27 settembre, da Pomigliano a Napoli e in direzione Roma… E’ solo l’inizio!

Quello che i media, soprattutto quelli “di sinistra” e “di base”, ci tengono a non raccontare…

Napoli - striscione COC

27 settembre, da Pomigliano a Napoli e in direzione Roma… E’ solo l’inizio!
All’indomani della giornata di lotta e di picchetti iniziata a Pomigliano fin dalla notte tra giovedì e venerdì, proseguita col corteo e con le azioni di lotta portate a segno nel centro di Napoli, possiamo dire che il proverbiale sasso nello stagno del torpore e della frammentazione delle lotte proletarie in Italia e’ stato finalmente gettato.

Seppur con innumerevoli difficolta’ organizzative e una scarsa, se non nulla disponibilita’ di mezzi e di risorse economiche (eccezion fatta per il generoso sforzo compiuto a livello nazionale dal SI-Cobas), siamo riusciti a portare ai cancelli di Pomigliano circa 400 tra operai, precari, studenti e disoccupati: un piccolo esercito di “straccioni”, come presumibilmente ci definirebbero Marchionne e i suoi soci in affari, ma che evidentemente deve aver fatto paura a lorsignori a tal punto da spingerli a chiamare in soccorso del “Dio-profitto” uno spiegamento di forze dell’ordine senza precedenti nella storia recente della Fiat.
I circa 1000 uomini armati fino ai denti e piazzati preventivamente a presidiare quasi ogni centimetro circostante alla fabbrica non solo per contrastare i picchetti, ma anche e soprattutto per impedire ogni tipo di contatto tra gli scioperanti e gli operai Fiat e costringere questi ultimi ad entrare, magari anche controvoglia, in fabbrica, sono la fotografia più nitida di un potere economico e politico che, sotto il peso delle contraddizioni e della miseria che esso alimenta ogni giorno, e’ costretto sempre più a chiudersi in un fortino ultramilitarizzato.

Nonostante lo spiegamento abnorme di forze dell’ordine al servizio della Fiat, il presidio (composto dal Comitato di lotta cassintegrati e licenziati Fiat, dai facchini e operai del SI-Cobas, dai compagni del percorso nazionale “Uniti si vince”, dal Cobas del lavoro privato, dai compagni di Infoaut e di altre realta’ di lotta locali) ha mantenuto per oltre 3 ore il picchetto al cancello 2 senza farsi piegare dalla repressione, e una volta verificata l’impossibilita’ di superare l’imponente barriera militare posta dai padroni a difesa del cancello 1 (verso cui sono state “dirottate gran parte delle auto degli operai), per aggirare l’accerchiamento si e’ spostato sulla statale 162 occupandone per oltre 1 ora le corsie in direzione Pomigliano: pur non riuscendo a presidiare tutti gli ingressi, il picchetto e’ tuttavia riuscito a ritardare di alcune decine di minuti l’avvio delle catene di montaggio.

Il presidio si e’ poi spostato a piazza Garibaldi per il corteo a cui si sono aggregate numerose vertenze e realta’ di lotta cittadine quali i disoccupati di Banchi Nuovi, i cassintegrati Astir, il comitato Resistenza Operaia Irisbus e un folto spezzone di studenti medi del Coordinamento flegreo.

Il corteo, cui hanno preso parte diverse centinaia di manifestanti, e’ stato ben’altro che la solita passeggiata per il centro cittadino: l’avevamo chiarito fin dal principio, e, visto il clima repressivo con cui siamo stati accolti a Pomigliano, abbiamo voluto ribadirlo con ancor maggiore forza e determinazione.
Mentre il corteo si concentrava a piazza Garibaldi, un gruppo di disoccupati, lavoratori Astir e compagni del Laboratorio Politico Iskra hanno infatti occupato gli uffici della sede provinciale del Ministero del lavoro a via Marina; diffusasi la notizia, all’altezza di Piazza Nicola Amore la manifestazione ha deviato il suo percorso per dirigersi verso via Marina e chiedere che una delegazione unitaria di tutte le realta’ di lotta presenti fosse ricevuta dal ministero per esporre le proprie parole d’ordine e le proprie rivendicazioni; dopo un’estenuante trattativa con i servi dello Stato, la delegazione (composta da Astir, Irisbus, SI-Cobas, Iskra, Cobas Fiat Mirafiori, Banchi Nuovi, SLL, Coordinamento per il salario garantito e studenti flegrei) e’ stata finalmente ricevuta.

Proprio quando i compagni si apprestavano a salire in delegazione e gli occupanti liberavano la sede del ministero si materializzava l’ennesima provocazione delle forze dell’ordine, le quali hanno spintonato a freddo i manifestanti in presidio per sgomberarli da via Marina e respingerli sui marciapiedi.

Mentre il ministero, com’era prevedibile, non ha saputo dare alcuna risposta concreta alle rivendicazioni su salario, orario e reintegro di licenziati e cassintegrati, un gruppo di manifestanti, pochi minuti dopo le cariche della polizia, si e’ diretto verso la sede provinciale della Cgil occupando il piano terra per alcune decine di minuti, e dopo l’intervento congiunto della polizia e del servizio d’ordine della Camusso, si e’ concentrato in presidio fuori all’ingresso iniziando un fitto lancio di uova contro la sede di uno dei principali responsabili delle politiche antioperaie e di macelleria sociale.

