Dall’Ucraina al Tempest, per l’imperialismo italiano riarmo e prove di alleanza

Come è noto, in Italia il governo continua a secretare ogni informazione sulle forniture italiane di armi all’Ucraina. Per “rispetto verso il governo precedente che così aveva voluto”, dice Crosetto, passato direttamente da Senior Advisor di Leonardo Finmeccanica alla sedia di ministro della Difesa, alla faccia del conflitto di interessi. Le fonti straniere hanno peraltro puntualmente documentato tutti i rifornimenti italiani, compresi sistemi di difesa aerea avanzati Samp/T e diversi missili Aster (nota 1). Alla fine, il ministro degli esteri Tajani si è lasciato sfuggire che finora la spesa è circa di 1 miliardo di €.

Dietro le quinte della Nato

Nel vertice Nato a Ramstein si è ripetuto il mantra di sostenere ad ogni costo Kiev, ma con molti distinguo. Uno dei timori esplicitati da tutti i paesi europei, anche da Crosetto per l’Italia, è il rischio che questa guerra in Ucraina “ad alta intensità” esaurisca i “nostri” arsenali mettendo a rischio la capacità di difesa dei paesi stessi. Questa è certamente anche una mossa per giustificare l’aumento della spesa militare, renderlo strutturale e “strategico” dentro la spesa pubblica, sia per incrementare gli arsenali che per modernizzarli.  Ma non è solo quello.

Sappiamo che all’Ucraina sono stati rifilati dai paesi est europei i vecchi armamenti di produzione sovietica, ormai inadeguati, e dai paesi europei occidentali vere e proprie anticaglie, che smaltire con le nuove leggi europee sarebbe stato costosissimo (nota 2). I governi europei, tuttavia, sono stati davvero spiazzati da una guerra che richiede carri armati e batterie antimissili terrestri, sulla cui produzione non si è investito di recente (nota 3), Le guerre nei Balcani e quella dell’Afghanistan confrontate con quella ucraina sono state guerre a bassa intensità (nota 4), quindi sia gli Usa che l’Europa non erano preparati al vorace consumo di uomini e di armi proprio della attuale guerra in Ucraina. Ogni paese Nato, compresi gli Usa, nell’inviare armi a Zelensky, fa i conti su quanto tempo ci voglia a ripristinare gli arsenali e ai costi che ciò comporta, mentre si è alle prese con un grosso lavoro di manutenzione di ciò che è già disponibile, operazione che ha i suoi tempi e costi maggiori per l’aumento dei prezzi delle materie prime (nota 5).

Ma nel frattempo l’industria delle armi gongola per gli affari attuali (nota 6) ma anche per gli affari futuri. Sappiamo tutti che ogni guerra è un banco di prova per testare performance ed efficacia dei sistemi d’arma, ma anche per esibirli ai futuri clienti e decretarne il successo commerciale (i morti sono per loro un danno collaterale inevitabile per i loro profitti).  Quindi la cosa certa è che tutto questo si tradurrà in “meno burro e più cannoni”

Mediterraneo strategico

L’industria delle armi è in pista anche per approfittare del cataclisma provocato nell’approvvigionamento delle fonti energetiche, che ha riportato in primo piano il Nord Africa per i rifornimenti. E mentre i politici fanno la spola per firmare accordi, i militari riscoprono il Mare Nostrum come “destino” dell’Italia. Ad esempio il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino  ha messo l’accento sulla messa fuori uso di North Stream 2, per ricordare che il mare, anzi l’underwater, cioè ciò che sta sotto la superficie del mare, è centrale per l’imperialismo italiano perché lì passano strategici collegamenti energetici e delle comunicazioni (il 98% di internet passa sotto la superficie del mare). Questo è vero segnatamente nel Mediterraneo, in cui l’Italia agisce come “potenza regionale”. Mediterraneo ovviamente “allargato”, quindi non solo quello che va da Gibilterra al Libano, ma quello che si allarga da una parte al Golfo di Guinea e dall’altra nel Mar Rosso, in Somalia e Gibuti, allo stretto di Hormutz.  Per garantire il controllo sul Mediterraneo si deve operare su tutte le dimensioni, terra, mare, aria e appunto underwater, “con l’aggiunta del cyber” (nota 7). Protagonisti della guerra underwater saranno i droni provenienti da navi senza equipaggio controllate da network di sensori di fondo (sic). Che sia fantascienza o meno, il tutto avverrà, sostiene il generale,” in piena sintonia con la Francia”. Qui della Nato non c’è traccia.

