Francia, la fallita “assimilazione” tra pelle e classe

Per capire quello che sta succedendo oggi in Francia non basta fermarsi alla causa occasionale, l’uccisione (l’ennesima) di un giovane maghrebino da parte di una polizia razzista e dal grilletto facile. Le ricorrenti esplosioni delle banlieue, a Parigi e nelle città di discrete dimensioni, sono il risultato di un accumulo di tensioni che hanno cause profonde. Queste banlieue sono prevalentemente abitate da immigrati o da autoctoni con un livello medio basso di reddito, spesso disoccupati o con lavori precari.

E’ probabilmente vero che più che l’oggettiva situazione economica a fare da miccia sia oggi l’aumento delle diseguaglianze o il peggioramento rispetto agli anni precedenti. Se si guarda il tasso di inflazione degli ultimi 18 mesi si nota come esso oscilli intorno a 6 punti percentuali (con una punta del 14,3% per i generi alimentari). Un andamento analogo a quello italiano, ma più contenuto. Tuttavia l’aumento sui beni alimentari pesa principalmente sui redditi bassi (nota 1). Quindi se Nahel è caduto vittima della formazione razzista e xenofoba della polizia, i giovani in rivolta, sia bianchi che eredi di immigrati vedono crescere l’incertezza per il futuro e guardano con frustrazione all’inamovibilità dei privilegi.

Nel rapporto 2023 sulle diseguaglianze si sottolinea come nel 2023 il tasso di occupazione è nettamente aumentato sul 2015, ma i salariati che devono usare la macchina o abitano in case vecchie “energivore” lamentano un peggioramento netto dei redditi. Operai e impiegati, inoltre, prevedono un’ondata di tagli sui posti a bassa qualificazione. Lifegate informa che il 5% più ricco dei francesi maschi ha 13 anni di “vantaggio” nella speranza di vita sul 5% più povero; per le donne lo scarto è di 8 anni. Un dato che sintetizza una enorme diversità nelle condizioni di vita e di lavoro tra borghesi e lavoratori poveri. Il covid si è diffuso soprattutto negli affollati quartieri periferici e il cancro miete più vittime fra le persone a basso reddito.

Quindi lo scollamento sempre maggiore con le politiche del governo, il malcontento ha toccato sì gli immigrati ma anche i cosiddetti “bianchi poveri”.

E’ ancora valida una lettura del sollevamento delle banlieues come una specificità etnico razziale? Indubbiamente le banlieues per la loro storia e la concentrazione di frustrazione sociale sono bombe ad orologeria, la dimostrazione più evidente del fallimento della politica di assimilazione tentata dai governi ad esempio all’epoca Mitterand. Anzi anche l’elemento che poteva avvantaggiare questa assimilazione e cioè che la maggior parte dei migranti degli ultimi vent’anni sono francofoni non risolve il problema della mancata assimilazione. Provenienti in gran numero da pochi paesi, concentrati in aree periferiche delle città in comunità spesso etnicamente omogenee (vedi l’articolo su Nanterre), hanno formato comunità immigrate ad alta densità territoriale, in cui è radicata la consapevolezza di essere “cittadini di serie B” e il rancore che ne deriva, nuovamente esploso nelle sommosse seguite all’uccisione di Nahel. Qui sui sentimenti di rivolta hanno fatto proseliti le organizzazioni islamiche come al Qaeda e ISIS, piuttosto che organizzazioni che si richiamano al marxismo rivoluzionario e alla lotta contro il capitalismo, come dimostrano gli episodi di Charlie Ebdo e del Bataclan. In Italia queste esplosioni di masse urbane non sono finora avvenute, non per una più efficace azione dei governi o per una migliore situazione sociale degli immigrati, ma per la minore concentrazione territoriale ed etnica degli immigrati, dispersi tra 106 nazionalità di quattro continenti, con le lingue e il background più disparati, per cui è più difficile raggiungere livelli ‘esplosivi’ di concentrazione e la formazione di reti omogenee.

Una recente ricerca statistica riferita al 2020 (nota 2) ci dà un quadro interessante degli effetti di una immigrazione di lungo periodo in Francia. Si parte dall’assunto di considerare le persone di origine straniera, indipendentemente dallo status giuridico (cittadini francesi, permesso di lungo periodo ecc.).