Al di la’ dei esiti strettamente “militari”, la battaglia di Pomigliano e il corteo del 27 settembre ci dicono in maniera chiara che il Re e’ nudo:
il piano-Marchionne e’ solo un bluff orchestrato dalla Fiat e dal governo con lo scopo di smantellare a poco a poco, dopo Arese, Termini Imerese, Irisbus e tanti altri stabilimenti. anche Pomigliano e Mirafiori, e cio’ e’ dimostrato dal fatto che a partire da ottobre assisteremo a una nuova ondata di casse integrazioni;
i pochi operai rimasti in fabbrica vengono spremuti come un limone, a suon di straordinari e ritmi di lavoro schiavistici;
il piano- Marchionne non e’ una faccenda che riguarda i soli operai Fiat, ma e’ gia’ un modello esportato in tutti i luoghi di lavoro, dove il padrone fa il bello e il cattivo tempo; seppur a rilento, spezzoni importanti di operai, precari, disoccupati e studenti alle prese con stage gratuiti e un futuro di disoccupazione, iniziano a comprenderlo.
La battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro e per il salario garantito a cassintegrati, precari e disoccupati sono oggi le uniche parole d’ordine capaci di ricomporre il diviso e frastagliato panorama delle lotte e delle vertenze: senza questo orizzonte ogni lotta, anche la più generosa, e’ destinata a ripiegare nei confini dell’aziendalismo e del corporativismo, anticamera della sconfitta.
Fermarli si puo’: se la Fiat ha dovuto ricorrere a mille agenti in assetto antisommossa per fermare poche centinaia di picchettanti, significa che i padroni hanno paura di noi e sanno che se siamo uniti e organizzati possiamo batterli.

Sapevamo tutti che organizzare la giornata del 27 non sarebbe stato facile: un percorso di lotta realmente autorganizzato quale quello che abbiamo messo in piedi con la campagna “uniti si vince”, non poteva non fare i conti con una serie di limiti organizzativi del tutto fisiologici per chi come noi si approccia a questo difficile lavoro di ricucitura delle vertenze privo di “sponsor” politici o sindacali (finanche quelli “più di sinistra”) e puo’ per ora fare affidamento solo sulla generosita’ e sullo spirito di abnegazione dei propri militanti e attivisti. Di certo, soprattutto ai picchetti, non sono mancate alcune “sbavature” e qualche incertezza organizzativa, ma riteniamo che esse siano nient’altro che la fotografia dello stato “fluido” e ancora da “lavori in corso” nel processo di ricomposizione a cui stiamo faticosamente lavorando.

D’altronde, se da un lato non avevamo dubbi che i chiacchieroni della Fiom, dopo aver fatto fallire lo scorso 22 giugno uno sciopero che loro stessi avevano indetto a Pomigliano, avrebbero boicottato la data del 27 settembre, dall’altro dobbiamo constatare, con non poco rammarico, che anche le principali sigle del sindacalismo di base hanno di fatto messo la sordina alla “notte rossa” di Pomigliano.

In questi giorni stiamo assistendo a proclami e ad appelli all’unita’ in nome di una scadenza che e’ stata decisa a tavolino ed imposta dall’alto pur di dar vita al solito rituale dello scioperetto di ottobre, oramai sempre più innocuo per lo stato e per i padroni, ma nella quotidianeita’ dello scontro di classe i promotori del 18 ottobre continuano a risultare come “non pervenuti” e impegnati più nella ricerca di un’ennesima, illusoria scorciatoia elettorale, che non nel difficile lavoro di ricomposizione di una soggettivita’ di classe e anticapitalista e/o di costruzione di una seria opposizione sociale e politica ai padroni e al quantomai traballante governo-Letta.

Per quanto ci riguarda, il 27 settembre ha rappresentato nient’altro che un prima verifica “sul campo” di quelle forme embrionali di raccordo e collegamento delle lotte operaie e proletarie che ha preso il via con l’assemblea pubblica del 29 luglio scorso al Politecnico di Napoli ed e’ gia’ passata attraverso innumerevoli iniziative di lotta unitarie (dalla Granarolo di Bologna a Pomigliano, dalla Sevel di Val di Sangro all’Indesit, dai cortei, blocchi stradali e occupazioni di disoccupati operai e cassintegrati a Napoli alle azioni di solidarieta’ col movimento No-Tav, fino alla campagna per il salario garantito partita da Torino).

Su queste basi, partendo dalla chiarezza degli obiettivi e dalla trasparenza ed orizzontalita’ dei metodi e delle pratiche, il 18 ottobre presidieremo i luoghi di lavoro e di sfruttamento nei quali siamo presenti, cercando di trasformare quella giornata in un sciopero vero e non in una sua rappresentazione simbolica.
Con lo stesso spirito, saremo presenti il 19 ottobre a Roma insieme ai movimenti di lotta per la casa e ai comitati ambientalisti e contro le grandi opere, nella convinzione che queste mobilitazioni siano parte importante della più generale sollevazione di tutti gli sfruttati e gli oppressi a livello nazionale ed europeo contro la barbarie capitalistica, alla cui costruzione vogliamo offrire il nostro piccolo ma convinto contributo.

UNITI SI VINCE

1/10/2013

LABORATORIO POLITICO ISKRA
COMUNISTI PER L’ORGANIZZAZIONE DI CLASSE

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