Ben collegati

Germania, settori, energia, politica interna, Spd   Die Zeit                05-08-18

n. 34/2005 
Ben collegati
Cerstin Gammelin

La Merkel, candidata alla cancelleria, ha promesso una proroga alla chiusura delle centrali atomiche e una verifica sugli incentivi all’energia ecologica.

Nell’agosto 2005 il governo tedesco presenta con la cosiddetta “Indicazione di sostenibilità” la propria visione del futuro per la produzione dell’energia tedesca, sempre più sana, verde e amica dell’ambiente; la scelta del momento non è casuale, siamo in vista di probabili elezioni. Il messaggio è chiaro: la svolta energetica può essere realizzata solo dai rosso-verdi.

Ma la svolta dei prezzi?

Aribert Peters, che dirige l’Associazione dei consumatori di energia (Bund der Energieverbraucher), accusa Schröder di essere il «lobbista di più alto rango del settore energetico».

I prezzi di energia e gas stanno crescendo da anni, ora a tassi di due cifre, e si prevede crescano nei prossimi mesi fino al 30%.

La causa non è solo da imputare all’alto prezzo del petrolio. Oltre la metà dell’aumento è dovuto alla produzione dell’energia e alla distribuzione, settori in cui non vi è concorrenza.

Il mercato dell’energia tedesco è controllato da 4 gruppi: Rwe, E.on, EnBw e Vattenfall Europe, che controllano oltre 1/5 della capacità di produzione, e il 100% della rete ad alta tensione.

Nei tre anni scorsi la spesa annuale di una famiglia media con un consumo mensile di 300 kwh è aumentato di oltre €90.

Ciò è stato permesso dal filo diretto che gli ex monopolisti del settore hanno con il governo rosso-verde, e soprattutto con la Spd.
Il collegamento risale al periodo in cui Gerhard Schröder era ancora primo ministro della Bassa Sassonia.

 Irritato dalla salita al potere ad Hannover nel 1990 della  coalizione rosso-verde, il gruppo Veba, ora dissolto nel leader del mercato E.on, formò uno staff anti-crisi che trovò un’elegante soluzione: per assicurare i propri interessi e il successo di Schröder venne fondata una comune agenzia che doveva elaborare i progetti «per il mix energetico del futuro».

L’anno seguente Veba fece un ulteriore investimento per il proprio futuro e cedette a Schröder come consulente, per un  onorario mensile simbolico di 1 marco, l’allora manager di Veba Werner Müller. Proprio quel Müller che diverrà l’ano dopo il ministro dell’Economia nel primo gabinetto Schröder, e che farà realizzare l’anno dopo l’acquisizione di Ruhrgas, il maggior fornitore tedesco di gas, da pare di E.on, il maggior gruppo dell’energia, in nome del “bene comune”.
L’attuale ministro per l’Ambiente Jürgen Trittin così dichiarò quando era ancora ministro per l’Europa della Bassa Sasosnia: «La politica energetica di Schröder è stata elaborata completamente nei piani alti di Veba».
Si può vedere dalla nuova legge sull’energia come abbiano ben funzionato i canali lobbistici a livello federale e regionale. Essa regola tra l’altro i poteri della nuova autorità per il gas e l’energia, sollecitata dalla Ue.

Questa agenzia federale dovrebbe cercare di far calare i prezzi, impedendo ai gestori di chiedere un prezzo troppo alto per la rete.

Il settore è però riuscito con un’opera di lobby, tanto a livello centrale dei ministeri che regionale, ad esautorare fin dall’inizio questa agenzia…

Un esempio del successo della lobby è il cosiddetto “Compenso per la rete”, che riguarda le future condizioni per l’accesso di terzi alla rete dei gruppi energetici e il suo costo. Questi compensi assommano al 30% del prezzo dell’energia e rappresentano la maggiore componente del prezzo finale, ed è proprio qui che i gruppi hanno le loro maggiori rendite..

