“FERTILITY DAY” DI UNA SOCIETÀ MORTIFERA

Abbiamo di recente assistito in Italia alla farsa del “Fertility Day” inscenata dal ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, per affrontare il problema della denatalità degli italiani, una crisi demografica che mette a rischio la riproduzione della forza lavoro e la sua riserva che i capitalisti vogliono sfruttare possibilmente al prezzo più basso. Se gli immigrati non provvedono …

La risposta delle giovani coppie italiane alla provocazione del governo Renzi non è mancata. «L’iniziativa del Ministero della Salute ha messo in luce l’ipocrisia di un governo che col sorriso accattivante e una clessidra in mano ci ammonisce a fare figli e a farli presto, ma non costruisce risposte ai problemi veri, anzi strappa via riforma dopo riforma le condizioni necessarie per scegliere se essere genitori», dichiara la Rete della conoscenza, costituita dalla Unione degli Studenti e dal Coordinamento Universitario LINK.

Dateci le condizioni per procreare e lo faremo. Dateci un posto di lavoro, un salario decente, e una casa con un affitto sostenibile, asili nido in numero sufficiente e a costi ridotti, dicono. La sollecitudine del governo della borghesia italiana non arriva a tanto. Si arresta sulla soglia del problema, dopo la commedia rappresentata dalle parole d’ordine lanciate e dai manifesti a riguardo.

La cura che la società capitalistica nel suo insieme presta alla principale risorsa del genere umano, la scommessa del suo futuro, i bambini, è misurata dai seguenti dati.

Nel mondo ci sono 570 milioni di bambini che vivono in condizioni di estrema povertà, 750 milioni di minori patiscono deprivazioni di vario genere, e 950 milioni sono a rischio di cadere in povertà. Cifre ufficiali che, secondo Save the Children,[1] sono molto inferiori alla realtà. Questo dramma non riguarda solo i paesi a basso reddito. Circa il 73% dei poveri vive nei paesi a reddito medio, e anche nei paesi più ricchi ci sono ampie quote di minori deprivati: alimentazione e abitazioni inadeguate, maggior rischio di ammalarsi, di non riuscire a completare la scuola primaria – per non parlare della difficoltà/impossibilità di accedere all’università – e, da adulto, la quasi certezza di riuscire ad ottenere solo una posizione lavorativa poco qualificata, con un salario inferiore rispetto alla media. Il che innesca un circolo vizioso.

Nei paesi OCSE la povertà relativa riguarda 30 milioni di bambini, il 27% dei bambini della UE è a rischio di povertà. Quattro anni di crisi economica (2008-2012) ha fatto salire il loro numero di un milione complessivo, nei 28 paesi UE e in Svizzera, Norvegia e Islanda.

In Italia ci sono più di un milione di bambini in estrema povertà, mentre rischiano povertà ed esclusione sociale il 34% dei minori. Dall’inizio della crisi economica è raddoppiato il numero dei bambini che ha sofferto di una alimentazione povera.

Anche nella ricca Germania ci sono minorenni poveri.[2] Nel 2015 erano due milioni, la loro percentuale è aumentata dello 0,4% dal 2011, giungendo complessivamente al 14,7%, ma nei Land Orientali, pur calata del 2% del 2001, rimane al 21,6%, mentre in quelli occidentali è salita dal 12,4% del 2011 all’attuale 13,2%.

Nella capitale, Berlino la percentuale dei minori poveri raggiunge quasi 1/3 del totale; a Bremerhaven il tasso più alto, 40,5%. Gelsenkirchen, con il 38,5% la seconda città con il maggior tasso di povertà infantile si trova nella ricca Ruhr, come pure Essen con il 32,6%; Dortmund 30,3% e Duisburg 30%. È evidente che nel capitalismo i due poli di ricchezza e povertà sono complementari.

La povertà dei bambini è il risultato di una politica deliberata di redistribuzione della ricchezza sociale verso l’alto, una scelta politica che ha visto complici sia la Linke che i Verdi. La legislazione Hartz e Agenda 2010 – varate 14 anni fa dal governo SPD/Verdi di Gerhard Schröder e del vice-cancelliere Joschka Fischer con il pieno appoggio dei sindacati – diede il via ai più violenti attacchi sociali della Germania dalla Seconda Guerra Mondiale.

Nel 2014 negli Stati Uniti 15 milioni di minori, pari al 21% del totale, vivevano in famiglie sotto la soglia di povertà, come definita dai parametri del governo federale, un livello però che è stato dimostrato essere la metà di quanto necessario per rispondere ai bisogni fondamentali. Secondo questa ultima valutazione il numero dei minori che vive in famiglie a basso reddito sale al 44%.

Quasi il 40% dei bambini americani ha vissuto in povertà almeno per un anno prima dei 18 anni,[3] i bambini neri sono quelli maggiormente a rischio, sarebbero circa i ¾ del totale, contro il 30% dei bambini bianchi. Un bambino americano su 10 è considerato “povero persistente”, cioè per almeno metà della sua vita di minorenne vive sotto la soglia di povertà.

