRAK

Una forte ondata di proteste popolari si è verificata in queste settimane in Irak. Cominciate il 31 luglio nel Sud del paese, le manifestazioni si sono rapidamente estese toccando il momento di punta il 7 agosto con centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato a Baghdad, Bassora, Nassiriya e in altre città. La scintilla che ha scatenato il movimento è costituita dai continui ed esasperanti tagli nell’erogazione dell’acqua e dell’elettricità. L’esasperazione è facilmente comprensibile se si considera che le temperature hanno toccato e superato i 50 gradi. La rabbia della popolazione è stata accentuata dalla consapevolezza che le continue interruzioni nell’erogazione di servizi fondamentali come acqua e corrente elettrica non sono accidentali ma dovuti all’inefficienza della corrotta macchina governativa che regge lo stato. Come sempre, però, la causa emergente non è la sola a spingere le masse a scendere in piazza. La popolazione irachena è esasperata dalla miseria, dall’insicurezza, dalla oppressione politica e confessionale e ciò lo si può dedurre con chiarezza dagli slogans urlati nelle manifestazioni: “Il regime religioso ci lacera”, “Né sciiti né sunniti, laicità”, “Ladri, ladri”(uno dei più urlati). Le manifestazioni hanno pertanto assunto una portata antigovernativa molto accentuata. A Bassora, per esempio, i manifestanti che all’inizio di agosto si erano collocati sotto l’ufficio del governatore con la richiesta del miglioramento dei servizi, hanno colpito con bottiglie di plastica il vice-governatore, uscito per parlare con i manifestanti che invece reclamavano la presenza del governatore. Le forze laiche e progressiste e quelle comuniste rivoluzionarie sono state interne al movimento e a Baghdad, nelle manifestazioni hanno preso la parola dirigenti operai molto conosciuti così come è intervenuta Hanna Edward, militante del movimento per i diritti delle donne.

Il governo si è trovato nella condizione di cercare di fare il possibile per evitare che la situazione della piazza diventasse ingestibile. In tempi brevissimi è stato approvato dall’esecutivo un pacchetto di riforme proposte dal primo ministro Haider al Abadi, provvedimenti poi passati in parlamento e approvati con tempi record l’11 agosto. Il piano governativo prevede la soppressione immediata dei posti di vice-primo ministro e di vice presidente, attribuiti per convenzione a uno sciita, a un sunnita e a un curdo (sistema questo ereditato come frutto avvelenato dell’occupazione americana e simbolo dell’attuale stato di malfunzionamento di quel che resta dello stato iracheno). Sempre per cercare di tacitare la piazza è stata avviata un’inchiesta su casi ipotizzati di corruzione.

Le promesse governative non hanno evidentemente convinto: di nuovo il 15 agosto a Baghdad, Bassora e altre città migliaia di persone sono scese in piazza, sempre contro la corruzione dei politici, il settarismo religioso, i tagli ad acqua ed elettricità. Se qualcuno nelle classi dominanti avesse pensato che il rivoltante infame attentato sanguinario, compiuto dalle milizie dell’ISIS in un mercato di Baghdad, avesse potuto spegnere le proteste è rimasto deluso: una parte consistente della popolazione irachena non è più disposta a sopportare una vita infernale.

Al momento non è possibile ipotizzare quali sbocchi potrà avere il movimento sociale e politico di queste settimane in Iraq. Va però sottolineato che nell’area forze comuniste proletarie intervengono e hanno influenza e radicamento di massa. Non sappiamo e non abbiamo gli elementi per capire se riuscirà a fare presa la proposta lanciata da un membro dell’ufficio politico del Partito Comunista Operaio dell’Iran, partito “gemello” del partito comunista operaio iracheno, di costituire dei Consigli. Siamo certi però che questo è l’indirizzo politico necessario che le forze autenticamente rivoluzionarie che operano nell’area devono dare per un efficace proseguimento della lotta, per darle un indirizzo e per evitare che la lotta sia fatta rifluire per poi dare campo libero alla repressione più spietata. Riproduciamo pertanto più sotto il seguente articolo pubblicato sul sito di Solidarité Ouvrière di un compagno Asqar Karimi, membro dell’ufficio politico del Partito Comunista – Operaio dell’ Iran, tradotto dal francese.

IRAQ: LA FORMAZIONE DEI CONSIGLI È UNA NECESSITÀ URGENTE.

Le rivendicazioni e le parole d’ordine della popolazione d’Iraq sono molto chiari.

“Né sciiti, né sunniti, laicità” è la parola d’ordine essenziale delle popolazioni d’Iran, d’ Afganistan, d’Iraq e di numerosi altri paesi vittime dell’islamismo. La popolazione dell’Iraq deve immediatamente organizzarsi in propri Consigli nei quartieri, nelle fabbriche, negli uffici e negli altri luoghi di lavoro. Deve eleggere i suoi delegati per ogni Consiglio che saranno in collegamento con i delegati degli altri Consigli per decidere le tappe successive, chiamare le prossime manifestazioni, accordarsi sulla data dello sciopero generale, specificare le rivendicazioni politiche e sociali, lanciare petizioni, formalizzare le loro rivendicazioni e risoluzioni nelle manifestazioni, mantenere la popolazione unita su queste rivendicazioni e continuare le proteste.

Questo servirà a chiarire le rivendicazioni principali e ad ottenere un riconoscimento e un seguito di massa a queste rivendicazioni. Più importante ancora, servirà a creare un centro di direzione delle proteste, a garantire la continuazione della a lotta, a evitare che essa sia sconfitta, e permetterà di mantenere la popolazione unita.

Questo è urgente e deve essere fatto prima che i nemici del popolo a Baghdad e a Teheran unifichino i loro piani e, con promesse vuote, inducano le persone a indugiare e riescano a dividerle per poi reprimerle.