E.on è stato il più efficiente in questo opera di lobbying: il suo plenipotenziario Gert von der Groeben è riuscito a far assumere in un rapporto sull’energia del governo tedesco non ancora pubblicato alcuni suoi suggerimenti.

Nelle scorse settimane si è visto il potere dei gruppi dell’energia anche dal mancato commento della Merkel a un’intrusione del presidente del Forum tedesco per l’energia atomica, Walter Hohlefelder.

Hohlefelder, del C.d.A. di E.on, ha respinto la proposta Cdu di utilizzare parte dei profitti aggiuntivi derivanti dalla proroga del nucleare per abbassare il prezzo dell’energia: I prezzi sono fatti dal mercato e così deve rimanere. E poi la rendita dell’energia nucleare è «fortemente sopravvalutata».

Questo benchè gli stessi gestori delle centrali nucleari avessero chiesto, all’inizio del mandato di Schröder, decine di miliardi di danni per i profitti persi a causa della riduzione dell’operatività delle centrali atomiche.

Il silenzio della Merkel si spiega anche con il fatto che in giugno, come candidata alla cancelleria, ha promesso ai gruppi una proroga alla chiusura delle centrali atomiche e una verifica sugli incentivi all’energia ecologica.

Secondo un calcolo dell’Associazione dell’energia industriale (le aziende ad alta intensità di consumo energetico) la concentrazione di potere dei gruppi dell’energia ha fatto aumentare nel solo 2005 del 30% i prezzi, giungendo a €45 per megawatt/ora.

Il costo dell’energia ecologica pesa per una quota minima (0,56 centesimi di euro per Kwh) sull’aumento del prezzo complessivo dell’energia elettrica.