Guerra e alleanze

 La guerra in Ucraina apparentemente vede il trionfo della guida Usa e la presa Nato sui paesi europei, con la Gran Bretagna, la Polonia, i paesi Baltici partner entusiasti e la Germania partner riluttante. Ad una osservazione meno superficiale, ad esempio seguendo la vicenda dei Leopard o le polemiche sulla fornitura dei missili, il quadro è più mosso. Molti “alleati” europei diffidano totalmente degli Usa, li sospettano di voler indebolire l’Europa, segnatamente la Germania, per diminuirne la competitività. E mentre l’Europa è impegnata nella guerra contro la Russia, gli Usa sarebbero liberi di occuparsi dei loro veri interessi, cioè lo scontro con la Cina in Asia. Molti media europei, con sfumature diverse, sottolineano i costi che l’Europa paga, avendo dovuto rinunciare all’economico gas russo per acquistare il gas liquido Usa molto più caro (vedi RIQUADRO).

Mentre si dibatteva della fornitura dei Leopard tedeschi all’Ucraina, Analisi Difesa del 19 gennaio 23 (titolo “l’Europa fornirà all’Ucraina carri armati e missili che non ha”), sosteneva che l’Europa dispone dei carri armati sufficienti ad equipaggiare solo pochi reparti e non tutti operativi, mentre solo gli Usa potrebbero privarsi di tank Abrams senza indebolire il proprio stock. Il Pentagono ha bloccato però la fornitura sostenendo che comunque gli ucraini non li saprebbero usare e che consumano troppo carburante. Quindi Analisi Difesa tifava per Scholz quando resisteva alle pressioni Usa. Per la cronaca l’ultima versione del tank, il Leopard 2A7 (6 milioni di $ cadauno) è appena stata ceduta al Qatar. I paesi europei che disponevano di Leopard 1 e 2 hanno temporeggiato, sostenendo la necessità dell’autorizzazione tedesca. Altri hanno chiesto in compensazioni alla Germania versioni più recenti degli stessi Leopard e agli Usa armi più moderne come gli Abrams o i Patriot. Così la Polonia l’unica ad avere ben 500 Leopard 1, prodotti 20 anni fa. La Germania si è mostrata restia a cedere alla Polonia e agli altri paesi dell’est più amici degli Usa che della Germania stessa, tecnologia di ultima generazione. Solo Londra ha promesso alcuni Challenger 2. garantendo l’addestramento degli ucraini, ma probabilmente per giustificare l’invio di ulteriori contractors britannici oltre a quelli già presenti “per la manutenzione”. Il braccio di ferro sui Leopard è durato mesi. Scholz ha proposto un sì, ma solo se gli USA sbloccheranno gli Abrams. Alla fine, il compromesso: la Germania permette a Polonia e alleati di fornire i Leopard 1, restaurati, da marzo ’23 (un centinaio), poi altri 88 direttamente dalla Germania (sempre Leonard 1) nel ’24. C’è una generica promessa Usa sugli Abrams, peraltro non prima del 2025 (10 milioni di $ cadauno). Il tutto sancito dall’incontro trilaterale a Parigi fra Macron Scholz e Zelensky (da cui è stata esclusa l’Italia) del 9 febbraio 2023.
Mentre Scholz ha escluso categoricamente l’invio di aerei, gli Usa sono disposti a fornire i Patriot: ne hanno già schierati tre in Polonia al confine   e ospitano dal 16 gennaio circa 100 militari ucraini a Fort Still per addestrarli all’uso di questi missili. È il risultato della visita di Zelensky a Washington in dicembre (quando però non ha ottenuto i sistemi missilistici offensivi che chiedeva). Intanto l’Italia sposterà in Slovacchia una batteria antiaerea Samp/T per sostituire un Patriot Usa.
Il Pentagono invece non ha ancora approvato l’invio di F16. Il governo Biden chiaramente deve evitare che i bombardamenti a tappeto dei russi, che hanno spianato infrastrutture e centri di produzione energetica, provochino un calo di consensi al governo Zelensky, ma nemmeno intende sguarnire il suo parco armi. La Germania aveva chiesto che i Patriot venissero collocati in Polonia per prevenire sconfinamenti di missili russi con rischio di coinvolgimento Nato. Ma gli Usa hanno preferito darli o meglio prometterli all’Ucraina. Ma non si sa quando arriveranno. Nel frattempo, gli Usa aumentano le pressioni perché si inviino un IRIS-T (sistema antimissile tedesco) e due Samp/T italiani, oltre a vecchi Hawk spagnoli e agli obsoleti Aspide/Spada italiani.
Non vogliamo addentrarci ulteriormente nei particolari tecnici, ma si è voluto sottolineare la variegata posizione degli stati e delle correnti politiche negli stati sotto l’apparente unanimismo pro Ucraina.

