Cronaca di una persecuzione politica

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Democrazia, libertà, Stato di diritto sono le parole con cui veniamo continuamente bombardati da giornali e televisioni al servizio della classe dominante. I mass media sono pronti a denunciare le violazioni di questi sacri principi in paesi stranieri, persino in quelli con cui la classe dominante del proprio paese fa lucrosi affari. Esempi recenti di questo comportamento dei media non ne mancano certo:dalla denuncia contro il”tiranno” Putin ai tempi del processo alle Pussy Riot, al grido di dolore lanciato contro lo spionaggio di massa negli USA alla dura critica alla politica repressiva di Erdogan in Turchia (lo stesso Erdogan che fino solo a poche settimane fa veniva presentato come lo statista che gli altri paesi islamici dovevano prendere a esempio). Giornali e televisioni non sono così sensibili quando si tratta di denunciare la repressione e le malefatte poliziesche e giudiziarie che avvengono nel proprio paese. Avete forse sentito qualcuno dei pennivendoli che scrivono sui giornali o che si prostrano davanti al governante di turno levare un grido di dolore per gli emigrati che l’anno scorso sono stati massacrati di botte dalla polizia a Basiano? In casi come questi si preferisce in genere fare l’applauso alle forze dell’ordine che hanno agito per tutelare la sacra proprietà privata dai facinorosi, nel caso non si sia per partito preso forcaioli si preferisce un salomonico silenzio:non si sa mai si potrebbe essere fraintesi e passare come protettori dei sovvertitori dell’ordine costituito. In tal modo porcherie grandi e piccole rimangono sconosciute alla cosiddetta opinione pubblica, almeno fino a che parenti, amici o compagni di lotta delle vittime delle summenzionate porcherie, con tenacia e determinazione, non riescono infrangere il muro ipocrita del silenzio o quello altrettanto duro degli apologeti della repressione che si dilettano, ben pagati per farlo, a far passare per giustizia ogni atto di sopraffazione del potere costituito.

Quello che qui raccontiamo è solo uno dei tanti episodi di repressione che avvengono quotidianamente ai danni di compagni che provano a resistere al presente stato di imbarbarimento della società capitalistica. Si tratta della persecuzione poliziesca e giudiziaria di due compagni di Reggio Emilia, Ciro, impiegato e Riccardo operaio che il 20 giugno sono stati condannati a una pena molto pesante. Ciro e Riccardo sono militanti del Collettivo autoorganizzato R60, attivo a Reggio Emilia dal 2011. Il collettivo composto da compagni con posizioni politiche eterogenee agisce su tematiche prevalentemente ambientaliste ma su un terreno anticapitalista completamente diverso da quell’ecologismo interclassista che caratterizza le tradizionali organizzazioni ambientaliste. Nel gennaio 2012 inizia l’operazione poliziesca che porterà alla condanna di Ciro e Riccardo: in quel periodo appaiono sui muri di Reggio Emilia delle scritte contro il giudice Caselli che aveva duramente perseguitato il movimento no tav e contro Napolitano che aveva appoggiato i provvedimenti repressivi. Il 13 giugno dello stesso anno viene disposta perquisizione domiciliare per la ricerca di materiale probatorio inerente le scritte sui muri di gennaio, ritenute offensive nei confronti di Napolitano e minacciose nei confronti di Caselli. La perquisizione viene fatta a casa dei 2 compagni e presso la sede del collettivo R60 presso la quale vengono ritrovate bombolette di vernice di colore diverso che anche con tutta la buona volontà dei poliziotti non possono essere riconducibili alle scritte di gennaio dato che chiunque sa che le bombolette sono comunemente usate dai gruppi politici per striscioni, cartelli etc. Ma come mai gli inquirenti hanno scelto le case di Ciro e Riccardo? Si viene a sapere che i poliziotti avevano montato da tempo sulla macchina di Ciro un satellitare che spiava i suoi spostamenti:i novelli 007 dello Stato italiano motivano tale meticolosa attenzione con il sospetto che egli in quanto appartenente a un gruppo di estrema sinistra poteva essere l’autore di scritte, precedenti a quelle contro Caselli e Napolitano fatte contro i fascisti di Forza nuova. Le rilevazioni del satellitare sono piene di buchi, tuttavia quello che interessa agli sbirri è solo quanto conviene a loro evidenziare, vale a dire che nella notte in cui sono state fatte le scritte la macchina di Ciro era nelle”vicinanze” dei luoghi dove son state fatte le scritte. I poliziotti stessi non devono neanche loro convinti che le rilevazioni del satellitare possano bastare a incastrare i due compagni e allora gli scafatissimi 007 fanno riferimento a un filmato in cui si vedrebbe Ciro uscire dall’auto mettendosi le mani nel giubbotto, con Riccardo che rimane fermo in inequivocabile atteggiamento da”palo”, e poi ritornare con un oggetto cilindrico non ben identificabile in mano. A parte il fatto, che però ovviamente gli sbirri non osano prendere in considerazione, che un oggetto cilindrico potrebbe anche essere una pompa di bicicletta, una lattina di birra etc., questo presunto video non lo vede nessuno, né l’avvocato né il giudice quindi potrebbe tranquillamente non esistere. Sulla base di queste”inconfutabili prove” che un qualsiasi giudice non spinto da spirito persecutorio rigetterebbe con sdegno la P.M. Pantani chiede l’applicazione delle misure cautelari a carico dei compagni: obbligo di dimora 24 ore su 24 nel comune di Reggio Emilia e divieto di uscita notturna dalle 22 alle 6.