Il dramma dei bambini non si limita alla condizione di povertà

Guerra, fuga dai conflitti armati e dalla miseria del paese di provenienza sono altri capitoli del medesimo disastro.

Un rapporto 2016 di Unicef Germania informa che circa 250 milioni di ragazzi e ragazze stanno crescendo in aree di guerra, dove nel solo 2015 sono nati 16 milioni di bambini. Una condizione che non può non incidere sul loro sviluppo psicologico, cognitivo, e fisico.

Si calcola che nel mondo circa 75 milioni di bambini e adolescenti, tra i 3 e i 18 anni, possono frequentare l’asilo o la scuola solo in modo irregolare. In media, ogni giorno 4 scuole o ospedali sono colpiti da attacchi armati, 164 attacchi a scuole in Afghanistan nel 2014; 67 attacchi in Iraq. Le immagini delle inaudite violenze sulla popolazione e sui bambini in Siria, con mutilazioni e uccisioni ci raggiungono quasi quotidianamente. Unicef parla di 1500 gravi violazioni dei diritti dei bambini nel solo 2015, che per il 60% dei casi hanno significato per essi la morte o una mutilazione a causa delle bombe lanciate in aree densamente popolate. Un terzo dei bambini uccisi stava andando a scuola.

I rifugiati

La “fortezza Europa” con le barriere poste ai suoi confini e con l’accordo con la Turchia, ha spinto i profughi a cercare altre vie per fuggire alle guerre, o alla fame, con maggiori rischi e costi ancora più elevati. Il traffico e la tratta di esseri umani è calcolato in circa 5-6 miliardi di dollari l’anno. Un giro d’affari che sarebbe rimasto invariato anche a fronte di una riduzione del numero di profughi disposti ad affrontare i maggiori rischi, perché i trafficanti hanno triplicato i prezzi, fino a 3000 € per ogni tappa. Tra i profughi sono aumentati i minorenni, non accompagnati, dato che le famiglie investono quanto possono sui figli, calcolando che la legislazione europea sia più clemente nei loro confronti. Però l’investimento spesso non basta e i bambini in fuga contraggono così un debito che devono pagare sottomettendosi allo sfruttamento di ogni genere da parte dei contrabbandieri di uomini.

Si calcola che dal gennaio 2015 circa mezzo milione di profughi minorenni, spinti dalla disperazione nella loro odissea, si siano rivolti a organizzazioni criminali pronte a sfruttarne la vulnerabilità utilizzando le rotte del traffico di droga e armi per i loro trasferimenti. Più di 580mila minori hanno chiesto asilo in Europa.[4]

Schiavi e lavoratori bambini

Oggi più di un quarto degli schiavi nel mondo è costituito da bambini, sarebbero 5,5 milioni secondo ILO. Essi sono costretti a prostituirsi, a svolgere lavori domestici, o a compiere lavori dannosi dal punto di vista mentale, fisico o morale. Diversi i settori in cui vengono occupati: dall’agricoltura all’edilizia, alle miniere, alla ristorazione, e anche come soldati nei conflitti armati. Questi ultimi sarebbero 300mila, secondo Unicef. Il lavoro minorile (dai 5 ai 17 anni) è diminuito di un terzo dal 2000, secondo ILO, ma il loro numero rimane di ben 168 milioni. Il 5% di questi piccoli operai svolgono lavori pericolosi, devono cioè usare macchinari pericolosi, o sono esposti a sostanze tossiche.

Le agenzie dei vari governi nazionali, dell’Onu e quant’altro si affannano a denunciare le sofferenze dei minori, vantando interventi e risorse mirati alla loro eliminazione. In realtà sono mere manifestazioni di una profonda ipocrisia del sistema sociale capitalistico.

Siamo in una società che dimostra ogni giorno di più di essere nemica dell’umanità. Ad ogni passo del suo sviluppo, nel nome del” progresso”, della “democrazia”, della “giustizia” e di una miriade di supposti principi umanitari essa sviluppa enormi e profonde contraddizioni sociali, distrugge in modo forsennato risorse naturali e vite umane al solo scopo di estrarre un profitto, che reinvestito permetta l’espansione in ogni angolo del pianeta e con essa la sopravvivenza del capitale.

Le diseguaglianze sociali, la povertà di ampie percentuali della popolazione, e in particolare quella dei bambini, la schiavitù minorile, le vittime dei conflitti, sono tragedie che gli apologeti del capitalismo considerano sostanzialmente “danni collaterali”, magari esecrabili, del suo processo di sviluppo, una specie di “sacrificio” al “dio capitale” che sanerà infine tutti i mali del mondo.

Noi comunisti non la pensiamo così, e per noi la risposta è l’abbattimento di questo sistema dalle sue radici.

[1] Rapporto “Povertà minorile nel mondo” in occasione del World Economic Forum di Davos, 20 genn. 2016

[2] Vengono considerati poveri i bambini i cui genitori dipendono dal welfare e dai sussidi Hartz IV.

[3] Secondo uno studio di Urban Institute

[4] Unicef, 2.09.’16