Tsipras e Varoufakis calano le brache. Ora per i proletari greci si apre una nuova sfida: la lotta per il potere

Tsipras

L’esito della trattativa tra il governo greco e l’Eurogruppo si è per il momento conclusa con l’approvazione del piano di risanamento presentato dal governo greco da parte degli strozzini dell’Unione europea e del Fondo Monetario internazionale. Della vicenda si sono occupati, con abbondanza di particolari, tutti i mezzi di comunicazione di massa.
Tutti i commenti hanno sottolineato il clamoroso voltafaccia del governo greco che si è sostanzialmente piegato ai creditori. Solo i responsabili di Syriza si azzardano a spacciare per vittoria la misera e disonorevole ritirata (in questo supportati dagli sgangheratissimi reduci della cosiddetta sinistra radicale italiana). Il piano presentato dal governo greco è un puro atto di sottomissione: nulla delle solenni promesse in virtù delle quali Tsipras e soci hanno vinto le elezioni è rimasto in piedi. Il governo greco si impegna infatti a rispettare le privatizzazioni già concluse e a mandare avanti quelle per cui è già stato lanciato il bando, potranno essere riviste solo quelle ancora da fare. Al posto del promesso ripristino delle tredicesime i proletari greci trovano l’amara sorpresa che nel piano governativo verranno eliminati gli incentivi alle uscite anticipate dal lavoro e verrà stabilita una connessione più stretta tra contributi e assegni. Per gli statali non c’è traccia della riassunzione di quanti erano stati licenziati. Anche la promessa di ripristino dei contratti collettivi va a farsi friggere: viene ipotizzata una graduale introduzione di un “approccio intelligente” sulla contrattazione collettiva mirante a coniugare la flessibilità con l’equità (forse a turlupinare le masse hanno imparato qualcosa dagli scafatissimi sindacalisti italiani). Rimane solo una spruzzata di carità consistente in buoni pasto e servizi energetici e sanitari (per i più poveri). L’aumento del salario minimo ci sarà solo dopo consultazione con le istituzioni europee e, quindi, campa cavallo!
Se per i proletari greci non c’è nulla va detto che anche le misure di risanamento prospettate ai creditori sono semplicemente ridicole. A cominciare dalla sorta di spending review a cui si impegna il governo che millanta buoni propositi concernenti riduzioni di ministeri, tagli di consulenti e benefit per parlamentari e ministri, o una aleatoria “lotta alla corruzione, al contrabbando di sigarette, a chi aggira il fisco e al riciclaggio” e infine altrettanto aleatori nuovi piani per gli appalti pubblici, nuove aste per l’uso delle frequenze televisive. La ciliegina sulla torta del piano sarebbe nella patrimoniale che colpirebbe i ricchissimi capitalisti e in particolare i famigerati armatori che addirittura per disposizione costituzionale sono esonerati dal pagamento delle tasse. Se non fosse tragica per i proletari greci ci sarebbe da ridere tanto della spudoratezza di questi politicanti borghesi che hanno davvero una fantasia scarsissima se continuano a tentare di indorare la pillola degli amarissimi bocconi fatti ingoiare a chi sgobba per portare a casa un magro salario con promesse di risanamento che non risana niente (vedi i tagli alle “auto blu” o la spending review qui in Italia), di lotta alla corruzione che risorge sempre più forte che mai perché è parte integrante del funzionamento del capitalismo (basta pensare che qui in Italia, a oltre venti anni da “mani pulite” la corruzione dilaga più che mai). Ancora più risibile è la promessa di far pagare le tasse ai miliardari o quella di combattere l’evasione e l’elusione fiscale: a chi fosse così ingenuo da avere qualche dubbio in merito, ricordiamo che alleato di governo di Tsipras è quel partito del Greci Indipendenti che ha fatto della riduzione delle tasse ai ricchi un punto fermo del proprio programma.
