Profughi siriani, merce di scambio

Nella provincia siriana di Idlib, con oltre quattro milioni di abitanti, l’ultima ridotta sotto il controllo dei “ribelli” ai confini con la Turchia, che li sostiene, è in corso da mesi l’offensiva congiunta dei bombardieri russi e dei carri armati di Assad. Sotto le bombe sono fuggiti dalle loro case circa un milione di uomini, donne, bambini, ora ammassati sulla frontiera turca sigillata, in accampamenti posticci sotto la neve, la pioggia il vento, in condizioni igieniche inumane che li espongono a ogni epidemia possibile, nella totale indifferenza del mondo, compresi coloro che erano scesi in piazza contro la cacciata di decine di migliaia di curdi dal confine nord della Siria.

Sulla loro pelle e sulla pelle dei 3,6 milioni di profughi siriani già rifugiati in Turchia, Erdogan, Assad, Putin e potenze europee – con gli americani a loro volta attestati sui campi petroliferi del Nord-est siriano – giocano un cinico braccio di ferro. Il governo turco, che tra i disperati ribelli siriani ha reclutato la sua legione straniera, carne da cannone inviata in Libia, vuole mantenere uno scarpone in territorio siriano per aumentare il proprio potere contrattuale internazionale – giovedì avrà a Mosca l’ennesimo incontro con l’amico-nemico Putin. Da un lato ha lanciato una controffensiva sul terreno e nei cieli, abbattendo due aerei siriani e bombardando una fabbrica chimica nei pressi di Aleppo. Dall’altro, per ottenere un sostegno dall’Unione Europea ha deciso di tornare a giocare l’arma dei profughi, portandone migliaia sui confini bulgaro e greco, isole comprese – respinti con lacrimogeni e manganellate. Umanità e fratellanza sono stranieri anche tra i governi “democratici” europei.

Occorre che dall’Europa e dall’Italia si levi una protesta contro questa cinica guerra sulla pelle di chi è stato cacciato dalle proprie case, in violazione di tutte le convenzioni internazionali sui rifugiati, occorre denunciare non solo il cinismo di Erdogan, Putin, Assad, ma anche quello di Merkel, Conte, Mitsotakis, Borissov, e che un movimento europeo di opposizione e solidarietà proletaria si unisca ai movimenti di protesta del Libano, Iraq e Iran.

I recenti combattimenti per Idlib, Nord Siria, tra le forze armate siriane di Assad, Al Qaeda Hayat Tahrir al Sham, una diramazione di al Qaeda che controlla saldamente la città e che è sostenuto dai turchi, hanno accresciuto le divergenze tra Russia e Turchia sul prosieguo in Siria, e fatto intravedere alle potenze occidentali la possibilità di inserirsi tra Ankara e Mosca.

La Turchia però, dove sono già presenti oltre 3,6 milioni di rifugiati siriani, sta ricattando la UE per essere appoggiata nel suo tentativo di imporre i propri interessi in Siria, contro la Russia, con la quale aveva lo scorso anno coordinato il proprio intervento politico e militare.

Per questo ricatto, utilizza i profughi, e interrompe il patto a pagamento stretto con la UE, su sostanziale iniziativa tedesca, per il impedire che giungano in Europa.

Così in questo suo braccio di ferro con la UE, Ankara ha aperto il confine, spostando il problema su Grecia e Bulgaria, che ora rafforzano il controllo e la repressione dei profughi alle loro frontiere, utilizzando anche l’esercito. I campi profughi delle isole greche sono fortemente sovraffollati. Secondo valutazioni dell’ONU, al confine terrestre tra la Turchia e Grecia ci sono 13.000-15.000 profughi che sperano di ricevere protezione nell’UE.

La quale non apre le braccia per accogliere questi disperati, e anzi rafforza il blocco delle frontiere greca e bulgara.

Il governo greco, dopo essersi consultato con la cancelliera tedesca Angela Merkel, ha inviato al confine un numero imprecisato di soldati e dozzine di veicoli militari. La polizia greca ha fatto ricorso a manganelli, gas lacrimogeni e granate stordenti per impedire ai rifugiati di entrare nel Paese; ne ha fermati circa 150. Il primo ministro Mitsotakis ha anche annunciato che sarà sospesa per un mese la legge greca sui richiedenti asilo. La situazione sta divenendo drammatica anche su diverse isole greche nell’Egeo, dove il governo turco sta facendo affluire profughi siriani, e il governo greco ha intensificato i controlli di Guardia costiera e Marina, dispiegando oltre 50 navi. A Lesbo, Chios, Leros, Kos e Samos ci sono già più di 40.000 rifugiati nei campi ufficialmente autorizzati ad ospitare fino a 6.200 persone, in condizioni catastrofiche. Nel famigerato campo di Moria nella sola Lesbo, progettato per un massimo di 2.200 persone, ci sono 20.000 rifugiati, su una popolazione totale di 85.000. La popolazione dell’isola impedisce ai rifugiati di lasciare le loro barche, ed è stato bloccato l’accesso al campo di Moria.

Come la Grecia, anche la Bulgaria sta sigillando il confine con la Turchia ancora più rigidamente di prima. Il primo ministro Boyko Borissov ha annunciato il rafforzamento al confine delle unità di gendarmeria, quello della Difesa, Krassimir Karakachanov (che è anche il presidente del partito di estrema destra WMRO-BNB, che fa parte del governo), ha comunicato che verranno dispiegati un migliaio di soldati. A seguito di un accordo con la Merkel, Borissov– che si consulta costantemente anche con la presidente della Commissione Europea von der Leyen – discuterà la situazione al confine con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.

La UE intende inviare nel Mar Egeo altre unità di FRONTEX, (che già la scorsa estate aveva chiuso gli occhi alle violazioni dei diritti umani da parte delle guardie confinarie greche, bulgare e ungheresi) per rintracciare le barche di profughi. Anche navi da guerra della Nato sono all’opera per fermare i profughi.

In sostanza è in atto il dispiegamento di forze militari per una vera e propria guerra ai profughi in fuga da un’altra guerra. E un numero crescente di paesi UE hanno adottato misure che violano il diritto internazionale in materia di protezione dei rifugiati, sul modello della politica, ad esempio, del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Da anni vengono denunciati i respingimenti illegali dai paesi dell’UE, al confine croato-bosniaco come pure su quello serbo-ungherese.

Alla faccia delle convenzioni internazionali per i diritti umani e per la difesa dei rifugiati (Vedi Convenzione di Ginevra), già carta straccia di fatto in occasione di guerre e crisi varie (cioè proprio nelle situazioni in cui dovrebbero imporsi), e che ora si sta discutendo se dichiarare anche formalmente sorpassate, denuncia ipocritamente Gerald Knaus, colui che è considerato l’architetto del patto stretto dalla UE con Erdogan per respingere i profughi.

Questo sono di fatto le varie convenzioni umanitarie tra potenze, infrante ad ogni piè sospinto in nome della REALPOLITIK.