La richiesta è talmente assurda che il G.I.P. di Reggio Emilia la rigetta con le seguenti motivazioni: la militanza politica non è, di per sé sintomatica di pericolosità sociale, le scritte contro Napolitano sono da considerarsi puramente occasionali essendo in riferimento alla polemica sulle azioni del movimento no tav, infine essendo Caselli un singolo non si può applicare la violenza a corpo politico, amministrativo, giudiziario. La macchina repressiva messa in moto non tollera, tuttavia, battute d’arresto e quindi Pantani si appella contro le decisioni del G.I.P. e il tribunale della libertà di Bologna accoglie il suo ricorso. Le motivazioni per l’accoglimento del ricorso sono le seguenti: c’è il pericolo di reiterazione del reato nel caso Napolitano prendesse ancora posizioni avverse al movimento no tav; gli inquisiti appartengono a un gruppo politico che farebbe della violenza politica un modus operandi (ovviamente i giudici del T.D.L. omettono di citare gli episodi che darebbero un fondamento a una simile supposizione). Nell’ordinanza del T.D.L. vengono allegate foto degli imputati, presenti a manifestazioni no tav.

L’avvocato fa ricorso in Cassazione contro la pronuncia del T.D.L. di Bologna ma la Cassazione rigetta il ricorso. A questo punto le misure coercitive richieste della PM Pantani diventano esecutive (23-1-13) quindi i due compagni sono costretti a non poter uscire da Reggio Emilia e devono essere in casa dalle 22 alle 6. A febbraio arriva l’avviso di chiusura delle indagini e a fine marzo la fissazione dell’udienza preliminare. I capi d’imputazione sono : art. 278 c.p. (offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica), art.338 c.p. (violenza e minaccia), art. 342 c.p. (offesa all’onore e al prestigio di corpo politico, amministrativo e giudiziario), art.639 c.p.(imbrattamento) e, solo per Ciro, art 612 (minaccia) in relazione alle scritte precedenti contro i fascisti. Quest’ultimo regalino gli è inflitto sulla base di una relazione tecnica della polizia scientifica che sostiene esserci concordanza grafica tra la sua scrittura e le scritte sui muri (qui si tocca il colmo del ridicolo e non va dimenticato che in ogni caso Ciro non è stato sottoposto a perizia grafica).