Vengono quindi individuate nelle persone che hanno una ascendenza straniera, tre generazioni, non tanto riguardo all’epoca in cui sono arrivati, quanto alla presenza del loro nucleo familiare da più o meno tempo. La prima generazione è quella che nel 2020 vive in Francia, ma è nata all’estero (si stima pesi per circa il 9% della popolazione totale della Francia); la seconda è nata in Francia ma da almeno un genitore nato all’estero (circa il 13% della popolazione), la terza generazione nasce da almeno un genitore straniero ma nato in Francia e può avere da 1 a 4 nonni di origine straniera (10% circa della popolazione).

Queste 3 generazioni nel 2020 sono presenti nelle varie fasce d’età come risultato dell’andamento storico.

Come è logico i minori sono principalmente di 2° e 3° generazione, si tratta di nascite o ricongiungimenti. Dopo i 60 anni c’è un calo del peso degli immigrati di 1° e 2° generazione legato al ritorno in patria di una quota di pensionati.

Dal punto di vista storico i primi ad arrivare sono stati italiani e spagnoli, seguiti da maghrebini e portoghesi e infine asiatici e neri sub sahariani.

Per questo nella fascia 18-59 anni abbiamo il 53% di provenienti dall’Africa (34% dal Maghreb e il 19% proveniente dall’area subsahariana); al contrario dopo i 60 anni prevalgono col 51% gli europei (il 34% dalle sole Italia, Spagna Portogallo).

Prima dei 18 anni prevale la 2° generazione formata principalmente da non europei (83%) e da ben il 65% di provenienti dall’Africa.

Quindi possiamo dire che almeno un terzo degli abitanti della Francia ha almeno un nonno o un genitore di origine straniera (nota 3).

L’interesse degli analisti politici va alla cosiddetta seconda generazione. Infatti tutta la letteratura sulle generazioni ci dice che la prima generazione arriva disposta al sacrificio, cioè al molto lavoro e ai bassi salari, ma in cambio si aspetta per i figli buona istruzione e un futuro migliore di quello dei padri. In particolare questo è vero per asiatici e maghrebini. E’ quando queste speranze vengono disattese che nei figli la disillusione può tramutarsi appunto in frustrazione e senso di estraniamento.

Questo fenomeno si evidenzia confrontando le modalità di scolarizzazione con i suoi effetti sul mondo del lavoro.

La scolarizzazione

Gli anni fra 1985-95 sono quelli della “democratizzazione scolastica” con la possibilità per i ragazzi provenienti da famiglie povere o immigrate di raggiungere il bac, cioè l’equivalente all’incirca del nostro diploma o maturità. Una serie di studi dimostra che in questo periodo la discriminazione sociale non passa più dall’escludere questi ragazzi dalla scuola superiore, ma avviene dirottandoli verso le filiere della scuola media superiore meno prestigiose, indipendentemente dalle capacità o dalle aspirazioni (nota 4). Notoriamente lo stesso avviene in Italia ancor oggi: mediamente ai ragazzi stranieri molto bravi si consiglia l’Istituto professionale.

Le famiglie di immigrati francesi che credevano nella scuola come “ascensore sociale” hanno vissuto il fatto che i loro figli fossero automaticamente indirizzati nelle filiere professionali come una ingiustizia e una discriminazione etnico-razziale.

Il governo del resto considerava un fatto oggettivo che gli stranieri avessero risultati peggiori al bac. Una seconda ricerca relativa al periodo 2007-2016 (nota 5), riporta che nel 2014 il tasso di raggiungimento del bac era del 76% per i ragazzi figli di genitori nati in Francia, il 64% per i figli dei maghrebini, il 61% per i genitori nati in Africa subsahariana e l’88% dei ragazzi con genitori asiatici. Quindi la ricetta non valeva per i vietnamiti o per i coreani (del resto minoritari), ma “i musulmani” restavano indietro “oggettivamente”. Questo scrivevano i giornali.

