Urne borghesi e lotte operaie in Francia

Manifestazione in Francia

Il 25 maggio nelle elezioni per il Parlamento europeo il partito populista francese Front National si è piazzato al primo posto davanti al partito di governo. Ha intascato risultati particolarmente buoni nelle regioni ad alta disoccupazione, nelle regioni economicamente deboli del Sud-Est, dove vivono molti immigrati e in particolare in alcuni distretti delle tradizionali aree industriali in ristrutturazione nel Nord-Est della Francia, dove ha raggiunto il 40 per cento dei voti. Marine Le Pen ha accresciuto il consenso a discapito del partito di governo, ma anche del partito di estrema sinistra di Jean-Luc Melenchon (Parti de gauche – PG), raccogliendo una buona quota di voti di giovani e di salariati.

Tuttavia, per attribuire il peso sociale reale al consenso politico ottenuto occorre sottolineare che in Francia l’astensione è stata del 56,50%; hanno partecipato cioè solo il 43,50% degli aventi diritto: la vittoria del FN di Marine Le Pen (24,95%) corrisponde perciò nella realtà a circa un 10,85% e la percentuale dei voti a favore della coalizione al governo (13,48%) a un 5,86%! La borghesia francese cioè governa “democraticamente” con meno del 6% dei consensi dei francesi.
Questa contesa elettorale ha occupato anche in Francia le prime pagine dei giornali, mentre è stata quasi ignorata la protesta salariale di qualche centinaio di lavoratori di una grande catena di supermercati come Casino e del primo gruppo francese dell’auto, come PSA Peugeot Citroën.
A fine aprile oltre 500 salariati di Peugeot Citroën – che già nel 2011-2012 avevano lottato assieme ai compagni di altri paesi contro il piano aziendale di forte ristrutturazione con circa 6800 tagli occupazionali complessivi in Francia e all’estero, hanno protestato per l’esiguità del loro premio annuale di compartecipazione, che va dai 40 centesimi a 18 €. Una vera provocazione per i lavoratori che con il plusvalore da essi estratto alimentano, tra l’altro, le cospicue remunerazioni di dirigenti e azionisti. Il nuovo n.1 di PSA Peugeot Citroën, Carlos Tavares, avrà una retribuzione lorda annuale di €1,3 mn., alla quale si somma una parte variabile. Gli azionisti di PSA hanno intascato €100 mn. in occasione dell’aumento del capitale di €3MD per l’entrata come azionisti dello Stato francese e del gruppo cinese Dongfeng.

La contestazione è iniziata nello stabilimento di Valenciennes (Nord) e si è diffusa a macchia d’olio in diversi altri siti: Saint-Ouen (Seine-Saint-Denis), Poissy (Yvelines), Tremery e Bony, nei pressi di Metz, fonderia di Sept-Fons (Allier); hanno protestato anche gli ingegneri e i tecnici del centro di ricerca di La Garenne-Colombes (Hauts-de-Seine). Gran parte di questi stabilimenti si trova nel NE della Francia, una regione tradizionalmente industriale del paese.
Manifestazione del 28 giugno 2012, dei lavoratori delle officine PSA Peugeot Citroën di Francia, Spagna e Germania contro il piano di ristrutturazioni

Poi, il 2 giugno, anche centinaia di salariati della catena commerciale Casino hanno manifestato la loro esasperazione per il trattamento riservato loro dal padronato, rifiutando il misero premio di compartecipazione del 2013, che hanno devoluto ad un’associazione caritatevole. Non vogliono l’elemosina ma il riconoscimento del loro lavoro. Fino a dieci anni fa il cumulo di premio di produzione e di premio di compartecipazione equivaleva a una 14a mensilità, ora è di €200. Continuano invece ad aumentare fatturato, utili e dividendi del gruppo.
Un accordo siglato da un sindacato con le organizzazioni datoriali prevede che per i prossimi tre anni il premio di compartecipazione venga calcolato sui risultati delle società storiche, le meno redditizie del gruppo. La protesta, raccolta dai sindacati CGT, CFDT, Autonomi, continua martedì 3 giugno.

I lavoratori di Casino denunciano che gli aiuti statali, come il credito d’imposta per la competitività e l’occupazione (aumentato dal 4 al 6% dal 1° gennaio 2014, ed equivalente ad una riduzione dei contributi sociali del datore di lavoro), servono in realtà a finanziare la politica di bassi prezzi nei grandi magazzini e non l’occupazione. Un avvertimento utile anche ai salariati italiani che ancora sperano nelle preannunciate riforme di Renzi per “l’occupazione”, con sgravi fiscali al “lavoro”.

Ci auguriamo che i salariati francesi riescano a continuare la loro lotta, ad estenderla ai compagni di classe di altri paesi come già fatto nel 2012 e a costruire un’organizzazione politica rivoluzionaria di classe.
In caso contrario, saranno di nuovo movimenti o partiti populisti e xenofobi come il FN a raccogliere anche lo scontento e l’amarezza di questi lavoratori, frantumando ulteriormente il fronte di classe, e ad utilizzarli nella loro battaglia contro le frazioni della borghesia francese che hanno interesse al progetto imperialistico europeo e alla moneta comune.