BUON COMPLEANNO MARX!

KM

Duecento anni fa, il 5 maggio 1818, nasceva a Treviri Karl Marx. Ancora oggi milioni di persone in tutto il mondo leggono le opere di Marx, ancora oggi una quantità incalcolabile di libri si soffermano sullo studio di questo o quell’altro aspetto del pensiero di Marx e proprio recentemente è uscito anche in Italia un film sui suoi anni giovanili, “Il giovane Karl Marx”. Ancor più che durante la sua vita, dopo la sua morte, la sua opera ha suscitato e continua a suscitare le passioni più contrastanti: per i borghesi e i loro ideologi (siano essi filosofi, economisti, sociologi, politologi) rimane un imperativo categorico: distruggere, denigrare, minimizzare o ignorare il pensiero di Marx.

In duecento anni, innumerevoli volte hanno celebrato il funerale del “marxismo” per poi vedersi costretti a ritornare sull’argomento e celebrare un nuovo funerale, possibilmente definitivo. Erano convinti, dopo il crollo dell’Urss e dei suoi satelliti, dopo la clamorosa ascesa della Cina ai vertici dell’economia capitalistica mondiale, dopo che avevano fatto il giro del mondo le foto con i cartelli appesi sulle statue di Marx ed Engels contenenti la scritta “Proletari di tutto il mondo scusateci”, di “aver risolto definitivamente” la questione: per loro Marx e con lui il comunismo erano definitivamente finiti, finalmente si poteva aprire l’età dell’oro, il paradiso del capitalismo. E invece, a dispetto della loro beata soddisfazione, complice la grande crisi del 2007- 2008, il pensiero di Marx ha trovato una nuova fioritura: continuano le ristampe del Manifesto, del Capitale, vengono ripubblicati testi che per un ventennio erano spariti dagli scaffali delle librerie come i Grundrisse o L’ideologia tedesca con sempre nuovi lettori in tutti i continenti.

Il fallimento di quasi due secoli di tentativi di liquidare il pensiero di Marx non è dovuto a coincidenze più o meno fortuite ma al semplice e incontestabile fatto che la società capitalistica, lungi dall’essere quel paradiso in terra che i suoi interessati cantori vorrebbero far intravedere continua a essere un inferno in cui miliardi di esseri umani soffrono per la fame, lo sfruttamento, la povertà, l’insicurezza dell’esistenza. E’ questa la realtà quotidiana che “garantisce” sempre nuovi lettori a Marx, i cui testi ispirano e illuminano generazioni che si susseguono; gli scritti di Marx sono in grado di reggere nel tempo al contrario di quelli dei pensatori di moda che il capitalismo continuamente introduce nel “mercato culturale”.

In realtà Marx è più attuale oggi di quanto non lo sia mai stato. Nell’ultimo numero di Pagine marxiste (numero 45, aprile 2018), non a caso scriviamo: “La globalizzazione capitalista segna la definitiva conferma della visione strategica del marxismo, che appare profetica alla luce delle dinamiche degli ultimi decenni” (articolo “La lunga marcia del proletariato”). Ma la forza del pensiero di Marx (e di quello, sempre costantemente sottovalutato, del suo compagno di lotta Engels) non sta soltanto nel fatto di aver saputo leggere e interpretare, molto meglio (rispetto a tutti gli intellettuali della borghesia) la struttura e le leggi di movimento della società capitalistica. La forza di tale pensiero risiede anche nel fatto di avere individuato le condizioni che portano all’emancipazione della classe lavoratrice e, in seguito ad essa, all’emancipazione di tutta l’umanità. Voler separare, come fanno molti teorici borghesi, il Marx studioso della società capitalistica (che, bontà loro, merita ammirazione e rispetto) dal Marx scienziato al servizio della rivoluzione comunista (a loro parere viziato da inguaribile ”utopismo”) è operazione vuota e senza senso a cui Marx aveva già dato una risposta anticipata nell’undicesima tesi su Feuerbach: “I filosofi hanno soltanto diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo”.