A questo punto sorge spontanea la domanda: come fanno i banditi dell’Unione europea e, ancor di più, i lupi del F.M.I. che da decenni impongono draconiani piani di ristrutturazione che letteralmente hanno portato alla fame milioni di persone ad accogliere un piano di risanamento talmente inconsistente? La risposta non si troverà nei burocratici comunicati dell’eurogruppo e, dato per scontato che i funzionari super pagati di tali istituzioni non sono diventati improvvisamente rincoglioniti, sta nel fatto che in tal modo hanno reso permanente il rapporto di subordinazione del “debitore” nei confronti dei “creditori” che, permanentemente, si riserveranno il diritto a riscuotere una tangente sul plusvalore futuro generato dallo sfruttamento spietato della classe lavoratrice greca (oltre che potersi permettere di comprare, a prezzo di saldo, ciò che ancora resta in piedi della struttura economica della Grecia).
Come si è arrivati a questa infamia? Come hanno potuto Tsipras, Varoufakis e soci, che neanche un mese fa avevano solennemente proclamato l’inizio di una nuova era, arrivare a calare le brache in una maniera così indegna?
Per poter dare una risposta bisogna togliersi il prosciutto dagli occhi, fare uno sforzo di andare oltre il sentimentalismo dolciastro che ha acceso le speranze e accecato gli occhi di tantissimi militanti della sinistra radicale in Grecia,in Italia ma anche in tutta Europa, al punto tale che Toni Negri, il famoso filosofo che “sentiva il calore della comunità operaia tutte le volte che si calava il passamontagna” è diventato un entusiasta supporter di Tsipras. L’impietosa realtà è che il potere negoziale del governo greco è minimo. La Grecia infatti, entro pochi giorni, rischia una crisi di liquidità tale da impedire il funzionamento della macchina statale (pagamento degli stipendi agli impiegati pubblici, pagamento delle pensioni) e in aggiunta a ciò da mesi una fortissima fuga di capitali rendere ipotizzabile il collasso delle banche (si stima che dalla Grecia siano finiti nelle banche svizzere negli ultimi mesi 60 miliardi di euro e che, solo negli ultimi giorni siano stati prelevati dalle banche greche 500 milioni di euro al giorno). E’ questa ovviamente una situazione che nessun governo borghese può reggere a lungo. E, nonostante le buone intenzioni di cui si sa è lastricato l’inferno, Syriza non è un partito proletario andato al potere per distruggere il capitalismo ma un partito interclassista andato al potere con l’obiettivo di chiudere con l’austerità ma non con il capitalismo (nazionale e internazionale). E’ andato al potere quindi per rammendare, migliorare il sistema, non certo per distruggerlo. E dato che non vuole distruggere il sistema non ha minimamente preso in considerazione il fatto che per i comunisti non da operetta è una scontata ovvietà, che l’apparato dello Stato borghese non è uno strumento qualsiasi ma è lo strumento per eccellenza del mantenimento dei rapporti di dominio di classe, ragion per cui se tu vai al Governo e non distruggi l’apparato statale, quello ti risucchia, con le sue necessità e leggi ineludibili di funzionamento. Solo un governo uscito da una rivoluzione vittoriosa, un governo dei consigli proletari, e quindi non un governo come quello formato da Syriza, potrebbe, avere il coraggio di affrontare e risolvere con decisione la situazione nell’unico modo possibile, stante l’attuale situazione delle finanze greche: la dichiarazione di fallimento dello Stato (quello che oggi viene chiamato default e che Marx chiamava la bancarotta dello Stato) con immediato ripudio del debito pubblico creato dai precedenti governi borghesi. Misura che per essere efficace deve essere accompagnata da due decisioni complementari una politica e una economica. La decisione politica è l’armamento immediato della classe lavoratrice con annesso disarmo dell’esercito e delle forze di polizia da un lato per sventare ogni tentativo dei creditori (che son rimasti senza niente di niente in mano) di rovesciare il potere proletario. Dal lato economico, immediata espropriazione senza indennizzo del capitale finanziario e accentramento del credito nelle mani del potere collettivo della classe operaia, con annessi rigidi controlli del commercio estero e dei movimenti valutari.