Vecchie nuove alleanze militari per l’Italia – il caso Tempest

Se restringiamo l’osservazione alla sola Italia dobbiamo tener conto del pregresso storico per cui, nonostante la massiccia integrazione economica nella UE, nonostante le aperture economiche alla Russia e alla Cina, in un campo specifico l’alleanza con Usa e Gran Bretagna sembra inossidabile ed è nell’industria delle armi. L’asse franco-tedesco nonostante vari tentativi non è mai riuscito a coinvolgere i partner italiani in progetti militari di grande successo, se non c’era di mezzo il Regno Unito o gli Stati Uniti (nota 8).

Questo apre una serie di interrogativi. Come influirà la guerra in Ucraina sull’asse franco tedesco e sull’ipotesi di difesa Europea? L’Italia diventerà junior partner della Francia? E quale sarà il ruolo della Gran Bretagna? Mosca cocchiera per gli Usa in Europa o giocatrice in proprio?

È in questi ragionamenti che si deve collocare la vicenda del Tempest, il jet supersonico di sesta generazione destinato a sostituire l’attuale Eurofighter Typhoon

Il programma di costruzione di questo velivolo di sesta generazione venne lanciato dal Regno Unito nel luglio 2018. Nel 2019 vi aderirono Svezia e Italia. L’8 dicembre 2022, a sorpresa è entrato nel progetto il Giappone mentre la Svezia si è ritirata.

Il Giappone dà al progetto, detto GCAP (Global Combat Air Programme), solide garanzie economiche e finanziarie, oltre ovviamente alle sue precedenti sperimentazioni (il modello F-X, della Mitsubishi), mentre il Regno Unito apporta la competenza tecnologica e le capacità industriali (principalmente BAE Systems), l’Italia collabora con Leonardo.

La notizia produce scalpore perché è la prima volta che il Giappone partecipa ad un programma di sviluppo militare senza gli Stati Uniti. Una svolta epocale.  L’Istituto Affari Internazionale commenta che il Tempest “cambia gli equilibri globali”. Un giudizio forse azzardato perché il nuovo aereo da combattimento sarà operativo solo nel 2035 e comunque altri fattori influiranno.

Però è vero che gli Usa perdono nello scenario indo pacifico un partner di peso e il Giappone rivendica una autonomia inedita sul piano industrial militare, sembra per aver verificato l’indisponibilità Usa a condividere nuove tecnologie.

La Gran Bretagna grazie all’alleanza col Giappone realizza le sue ambizioni di penetrazione in Asia, evidenziate già con la Brexit e con l’Integrated Review (nota 9).

Infine, l’Italia, con il gruppo Leonardo, “si aggancia” a questo processo (il fatto che l’accordo sia stato comunicato dalla presidenza del Consiglio dei ministri, ne sottolinea l’importanza strategica per il governo), pur non avendo per ora stanziato risorse.

Rispetto al 2018 il Tempest non è più un progetto europeo, ma “globale” e aperto a nuovi partner. Anzi entra in competizione con il consorzio europeo FCAS (Future Combat Air System), sostenuto da Francia Germania e Spagna, che ha in progetto di costruire un “caccia multiruolo di VI generazione, anch’esso a pilotaggio remoto e con nuovi sistema d’arma e di comunicazione”. Operatività prevista nel 2040.  Secondo gli esperti, non ci sarà mercato per entrambi i velivoli, sia per i costi proibitivi che per la necessità strategica di riservarsi le tecnologie più avanzate. 

I leader dei tre paesi coinvolti (Meloni, Sunak e Koshida) esaltano l’accordo che darebbe sicurezza alle nuove generazioni, creerebbe posti di lavoro nell’aerospaziale e stimolerebbe l’economia negli anni futuri.  Dei costi che verranno sostenuti per produrli, che ricadranno principalmente sui lavoratori, non si fa ovviamente parola.

