15 Ottobre: continua l’accanimento giudiziario

Pubblichiamo un comunicato scritto dai compagni del Laboratorio Politico Iskra di Roma e Viterbo sulla situazione dopo i provvedimenti giudiziari in seguito alle vicende del 15 Ottobre. Alla fine anche un resoconto della vita in galera da parte di Davide Rosci, uno degli indagati.

Continua l’accanimento giudiziario nei confronti dei compagni che parteciparono al corteo del 15 ottobre del 2011 a Roma. Dopo anni di misure cautelari, che vanno dall’arresto ai domiciliari, subentrano nuove prove che chiariscono il contenuto del processo: un attacco politico alle avanguardie di lotta, uno scontro frontale tra lo stato e coloro che portano avanti percorsi nei posti di lavoro, sui territori, nelle battaglie antifasciste. Giriamo un comunicato che entra nel merito del comportamento giudiziario e dell’accanimento nei confronti degli imputati, scritto nella giornata di presidio di solidarietà del 13 Febbraio.

Il 13 Febbraio si sono pronunciati i giudici della 9a sezione penale del tribunale di Roma, in relazione all’acquisizione dei video utilizzati dal pm durante la requisitoria, parte dei quali non era presente in atti.

È necessario fare un paio di passaggi parzialmente tecnici, per evitare di giungere a conclusioni errate. Dobbiamo preliminarmente dire che il processo si fonda su delle prove, acquisite in contraddittorio fra le parti in una fase dello stesso chiamata istruttoria dibattimentale, il che significa che se pm e avvocati vogliono introdurre una prova, questa prova deve essere acquisita attraverso il contraddittorio, ogni parte ha il diritto di prova contraria. È in questa fase che i difensori del processo del 15 ottobre hanno richiesto l’acquisizione dei video della polizia, dell’elicottero e le comunicazioni radio fra centrale operativa e reparti mobili, al fine di valutare se sulla base di questi si potesse provare che l’operato della polizia fosse disposto da ordini ben precisi oppure frutto di arbitrarieta’, in qual caso le condotte di resistenza sarebbero state giustificate.

Nella fase del processo in cui ci troviamo, cioè la discussione finale, questo metodo di acquisizione non opera, le prove utilizzabili sono infatti solo quelle che ormai agli atti, salvo la possibilità di acquisirle con un metodo particolare (art 507 c.p.p.) cioè con provvedimento d’ufficio del giudice, quando risultino necessarie decisive ed indispensabili per la decisione.

Cosa è successo alla scorsa udienza? Il PM ha utilizzato durante la discussione alcune sequenze video non presenti agli atti, provenienti da trasmissioni televisive, alcune prive di fonte specificata, altre parte dalle riprese della polizia scientifica, tutti estremamente sfavorevoli in quanto concentrati sulle condotte dei manifestanti in generale e che introducono valutazioni di soggetti non sentiti a processo come testimoni (dando la possibilità alle difese di esaminarli) ma intervistati dal giornalista di turno, con il chiaro intento di suggestionare il tribunale

.Questo espediente è stato stoppato dalle difese, ma il tribunale ha deciso di acquisire ex 507 i video in questione, salvando dall’empasse il PM.

Non bisogna confondere fra l’utilità di un’acquisizione con valutazione dei contenuti e vaglio delle difese (come sarebbe potuto accadere in contraddittorio) e un’acquisizione secca, senza possibilità di contraddittorio com’è accaduto in questa occasione. Ora dunque ci troveremo davanti a una mole di video, girati dalla polizia, che senza vaglio delle difese, entreranno a far parte degli atti sui quali le difese in teoria potranno argomentare, se verranno fuori elementi utili: una sorta di contraddittorio differito. In effetti, che possano essere favorevoli, allo stato, è solo un’ipotesi che dev’essere verificata, con l’ulteriore precisazione che in genere l’occhio delle telecamere dalla polizia scientifica è rivolto verso i manifestanti.

Seguiremo gli sviluppi. I prossimi appuntamenti saranno: 16 marzo, per verificare l’effettivo deposito dei video della scientifica. 11 maggio, proseguimento requisitoria, p.m. 12 maggio, 8 giugno,20 aprile, termine per depositare video a controprova delle difese.
Sulla base dei dati sopra esposti è necessario a questo punto riflettere sull’opportunità di un appello rivolto a tutti i compagni, in modo da poter reperire eventuali video dai quali possa emergere l’operato della polizia e la chiusura di Piazza San Giovanni, video che comunque dovranno essere vagliati dalle difese.

 

Solidarietà a tutti gli imputati. Tutti liberi!
Dietro quelle barricate c’eravamo tutti!

 

Laboratorio Politico Iskra Roma e Viterbo

Da Davide Rosci
La rivista Internazionale racconta la cella zero di Poggioreale. Purtroppo non si tratta di una realtà circoscritta a quel carcere. Io sono stato messo in isolamento al famigerato Mammagialla di Viterbo dove la cella era di 6 mq scarsi sotto uno scantinato buio stile film Saw (per intenderci la finestra era all’altezza della strada), l’ambiente era sudicio al massimo, lo sporco ovunque, il materasso in spugna puzzava di piscio ed era tutto rotto, il cuscino sempre in spugna mi è stato dato a metà perchè bruciato, la porta del bagno non c’era, l’acqua non era potabile e in 5 giorni non me l’hanno detto, i termosifoni non funzionavano e dalle finestre entravano gli spifferi d’aria gelata. Si stava ad una temperatura di 2 gradi. La notte ho dormito all’addiaccio con indosso tutti i vestiti che mi avevano lasciato, compreso il giubbotto, perchè le mie cose erano in un altro stanzino. Ho sofferto il freddo come non mai. Il cibo che mi veniva passato era scondito e la carne puzzava di morto. Per un mese ci hanno fornito due rotolidi carta igenica della peggiore qualità. L’acqua c’era solo in determinate ore della giornata e come detto non era potabile perchè contenente l’arsenico. Il passeggio ci veniva negato e comunque era da soli in un tugurio/corridoio di 10 mq. Le doccie non avevano la luce e ci era consentito farla per poco tempo, tutto era allagato e pieno di muffa. Ricordo sui muri il sangue ovunque e le frasi di misericordia, rabbia e preghiere dei poveri cristi che come me avevano avuto la sventura di entrare lì sotto. Nella cella vicino alla mia c’erano due ragazzi che stavano scontando il 14 bis e per loro il mio cuore ancora piange. Praticamente dovevano passare 6 mesi li sotto nelle condizioni che vi ho descritto perdipiù senza tv e possibilità di uscire e avere colloqui regolari con i propri cari. Vivevamo in una tomba. Questo è il sistema carcerario italiano…bisogna raccontare tutto perche’ il silenzio e’ il loro miglior alleato.