Il sistema di incentivi dei rosso-verdi fa sì che le Pmi del settore energia ecologica, soprattutto quelle dell’energia eolica, si prendano una quota crescente di mercato rispetto ai produttori convenzionali, sul 11% delle energie rinnovabili, il 6% è prodotto da Pmi.Die Zeit                  05-08-18
n. 34/2005 
Gut vernetzt
Die großen Stromversorger nutzen ihre blendenden Kontakte zur Politik und schaden ihren Kunden
Von Cerstin Gammelin
Deutschland im Jahr 2020: Ein Fünftel des Stroms stammt aus Ökokraftwerken. Öl ist
nicht mehr so wichtig. Der Ausstoß an Treibhausgasen konnte um 40 Prozent reduziert werden. Ein Land, das die Energiewende geschafft hat.
Deutschland im August 2005: Die Bundesregierung legt den so genannten Wegweiser Nachhaltigkeit vor. Darin beschreibt sie ihre Zukunftsvision vom Energieproduzenten Deutschland. Noch sauberer, noch grüner, noch umweltfreundlicher soll es demnach künftig hierzulande zugehen. Der Zeitpunkt so kurz vor der wahrscheinlichen Bundestagswahl ist »nicht ganz zufällig« gewählt, bestätigt das Kanzleramt. Denn die Botschaft des Nachhaltigkeitsberichts ist eindeutig: Die Energiewende, die kann nur Rot-Grün.
Aber was ist eigentlich mit der Preiswende?
Aribert Peters will vom Eigenlob der Regierung nichts wissen. Der Chef des Bundes der Energieverbraucher nennt Bundeskanzler Gerhard Schröder wütend den »ranghöchsten Lobbyisten der Energiewirtschaft«. Statt eine Energiewende zu erleben, würden die Verbraucher gnadenlos von den traditionellen Strom- und Gasversorgern »abgezockt«. Und zwar mit Hilfe von Rot-Grün.
Tatsache ist: Die Strom- und Gaspreise steigen seit Jahren, zuletzt sogar um zweistellige Prozentraten. Nach Prognose des Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung sind in den nächsten Monaten weitere Steigerungen um bis zu 30 Prozent zu erwarten.
Der Grund liegt nicht allein darin, dass die Energiepreise an den hohen Ölpreis gekoppelt sind. Etwa 19,6 Cent, hat Peters errechnen lassen, zahlen private Haushalte derzeit für jede Kilowattstunde Strom. Mehr als die Hälfte davon, nämlich 10,3 Cent, berechnen die Lieferanten allein für Stromerzeugung und Netznutzung. In diesen Bereichen gibt es kaum Wettbewerb. Stattdessen dominieren vier Unternehmen den Markt: RWE, E.on, EnBW und Vattenfall Europe. Sie kontrollieren mehr als vier Fünftel der Kraftwerkskapazitäten und sogar 100 Prozent des Hochspannungsnetzes. Bei einem durchschnittlichen Verbrauch von monatlich 300 Kilowattstunden erhöhte sich die jährliche Belastung eines durchschnittlichen Haushalts in den vergangenen drei Jahren um mehr als 90 Euro.
Dass die Exmonopolisten nahezu ungeniert wirtschaften und die Preise erhöhen können, verdanken sie ihrem direkten Draht in die rot-grüne Regierung, vor allem zu den Sozialdemokraten.
Die Regulierungsbehörde – schon vor dem Start entmachtet
Die Verbindungen reichen zurück bis in die Zeit, als Gerhard Schröder noch Ministerpräsident von Niedersachsen war. 1990 übernahm seine rot-grüne Koalition die Regierungsgeschäfte in Hannover. Irritiert richtete der damalige Veba-Konzern – inzwischen im Marktführer E.on aufgegangen – einen Krisenstab ein. Dieser fand eine elegante Lösung, um gleichermaßen seine eigenen Interessen und Schröders politischen Erfolg zu sichern: Man gründete eine gemeinsame Agentur, die Konzepte »für den Energiemix der Zukunft« erarbeiten sollte.
Ein Jahr danach investierte Veba noch einmal in die eigene Zukunft und überließ Schröder für das symbolische Monatshonorar von einer Mark, das Schröder aus der Privatschatulle zahlte, den damaligen Veba-Manager Werner Müller als Berater. Jenen Werner Müller, der Jahre später Wirtschaftsminister im ersten Bundeskabinett Schröder wurde. Jenen Werner Müller, der Jahre später die Übernahme des größten deutschen Erdgaslieferanten Ruhrgas durch den größten Energiekonzern E.on mit dem Argument des »Gemeinwohls« durchwinken ließ. »Schröders Energiepolitik werde wohl auf der Vorstandsetage von Veba entwickelt«, kommentierte der heutige Bundesumweltminister Jürgen Trittin diese Art der politischen Verbindung schon zu einem Zeitpunkt, als er noch Europaminister in Niedersachsen war.