Quello che in realtà si offre ai lavoratori oggi sono salari taglieggiati dall’inflazione, leggi antisciopero, contratti sempre più precari. E ai loro figli e nipoti armi che faranno stragi sempre più ampie (nota 10).


NOTE

Nota 1) https://www.affarinternazionali.it/vertice-ramstein-aiuti-militari-ucraina/
A proposito dei missili Aster, che sono di fabbricazione italo-francese, unici per capacità operative in Europa, montabili su aerei, navi e tank, i due Ministeri della Difesa si sono accordati per realizzarne 700 entro il 2035. La commessa è rivolta a EUROSAM, un gruppo cui partecipano la francese Thales più MBDA Francia e MBDA Italia, le due branche nazionali del consorzio europeo costruttore di missili e tecnologie per la difesa. L’ipotesi è di coinvolgere in questa operazione, definita strategica, anche il Regno Unito, che tramite Bae Systems è presente in MBDA e che dal 2000 acquista gli Aster nelle varie versioni. Ogni missile Aster costa 2 milioni di €

Nota 2) ad es. l’Italia ha fornito assieme a semoventi da 155mm Pzh-2000 e M109, cingolati M113, veicoli 4×4 Lince, missili anticarro Milan, mitragliatrici MG e M2, mortai da 120 mm, mortai italiani da 120 mm risalenti agli anni ’60 con sistemi di puntamento addirittura del 1947

Nota 3) ad es. per l’Italia le diverse missioni di peacekeeping, all’estero hanno fatto privilegiare la parte leggera dell’equipaggiamento militare: armi individuali, mezzi non pesanti abbandonando un po’ le caratteristiche di un esercito convenzionale

Nota 4) in Afghanistan gli Stati Uniti sparavano 300 colpi di cannone al massimo ogni giorno, nella guerra in Ucraina si sparano 5mila con delle punte di 20mila colpi al giorno. (AD 20 dicembre 2022 “La guerra logora chi non la fa”). Inoltre, ora gli Usa riescono a produrre 15 mila proiettili da 155 mm al mese, quantità che in Ucraina si consumano in 2-3 giorni e da parte russa in 6 ore. Il think-tank britannico Royal United Services Institute informa che le intere scorte di proiettili nel Regno Unito in novembre 2022 bastavano per una settimana di guerra in Ucraina. Non solo ma la massa di quasi 7 mila armi anticarro NLAW, oltre un centinaio di veicoli blindati, semoventi antiaerei Stormer con missili Starstreak, diverse decine di obici M109 e cannoni trainati L119, lanciarazzi campali MLRS M270, oltre 16 mila proiettili d’artiglieria, missili Brimstone e 4,5 tonnellate di esplosivi al plastico, fornita dal Regno Unito dall’inizio della guerra è ormai usurato o distrutto.

Nota 5) Col blocco russo il prezzo dell’acciaio è quintuplicato, mentre l’alluminio (prodotto da Russia e Cina) triplicato

Nota 6) un aumento degli ordini: Leonardo ha registrato un più 26 per cento; Rheinmetall indica un aumento degli ordini ancora da evadere del 32 per cento, mentre Airbus ha visto un incremento fra il 6 e il 21 per cento a seconda del segmento di prodotti.

Nota 7) cfr Formiche  30 giugno 2023 “La marina alla prova dell’underwater”:
D’altronde il giornalista investigativo americano (Premio Pulitzer) Seymour Hersh ha di recente confermato che la distruzione dei gasdotti sottomarini Nord Stream nel Mar Baltico è stata un’operazione segreta ordinata dalla Casa Bianca e portata avanti dalla CIA  https://www.analisidifesa.it/2023/02/rivelazioni-giornalistiche-attribuiscono-agli-stati-uniti-lattacco-ai-gasdotti-nord-stream/

Nota 8  Così è stato per l’F35 in cui  Regno Unito.  Italia e Giappone  avevano collaborato ma con  capofila  gli Usa. E la costruzione dell’Eurofighter aveva visto la Germania e il Regno Unito come capofila, cui si aggiunsero Italia e Francia; quest’ultima fu poi sostituta dalla Spagna

Nota 9) l’Integrated Review of Security, Defence, Development and Foreign Policy è stata varata da Johnsonn nel 1921 per definire il ruolo globale del Regno Unito nel mondo dopo l’uscita dalla Unione Europea.

Nota 10) The Guardian 9 dicembre 2022
https://formiche.net/2022/12/tempest-tre-significati-geopolitici/