24 MAGGIO 1915: viva i sovversivi, i disfattisti, i disertori!

Cento anni fa l’imperialismo italiano entrava in guerra.

Il 24 maggio del 1915 l’Italia dichiarava guerra all’Austria-Ungheria, entrando così, dopo nove mesi dal suo inizio, nella Prima Guerra Mondiale.

Questo conflitto, sorto per la spartizione dei mercati e delle zone d’influenza tra imperialismi vecchi e nuovi (Gran Bretagna e Germania in testa, poi nel marzo del ’17 si aggiungeranno gli USA), segna la definitiva affermazione dell’epoca imperialista, come “fase suprema” del capitalismo (Lenin).
Da quel momento, la storia mondiale diventa teatro di una contesa infinita tra grandi, medie e piccole potenze per accaparrarsi profitti, materie prime, aree strategiche, forza-lavoro per meglio competere sulla pelle del proletariato internazionale.

In quell’occasione, quello che doveva essere il partito mondiale dei proletari, e cioè la II Internazionale Socialista, si squagliò vergognosamente di fronte al richiamo delle varie “patrie” impegnate sui campi di battaglia. Solo uno sparuto gruppo di rivoluzionari, tra cui Lenin, Trotsky, Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht, seppe tenere alta la bandiera dell’opposizione rivoluzionaria alla guerra.

L’imperialismo italiano – dietro il pretesto del “ricongiungimento di Trento e Trieste al suolo patrio” – vuole in realtà avere libero accesso per le sue merci ed i suoi capitali all’area balcanica-danubiana ed al mar Adriatico, interdetto dalle Potenze Centrali (Austria e Germania).
L’Italia a dire il vero è legata a queste ultime da un Trattato di Alleanza datato 1882, ma durante i primi mesi di guerra Roma si rende conto che gli anglo-francesi possono offrire molto di più in termini di bottino imperialista. Così, col Patto di Londra (aprile 1915), l’Italia cambia cavallo e si schiera con l’altro blocco, sotto la spinta decisiva della grande industria siderurgica, meccanica, elettromeccanica, navalmeccanica e della finanza italo-francese.

C’è da spostare alle “ragioni” dell’intervento la maggioranza delle classi popolari (operai e contadini poveri) ed un parlamento rimasto ancorato al “neutralismo” filo-tedesco di Giovanni Giolitti. Ed ecco allora, nel cosiddetto “radioso maggio” del ’15, scendere nelle piazze gruppi di interventisti che bastonano chiunque non soggiaccia alla loro richiesta di guerra.
Questa teppaglia, composta da studenti, sbandati, ufficiali in congedo, ex rivoluzionari, nazionalisti, vedrà tra i suoi caporioni l’ex direttore del giornale socialista “Avanti!”, e cioè Benito Mussolini.
Il futuro “duce”, nel dopoguerra, farà tesoro di quella esperienza quando scaglierà i suoi “Fasci” contro gli operai.
In poche settimane, vinto definitivamente un proletariato prostrato dalla sconfitta di un anno addietro nella “Settimana Rossa”, ottenuto dal re il “ribaltone” del parlamento neutralista, la guerra inizia.
E si rivela subito un immane massacro per milioni di proletari, mandati a marcire nelle trincee o ad essere impallinati dalle mitraglie, a farsi smembrare dalle artiglierie o soffocare dai gas per “conquistare” pochi metri di terreno. Famose le “spallate sull’Isonzo” del generale Luigi Cadorna, che decimeranno – da sole – 232.000 poveri fanti per obbiettivi strategicamente ininfluenti. Il massacro si protrarrà sugli Altopiani, sui monti, nei mari contro altri proletari, diversi solo nella lingua e nel colore della divisa. Al cessare delle ostilità, il 4 novembre del 1918, l’Italia conterà, su 5.500.000 mobilitati, ben 600.000 morti, 500.000 invalidi ed altri 500.000 vittime di un morbo collegato al conflitto: la Spagnola.

Ma non tutto filò liscio nei piani della classe dominante: la guerra fu anche occasione di rinascita per le mai del tutto sopite forze rivoluzionarie: svanite rapidamente le illusioni su una pace a breve, riemersero tutti i conflitti di classe rimasti latenti: scioperi nelle retrovie di donne e bambini operai contro fame e sfruttamento. Insurrezione proletaria di Torino dell’agosto ’17 (50 morti) , domata dall’esercito. Scioperi nelle trincee contro lo stragismo degli Alti Comandi, soprattutto dopo la disfatta di Caporetto (ottobre ’17), a cui farà seguito una dura repressione fatta di decimazioni, condanne, fucilazioni sommarie di chi non ci stava più a svolgere il ruolo di carne da cannone.
Questi pochi dati riassumono il clima di “rivolta sociale e politica” contro governanti, padroni e militari che scaturì dal profondo delle masse proletarie: in 42 mesi di guerra vi furono in Italia 870.000 casi di denunce per casi di renitenza, più altre 400.000 per altri reati militari. Per diserzione le denunce furono 162.563 e le condanne 101.665. Trentacinquemila condanne a pene gravi, tra cui 15.000 ergastoli e 4.028 condanne a morte. Le esecuzioni sommarie, comprese le decimazioni, alcune centinaia, con la “solerte partecipazione” dell’Arma dei Carabinieri.

Tutto ciò preparò il terreno al sovversivismo diffuso del dopoguerra, stroncato solo dall'”Union Sacreé” tra Stato borghese e Fascismo, con la complicità del riformismo.
In fondo, decenni di genuine lotte proletarie, di continua agitazione rivoluzionaria, di organizzazione sindacale e politica di segno classista, di propaganda tra le masse dei principi del socialismo, non erano passati invano. In più, le grandi prospettive aperte dalla Rivoluzione d’Ottobre spingevano anche da noi gli sfruttati a ribellarsi, a rompere il giogo della schiavitù, a prendere nelle proprie mani il loro futuro.

E’ questa la parte di storia che ci piace ricordare con deferenza, per farne patrimonio di lotta oggi, contro un capitalismo ed un imperialismo diventati ancora più distruttivi, dal momento che il fronte di guerra è il mondo intero. Una guerra moderna che, sotto vari pretesti (“umanitari”, di “civiltà”, di “sicurezza”), non è meno devastante e vile di quelle di allora.

Ricordiamo questa data infausta, il 24 maggio dei 1915, per bollare la guerra imperialista , da chiunque condotta, come una sciagura per l’intera umanità e come un nemico sempre presente che potrà essere estirpato solo dalla rivoluzione del proletariato internazionale.

Abbasso i padroni, il loro stato , i loro eserciti!!!
Abbasso le loro guerre e l’infame retorica militarista!!!
Il nemico è in casa nostra!!!
Viva la rivoluzione proletaria internazionale!!!

“Traditori signori ufficiali.
Che la guerra l’avete voluta,
Scannatori di carne venduta,
E rovina della gioventù…”
(“Gorizia tu sei maledetta”, canzone antimilitarista del 1916)