Grecia – FINE DELLE ILLUSIONI?

Il 12 novembre centinaia di migliaia di greci hanno espresso con forza la loro protesta con uno sciopero generale di 24 ore contro le nuove misure di austerità che il governo intende attuare per accedere al terzo “piano di salvataggio” dei finanziamenti dei creditori internazionali (per complessivi €86MD).

Chiusi uffici e servizi pubblici, interrotto il trasporto pubblico in tutto il paese; i traghetti sono rimasti all’ancora nei porti, chiusi musei e siti archeologici, farmacie, ambulatori medici; gli ospedali hanno operato con personale ridotto, cancellati i voli interni.

Ad Atene hanno partecipato alle proteste in 20 000, in tre diverse manifestazioni, una organizzata dai due maggiori sindacati di lavoratori, una dal partito comunista stalinista, e la terza composta soprattutto da studenti e da gruppi della sinistra. C’è stato uno scontro tra un gruppo di giovani e la polizia che ha lanciato bombe lacrimogene e fatto sorvolare la città da elicotteri.

Le motivazioni della lotta in corso – nel quadro di previsioni della Commissione UE di un calo dell’economia greca dell’1,4% per l’anno in corso e dell’1,3% per il prossimo – sono l’ulteriore peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. Nuovi tagli alle pensioni, aumento dell’età pensionabile, aumenti delle imposte, e tagli alla spesa statale in cambio della prima tranche di “aiuti” dei creditori internazionali: 2 miliardi di € per il bilancio statale e 10 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche. Le stesse motivazioni che avevano contrassegnato altri scioperi generali precedenti alla salita al potere di Tsipras, scioperi che hanno purtroppo visto una fase di stallo per le illusioni seminate tra i lavoratori dal governo pseudo-amico.

Il timore che la “pace sociale” sia messa a rischio è probabilmente la causa della frattura emersa in modo eclatante in Syriza con l’appello lanciato questa settimana dal ministero per la politica sul lavoro ad una partecipazione di massa allo sciopero generale e alle manifestazioni programmate ad Atene e nelle maggiori città. Un tentativo di mantenere in vita il governo cavalcando le lotte che sembrano preannunciarsi, in particolare sulla revoca delle agevolazioni fiscali per gli agricoltori e sulla questione dei mutui ipotecari in sofferenza, contratti per il 39% da centinaia di migliaia di famiglie con redditi medio-bassi, che rischiano ora di perdere la casa.

I creditori condizionano i 2 MD di € per le casse statali alla risoluzione della questione mutui ipotecari; il governo greco cerca di utilizzare la leva della cooperazione per la crisi immigrati per strappare dilazionamenti (parla di rate scontate per 15 anni). Dice: non può cacciare i greci dalle loro case e contemporaneamente spendere denaro per dare un rifugio ai profughi. In realtà i soldi potrebbe trovarli. Basterebbe far pagare le tasse agli armatori o alla chiesa ortodossa, il più grande proprietario immobiliare.

Ma quello del 12 novembre è il primo sciopero generale contro il governo di Tsipras che, tornato al potere nelle elezioni anticipate di settembre, aveva promesso di alleggerire l’impatto delle nuove misure sulle fasce più povere della popolazione. Per questo esso assume un chiaro significato politico. E speriamo preannunci la fine delle illusioni da parte dei lavoratori che un governo borghese si preoccupi delle loro condizioni di vita, se non sotto la pressione della lotta di classe.