Sulla base di questi presupposti si arriva all’udienza preliminare (i 2 compagni hanno optato per il rito abbreviato). Il 20 giugno all’udienza sono presenti la PM Pantani, il giudice Pini Bentivoglio, con il comune di Reggio Emilia come parte civile (il comune richiede ben 30.000 euro di danni perché, oltre ai danni materiali quelle scritte avrebbero leso l’immagine del comune). Con la sentenza emessa i compagni vengono condannati: 2anni e 2 mesi (Ciro), 1anno e 4 mesi (Riccardo) in aggiunta dovranno risarcire con 10.000 euro il comune di Reggio Emilia (bontà loro!) più le spese processuali.

Un simile accanimento poliziesco e giudiziario sembra incredibile. In un paese in cui avvengono migliaia di incidenti sul lavoro impuniti, in cui un’impresa ha avvelenato l’intera città di Taranto, in cui migliaia di capitalisti sottraggono indisturbati all’erario centinaia di miliardi di euro possibile che gli inquirenti mettano in campo un simile dispiegamento di mezzi per poche scritte sui muri che tra l’altro non hanno avuto alcuna influenza su una popolazione residente che ancora oscilla tra la fiducia nelle”istituzioni democratiche” e la passività sociale? Questo accanimento persecutorio sarà forse dovuto al protagonismo esasperato di poliziotti e magistrati di provincia che, non avendo nulla di più significativo di cui occuparsi in una città dove da decenni la pace sociale e l’ordine capitalistico regnano incontrastati, si mettono a giocare ai grandi inquisitori? Noi non crediamo affatto che le cose stiano in questo modo! Che non si tratti dell’accanimento persecutorio di poliziotti e giudici di provincia è reso evidente dal fatto che sulla vicenda si siano pronunciati sia il Tribunale della libertà di Bologna che la Cassazione.

In realtà nell’attuale grave crisi economica l’intero apparato repressivo dello Stato è perfettamente consapevole che la gravissima situazione economica in cui versano centinaia di migliaia di disoccupati, precari e pensionati prima o poi porterà inevitabili esplosioni di piazza. Da quando è iniziata la crisi sempre più massicciamente si è usata la mano pesante contro i lavoratori della logistica, contro gli operai che lottavano per evitare la perdita del posto di lavoro, contro precari e disoccupati, contro il movimento no tav, contro gli studenti. Ovvio che non sono mai state attaccate le manifestazioni rituali di cgil, cisl, uil ma come ognuno può facilmente rilevare, quelle carnevalate, fatte ormai quasi esclusivamente da funzionari pagati e dai loro supporters sono del tutto funzionali alla politica dei padroni e dei Governi. Per gli altri ci sono le manganellate. L’apparato repressivo dello stato è parimenti consapevole che quelle piccole minoranze politiche presenti sul territorio, oggi deboli e frammentate, in una situazione di acutizzazione dei conflitti sociali potrebbero dare alla rivolta che sale dal profondo della società una spinta organizzativa e una prospettiva più ampia. Il proletariato che si organizza e che si pone una prospettiva politica di superamento dei rapporti sociali esistenti:questo è quello che la borghesia teme come la peste. Per questo preferisce fare terra bruciata agli “estremisti“ al punto di arrivare a una patetica caccia all’autore di qualche scritta sui muri.

Noi vediamo in questi fenomeni repressivi un filo logico che li lega a quanto sta avvenendo nelle lotte dei lavoratori delle logistiche (fogli di via, sentenze di limitazione del diritto di sciopero, condanne e multe nei confronti dei compagni più attivi), nei gruppi di giovani che non si piegano al clima di intimidazione e di “repressione preventiva” condotto attualmente dal governo delle “larghe intese”.
Un governo che secondo il presidente di Confindustria Squinzi “non va intralciato da nessuno”.

Noi invece lavoriamo per “intralciarlo”, e per aggregare le forze rivoluzionarie.
Alla faccia di banchieri, industriali, governanti, magistrati, sbirri e preti.

Combat/Comunisti per l’Organizzazione di Classe

[aggiornamento 30/6] Ieri i compagni di R60 ci hanno avvisato che sono state revocate le misure restrittive ai danni di Ciro e Riccardo(consistevano nel divieto di allontanamento dal comune di Reggio Emilia 24 ore su 24 e nel divieto di uscita notturna dalle 22 alle 6). E’ stato però dato loro l’obbligo di firma 3 volte a settimana

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