Wie effizient die Lobbykanäle in Bund und Länder funktionieren, war zuletzt beim Aushandeln des neuen Energiewirtschaftsgesetzes zu beobachten. Die Paragrafen regeln unter anderem die Befugnisse einer neuen, auf Druck der EU eingerichteten Aufsichtsbehörde über die Strom- und Gasnetze. Die so genannte Bundesnetzagentur soll für sinkende Preise sorgen, indem sie die Betreiber daran hindert, überhöhte Nutzungsentgelte zu verlangen. Und sie soll Anreize zum effizienten Betrieb der Netze setzen, schließlich liegen die hiesigen Netzgebühren im Vergleich zu anderen europäischen Ländern um bis zu 50 Prozent höher.
Doch der Branche gelang es, die Bundesnetzagentur schon vor dem Start zu entmachten. Einige Instrumente wurden in den Paragrafen entschärft, andere unter die Aufsicht des industriefreundlichen Wirtschaftsministeriums gestellt. »Sichere politische Rahmenbedingungen« habe man erreichen wollen, sagt der Präsident des Branchenverbandes VDEW, Werner Brinker, »um Investitionen in den Treibsand der Regulierung zu verhindern«.
Flankiert von Rotweinrunden im Bundeskanzleramt lief die Lobbyarbeit weitgehend geräuschlos auf den Arbeitsebenen im Wirtschaftsministerium ab, später mit Abgeordneten und schließlich mit Ländervertretern.
Als effizient von Anfang an erwies sich dabei einmal mehr der Einfluss von E.on. Deren Generalbevollmächtigter, Gert von der Groeben, schickte am 25. Juli 2003 eine 13 Seiten lange Replik zum damals noch streng geheimen Energiemarktbericht der Bundesregierung an den federführenden Staatssekretär Georg Wilhelm Adamowitsch. Der Bericht sollte die Grundlage für das neue Energiewirtschaftsgesetz bilden. Von der Groeben kritisierte und kommentierte die Arbeit der Staatsdiener und forderte Änderungen in dem noch nicht veröffentlichten Papier – von denen einige prompt ausgeführt wurden. Die offizielle Fassung des Berichts wurde erst sechs Wochen später präsentiert – und dort waren dann kritisch angemerkte Passagen durch E.on-Argumente ersetzt worden.
Über ihre Verbände gelangen Energielobbyisten oft bis in die Büros der Referenten im Wirtschaftsministerium. Ein Beispiel dafür sind die so genannten Netzentgelte(compenso per l’uso della rete). Dabei geht es um die künftigen Konditionen für den Zugang Dritter zu den Leitungen der Stromkonzerne und die Entgelte dafür. Netzentgelte bilden mit mehr als 30 Prozent Anteil den größten Posten am Strompreis – und genau dort erzielen die Konzerne ihre größten Renditen.
Wie sie diese Pfründe zulasten der Verbraucher verteidigen, ist in den Entwürfen des Energiewirtschaftsgesetzes nachzulesen, unter anderem im Entwurf der Verordnung über den Zugang zu den Elektrizitätsversorgungsnetzen vom 20. April 2004. Unter »2. Abschnitt« vermerkte ein Ministeriumsmitarbeiter: »Forderungen der Netzbetreiber … bisher nicht berücksichtigt. Gespräch hierzu mit dem Verband der Netzbetreiber am 22. April 2004.« Parallel dazu diktierten die Konzerne den Verordnungsentwurf zur Kalkulation der Entgelte kräftig mit. Unter Paragraf 18 verweisen ausführliche Fußnoten auf die Verfasser: »Wörtlich RWE«, »Vorschlag RWE&laqu
o;, »fast wörtlich RWE«, »Zusatz RWE klären«.
Besonders brisant ist, dass gerade in diesem Paragrafen die Ermittlung jener Netzentgelte geregelt wird, von denen nicht nur das Bundeskartellamt annimmt, dass sie überhöht sind und denen Verbraucherschützer Peters das Etikett »Abzocke« anheftet. Der Einfluss der Lobbyisten reicht auch bis in die parlamentarischen Gremien hinein. So kam der Verhandlungsführer der Länder im Vermittlungsausschuss, der hessische Wirtschaftsminister Alois Rhiel, ins Grübeln, als das Land Sachsen-Anhalt plötzlich von dem einstimmig gefassten Gesetzeskompromiss abrückte. Irritiert schrieb er am 29. Juni 2005 an seine Länderkollegen. »Es überrascht mich daher sehr, dass jetzt im Ausschuss für Innere Angelegenheiten ein Antrag des Landes Sachsen-Anhalt eingebracht wird, der den im Vermittlungsverfahren erzielten Gesamtkompromiss gefährdet.