Tramonta il sole sulla Rojava

Con l’annunciato ritiro delle truppe americane dalla Siria giunge a un epilogo la breve storia dell’indipendenza dei curdi di Siria. I curdi di Siria, già considerati dei paria in gran parte privi di cittadinanza sotto Assad, avevano acquisito una relativa autonomia quando, all’inizio della guerra civile siriana, il regime aveva ritirato le truppe per schierarle contro le varie armate “ribelli”. Assad contava sul fatto che altri (la Turchia) avrebbero impedito

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Dopo Kobane, Afrin

Come da tempo aveva minacciato, Erdogan ha iniziato l’invasione di Afrin, una enclave curdo siriana, all’estremità nord del governatorato di Aleppo, sul confine turco-siriano. E’ una striscia di terra strategicamente decisiva per un eventuale territorio unificato e autonomo curdo in terra siriana, perché solo una striscia di terra la separano da Kobane e dalla Rojava, l’altro territorio curdo-siriano. Strategica anche perché un’altra striscia di terra, appartenente alla Turchia, la separa

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Yemen: lo scontro di potere è sulla pelle dei civili

L’uccisione dell’ex presidente Saleh, il 4 dicembre, riporta alla ribalta della cronaca il sanguinoso conflitto. Nessun personaggio ufficiale si era invece mosso per la strage dei bambini a causa del colera e della fame, per non parlare dei morti sotto i bombardamenti o lasciati sul terreno. Saleh è stato ucciso da quei ribelli Houthi (appoggiati dall’Iran) con cui si era strumentalmente alleato e che si apprestava a tradire in favore

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Sinai: solo l’internazionalismo può porre fine al terrorismo

L’attentato in Sinai avviene in un contesto di forte tensione fra gli Stati dell’area: Iran, Arabia, Turchia, Egitto), con un ruolo attivo più o meno evidente di Israele e Turchia. continua nel silenzio assordante della stampa occidentale il sanguinoso conflitto in Yemen e il blocco del Qatar, le velleità indipendentiste del Kurdistan iracheno sono state per ora represse, mentre l’acuirsi dei contrasti fra Iran e Arabia Saudita stanno coinvolgendo il

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Barcellona: solidarietà proletaria contro il terrore reazionario

Ancora un attentato compiuto nel nome di un’ideologia borghese oscurantista e reazionaria. Un attentato che va ad aggiungersi a quelli di Parigi, Londra, Nizza, Mosca, Manchester, Berlino, San Bernardino… Ma soprattutto va ad aggiungersi ai massacri compiuti in Medio Oriente sia dagli eserciti governativi sia dai tagliagole dell’ISIS, azioni terroristiche meno pubblicizzate ma compiute con strumenti ben più letali di quelli usati per gli attentati in Europa o negli USA.

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I missili e i bambini

Con 59 missili contro la base siriana di Shayrat, Donald Trump ha messo i piedi nel piatto del suo ospite Xi Jinping, e mandato un messaggio al suo aspirante amico Vladimir Putin. Dopo aver mandato un migliaio di marines con l’artiglieria pesante ad assicurare che gli USA abbiano la parola decisiva nella presa di Raqqa contro l’ISIS, dopo lo smacco di Aleppo, i missili Tomahawk su Shayrat sono un avviso

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Contro terrorismi borghesi e xenofobia, per l’unione dei lavoratori di ogni convinzione religiosa!

L’attentato di Londra è l’ennesimo assassinio compiuto nel nome di un integralismo borghese e reazionario finanziato da alcuni fra i governi più oppressivi del pianeta. Mentre scriviamo non sappiamo ancora se l’IS abbia organizzato direttamente l’attentato, ma sicuramente ne è l’ispiratore. La sua è un’ideologia usata per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri in base alla fede religiosa, vera o presunta: in tanti attentati organizzati o rivendicati dall’IS

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Un’estate di sangue e di sbarchi

Nella ripresa sonnacchiosa del dopo vacanze, gli italiani hanno prestato un orecchio distratto agli entusiasmi post olimpici, all’emergenza immigrati, diventata normalità, e al pericolo terrorismo. Poi la doccia fredda del terremoto. Come al solito molti morti, non solo per “fatalità” ma anche per le “solite” speculazioni edilizie, una delle tante che hanno lasciato una scia di sangue per tutto il dopoguerra. Morti per “cause capitalistiche” qui; morti per le guerre

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Turchia: quale repressione dopo il golpe

Epurazioni di stato, arresti, violenze, persecuzioni contro i curdi: questo il primo bilancio del dopo golpe La stretta autoritaria in Turchia è cominciata da tempo. Fino al 2009 arresti e repressione hanno riguardato principalmente i vertici dell’esercito, generali, capi di stato maggiore, con cui Erdogan ha pareggiato i conti (nel 98-99, quando era sindaco di Istanbul fu arrestato e imprigionato, in conseguenza del colpo di stato soft contro il governo

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Lo scontro fra feroci bande della borghesia turca

Più di 260 morti e 1440 feriti bastano a dare la misura della ferocia dello scontro in atto in Turchia. Ed è lo stesso Erdogan a definire i protagonisti della resa dei conti: lui e il suo governo, l’esercito, il movimento di Gulen. Cioè tre frazioni della borghesia turca che in vario modo si sono alleate o contrapposte negli ultimi quattordici anni di storia turca. Non c’è nessun fronte “democratico”

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