Noi che riteniamo il pensiero e l’opera di Marx e di Engels come la base teorica fondamentale del moderno movimento di emancipazione del proletariato non ci attacchiamo ad ogni frase scritta da Marx per giustificare la nostra azione. Ci rifiutiamo di considerare il marxismo un insieme di dogmi buoni per tutte le circostanze. I peggiori rinnegati, che con la loro azione hanno contribuito a rafforzare l’oppressione della classe lavoratrice e a perpetuare il dominio della borghesia mentre voltavano le spalle al comunismo rivoluzionario di Marx ed Engels (e a tutta la classe lavoratrice nel cui nome dicevano di agire), giuravano fedeltà al marxismo e giustificavano con citazioni marxiste la loro opera di agenti della borghesia: i socialdemocratici tedeschi hanno tentato di giustificare il loro ignobile appoggio alla guerra della borghesia tedesca con citazioni di Marx ed Engels del tutto stravolte dal loro contesto originario. I vari Stalin, Mao, Tito, Castro, Hoxa , Ceausescu, Pol Pot, Ho Chi Min hanno fatto di peggio: hanno elevato il “marxismo” a ideologia di stato nonostante i regimi totalitari, oppressivi della classe lavoratrice impiantati nei loro paesi fossero tutto il contrario della società comunista a cui il marxismo aspirava. Marx ed Engels odiavano “il socialismo da caserma” e quei regimi hanno realizzato non la dittatura del proletariato ma la dittatura di una borghesia di stato che, non avendo da offrire al popolo lavoratore “panem et circenses” ma solo poco pane e niente divertimenti, potevano basare la loro stabilità solo su onnipresenti poliziotti e sulla delazione generalizzata. Marx voleva abolire il lavoro salariato e quei regimi lo hanno generalizzato, spremendolo come un limone per garantire una accumulazione originaria altrimenti impossibile. Marx ed Engels scrivevano nel Manifesto che i proletari non hanno patria e confidavano nell’internazionalismo proletario (PROLETARI I TUTTI I PAESI UNITEVI era il motto con cui si chiudeva il Manifesto, ed è ancora oggi la nostra bandiera) e questi regimi “marxisti” facevano leva sul nazionalismo più becero.

Tutto questo ha comportato, inutile nasconderlo, un grande rafforzamento del dominio borghese e demoralizzato le fila della classe che Marx voleva contribuire ad emancipare. Certo per tutto il secolo scorso correnti minoritarie ma tenaci di militanti, fedeli ad un marxismo non adulterato e sottoposto allo scempio di esser diventato ideologia di stati totalitari e antiproletari, hanno resistito con coraggio e illimitata dedizione (non pochi son finiti per questo davanti al plotone di esecuzione), ma la loro opera è rimasta senza seguito di massa in un contesto storico in cui tali entità statali rappresentavano una parte decisamente elevata della popolazione mondiale e della superficie terrestre.

Da parte nostra, assolutamente consapevoli della modestia delle nostre forze, riteniamo che il nostro compito non sia quello della “restaurazione della dottrina marxista” ma quello di contribuire a tenere viva la critica marxista dell’esistente, da un lato analizzando la dinamica e le tendenze del capitalismo contemporaneo, cercando di individuare le linee di frattura della società capitalistica che maggiormente possono favorire un accumulo di forze per il movimento di classe e dall’altro operando concretamente e attivamente nel “movimento reale” per favorirne un orientamento più avanzato. Questo modo di operare, che va in direzione ostinata e contraria rispetto al pressapochismo e al dilettantismo dilaganti tra le forze della sinistra cosiddetta radicale, si scontra con difficoltà enormi, di cui siamo perfettamente consapevoli, ma ci evita, da un lato, la caduta nello “ spirito di setta” che purtroppo si è fortemente incuneato in numerose formazioni che si richiamano al marxismo e, dall’altro lato, la rincorsa a modelli di riferimento che sulle prime possono apparire seducenti ma che poi si rivelano del tutto deludenti con conseguente caduta in depressione dei militanti (vedere per esempio, negli ultimi anni, l’esaltazione acritica di Syriza, del socialismo del XXI secolo di Chavez, ecc.). Insomma un lavoro controcorrente, duro e avaro di successi immediati. In sostanza, senza essere prigionieri della frase scritta da Marx in questa o quella occasione, senza fare di Marx un dispensatore di ricette buone per tutte le stagioni, cerchiamo di rendere “vivente” il marxismo nella realtà contemporanea nella quale operiamo. Cerchiamo cioè, nei limiti delle nostre possibilità, di essere fedeli a ciò che Marx ed Engels scrivevano nel Manifesto: “I comunisti non pongono principi speciali sui quali vogliono modellare il movimento proletario. I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari solo per il fatto che da una parte mettono in risalto e fanno valere gli interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell’intero proletariato, nelle varie lotte nazionali dei proletari; e dall’altra per il fatto che sostengono costantemente l’interesse del movimento complessivo, attraverso i vari stadi di sviluppo percorsi dalla lotta fra proletariato e borghesia”. In sostanza per noi il marxismo non è un pensiero mummificato da esibire come “credenziale culturale”, ma fonte di orientamento costante della nostra prassi politica. Ad altri lasciamo la “beatificazione” o la “demonizzazione” di Marx. Per noi la teoria critica di Marx rimane un potentissimo strumento al servizio della lotta per l’emancipazione della classe lavoratrice per la realizzazione di una società umana libera dalle catene del dominio di classe, della miseria, dell’alienazione e delle guerre. E’ per questo motivo che ci sentiamo di affermare “Buon compleanno, caro vecchio Marx”.