« Urheber der Überraschung war der Politikchef von Vattenfall Europe, Rainer Knauber, der den ostdeutschen Ländern in einem Schreiben am 28. Juni 2005 nahe legte, gegen die beschlossenen neuen Abschreibungskonditionen von Anlagen zu stimmen, die nach Analyse des Bundes neuer Energieanbieter zu zehn Prozent niedrigeren Entgelten führen könnten. Nach Knaubers Schreiben jedoch legten sich die Vertreter von Sachsen-Anhalt im Bundesrat plötzlich quer.
»Verdacht des Missbrauchs einer marktbeherrschenden Stellung«
Wie mächtig sich die Vorstandschefs der Energiekonzerne fühlen, ließen sie vergangene Woche auch die CDU-Kanzlerkandidatin Angela Merkel spüren. Der Präsident des Deutschen Atomforums, Walter Hohlefelder, im Hauptberuf E.on-Energie-Vorstand, wies öffentlich den Unionsvorschlag zurück, Zusatzgewinne aus längeren Laufzeiten für Kernkraftwerke zum Teil in niedrigere Strompreise zu verwandeln. Der Preis bilde sich am Markt, und so solle es auch bleiben. Im Übrigen würden die Renditen von Atomstrom »maßlos überschätzt«! Hohlefelder sprach dabei für die gleichen Kernkraftwerksbetreiber, die zu Beginn der Regierungszeit Schröders zweistellige Milliardensummen vom Staat als Entschädigung für entgangene Gewinne dafür gefordert hatten, dass die Laufzeiten der Atomkraftwerke verkürzt werden sollten.
Der Union verschlug es ob dieser Dreistigkeit die Sprache: Merkel verzichtete auf einen Kommentar. Immerhin hatte die frisch gekürte Kanzlerkandidatin Anfang Juni den Konzernen längere Laufzeiten der Kernkraftwerke und eine Prüfung der Ökostromförderung versprochen.
Unter den steigenden Energiepreisen ächzen derweil allerdings nicht nur private Verbraucher. Der norwegische Mischkonzern Norsk Hydro kündigte bereits an, seine Aluminiumhütte im niedersächsischen Stade zu schließen. Dass eine unionsgeführte Regierung die Konzerne dazu motivieren könnte, die Preise zu senken, darauf will die Interessenorganisation der stromintensiven Betriebe, der Verband der industriellen Kraftwirtschaft (VIK), nicht bauen (non hanno potuto contare sulla capacità di un governo regionale a guida Unione di spingere i gruppi dell’energia a ridurre i prezzi). VIK-Geschäftsführer Alfred Richmann hat deshalb am vergangenen Freitag Klage beim Bundeskartellamt eingereicht. Die Kartellwächter in Bonn sollen den »Verdacht des Missbrauchs einer marktbeherrschenden Stellung« von EnBW, E.on, RWE und Vattenfall prüfen, sagte Richmann. Nach Rechnungen des Verbandes habe die Machtkonzentration der Konzerne die Strompreise allein 2005 um 30 Prozent auf gegenwärtig 45 Euro je Megawattstunde steigen lassen. Die befürchteten Mehrkosten von mindestens einer Milliarde Euro sind Richmann zufolge »in keiner Weise mit tatsächlichen Kostensteigerungen« zu erklären.
Einen verschwindend geringen Anteil an den hohen Strompreisen haben dagegen die Ökostromfabriken, nämlich laut Branchenverband VDEW etwa 0,56 Cent je Kilowattstunde. Dass dessen Mitarbeiter dennoch an einem Modell tüfteln, die Stromerzeugung aus Wind, Wasser, Sonne, Erdwärme und Biomasse zu quotieren, liegt nicht am Ökostrom selbst, sagt Johannes Lackmann, Präsident des Bundesverbandes Erneuerbarer Energien BEE. Sondern daran, dass mittelständische Unternehmen, vor allem Windmüller, durch das rot-grüne Fördersystem der garantierten Einspeisevergütung den konventionellen Erzeugern mehr und mehr Marktanteile abknappsen. Ein Argument, dass der VDEW zwar nicht teilt. Wahr ist aber, dass der Anteil der erneuerbaren Energien am Strommarkt bereits bei elf Prozent liegt. Sechs Prozent davon, schätzt Lackmann, hat sich der Mittelstand erobert. Sechs Prozent Markt, in dem die Konzerne keinen Einfluss auf die Erzeugerpreise haben. Das Oligopol konzentriert sich jetzt auf die Rückeroberung der verlorenen Marktanteile.

Leave a Reply