Tutto quello che non va in questa direzione va necessariamente nella direzione di piegarsi alle “superiori” esigenze dello Stato e di creditori, vale a dire della banda di lupi famelici (per la verità non solo stranieri ma forse anche con maggior responsabilità, greci) che ha rovinato la classe lavoratrice e una parte della classe media greca ed è esattamente quello che hanno fatto Tsipras, Varoufakis e compari. Essi col loro dietro front hanno fatto quello che “doveva” essere fatto per “salvare” il capitalismo e il suo Stato in Grecia. Il fatto che questo comporti il rinnegamento delle promesse elettorali e quindi, in definitiva, che la via per la fine prematura di Syriza sia stata già tracciata, diventa “secondario” rispetto alla necessità di porre fine alla fuga di capitali e alla disgregazione dello stato borghese.
Noi non abbiamo mai pensato che Syriza imboccasse la strada della rivoluzione e dell’esproprio generale degli sfruttatori, né che potesse neutralizzare la troyka e i governi nordeuropei. Ma ci rendiamo conto che per moltissime persone, per tanti compagni e lavoratori, che avevano sinceramente sperato che la vittoria di Syriza avrebbe comportato un cambiamento sostanziale, la delusione è cocentissima, perché si poteva perlomeno sperare che il forte risultato elettorale permettesse al nuovo governo di mitigare la spoliazione del proletariato e ridimensionare la voracità degli sfruttatori nazionali ed europei. Ma alleandosi col partito dei Greci Indipendenti, Tsipras ha imboccato la strada opposta: quella del compromesso con la borghesia nazionale, che è diventata una resa alle istituzioni comunitarie.
Tuttavia non è assolutamente possibile per i militanti proletari fermarsi per leccarsi le ferite: la situazione economica greca è così deteriorata che miglioramenti significativi delle condizioni di vita delle masse potrebbero avvenire solo dopo moltissimi anni e nello stesso tempo il discredito delle forze politiche che hanno guidato i governi negli ultimi decenni è totale. In questo scenario l’avanzata e la vittoria dei nazisti di Alba dorata sarebbero a portata di mano, aprendo così le porte al trionfo delle destre nazionaliste in tutta Europa (già ieri sondaggi riportavano che il fronte nazionale in Francia si sta attestando su oltre il 30%). Ovviamente neanche questi filibustieri sarebbero in grado di risolvere le contraddizioni enormi della società capitalistica ma intanto per anni e anni potrebbero stroncare quel tanto che ancora esiste di organizzazioni politiche e di difesa immediata della classe operaia.
A tutto ciò già oggi (e non in un lontano e ipotetico futuro) un’alternativa esiste: le masse di dipendenti pubblici e privati, di disoccupati, di impoveriti della Grecia comincino a scendere in piazza e rivendicare non “gentilmente” ma in maniera determinata il rispetto degli impegni in termini di miglioramenti promessi e non mantenuti, se il governo fa orecchie da mercante costituire consigli operai e di quartiere che occupino le piazze come a Tahir fino alle dimissioni del governo e alla costituzione di un consiglio operaio che prenda il potere e proclami la repubblica dei lavoratori. Fuori da questa via non esiste altro, con buona pace dei venditori di fumo della sinistra radicale, che la sottomissione ai diktat della troika (che ha cambiato nome ma è sempre lì a opprimere le masse diseredate) in attesa dell’arrivo dei boia nazisti. Alle masse proletarie greche l’immane compito di riaprire la prospettiva rivoluzionaria in Europa, alle avanguardie proletarie comuniste il compito di indicare una direzione e uno sbocco politico che vada in direzione dell’interesse immediato e storico delle masse proletarie.