Invece no, se si vuole andare oltre. I ricercatori dimostrarono che se si confrontano i dati dei ragazzi con genitori nati in Africa con quelli di ragazzi francesi di condizione sociale equivalente, si scopre che i risultati dei secondi sono peggiori. Quindi a pesare non era l’appartenenza etnico geografica, ma l’estrazione sociale. Dai colloqui diretti con i ragazzi si evinceva che i genitori francesi a basso reddito non avevano fiducia nell’utilità del titolo di studio per ottenere un buon lavoro in un contesto dominato dalle ineguaglianze, mentre le aspettative dei genitori stranieri erano grandi, per cui premevano sui figli perché si impegnassero molto a scuola, credendo nel meccanismo della meritocrazia. (nota 4)

E’ stato il meccanismo del mercato del lavoro a disilluderli. E qui pesa non solo avere ascendenze straniere, ma quali.

Una interessante statistica che rielaborava i dati Insee 2005 prese in considerazione i lavoratori fra i 18 e i 45 anni distinguendoli in A) francesi doc , B) 2° generazione di immigrati italiani, spagnoli, portoghesi) C) idem turchi, D) idem da Algeria, Tunisia, Marocco. Fatti 100 i membri di ciascun gruppo, si registrava il tasso di occupazione, disoccupazione, inattività (nota 5). Ne usciva una tabella di questo tipo:

La tabella ci dà anche interessanti dati sul gender gap, su cui sarà interessante tornare in un’altra occasione. Per giustificare la tabella (si era nel 2009) si accampò esclusivamente la motivazione che le seconde generazioni ereditavano le difficoltà culturali dei padri, escludendo a priori cause come il colore della pelle o l’appartenenza a certe comunità, per non parlare dell’eventuale razzismo dei datori di lavoro (nota 6). La situazione non è di fatto cambiata nel decennio successivo.

Nel 2015 il ministro del lavoro francese, Myriam El Khomri commissionò una specifica ricerca: vennero mandati 3 mila curricula a 140 aziende con più di mille dipendenti. I campioni prevedevano candidati identici per sesso età, titolo di studio, residenza, ma la metà erano firmati con nomi maghrebini. Nel migliore dei casi nelle risposte aziendali il 10% dei maghrebini era discriminato, ma si arrivava anche al 35% (nota 7).

Ancor oggi per i giovani di ascendenza maghrebina c’è un tasso di presenza maggiore nei lavori precari (+ 8%) e nel part time (+ 3%) rispetto ai giovani di origine francese.

E’ una forte responsabilità della maggior parte dei sindacati francesi e delle élite politiche “di sinistra” il non essersi posto questo come un loro problema. Fra il 1980 fino almeno al 2000 l’immigrato, in particolare quello di origine africana (maghrebino o nero che fosse) doveva essere uno stabile esercito di riserva, a basso salario, operaio comune. Naturalmente anche una quota di immigrati europei e di poveri bianchi francesi ebbe lo stesso destino, ma in percentuale minore.

Nel frattempo, scomparse le bidonville e via via anche le cité de transit (cfr https://www.combat-coc.org/nanterre-archetipo-delle-banlieues/), restarono le banlieue, sempre più degradate perché il nuovo taglio della politica francese riduceva via via la quota destinata ai servizi sociali (comunque sempre superiore a quella italiana). Riassume un sociologo: “Gli assistenti sociali, come gli insegnanti, effettivamente di sinistra si trovano in una situazione drammatica perché sottoposti a controlli e a fare da ausiliari della polizia, alla “misura” della loro produttività che ovviamente consiste nella quantità di persone radiate dagli assegni di disoccupazione o di povertà ecc.” . Il “socialista” Hollande con il suo degno compare Valls ha ulteriormente alimentato nella sua polizia lo sciovinismo razzista, condito di sadismo già abbondantemente presente da decenni (nota 8). Macron ha fatto il resto. Con lui anche i bianchi sono stati pestati e feriti. Naturalmente non quelli delle classi alte, ma quelli che lavorano per vivere.

Per questo ribadiamo che solo unendo politicamente i suoi “reparti” oggi divisi il proletariato può vincere alcune delle sue battaglie difensive, come quella delle pensioni, e guardare al futuro da protagonista e non da vittima.


NOTE:

1) https://it.tradingeconomics.com/france/inflation-cpi

2) https://ec.europa.eu/eurostat/databrowser/view/tessi190/default/table

3) La ricerca dà anche il tasso di popolazione mista, frutto di matrimoni fra francesi e stranieri e fra stranieri fra loro, ma qui tralasciamo di considerare questo fenomeno.

4) https://shs.hal.science/halshs-02426359/document e anche https://www.inegalites.fr/Pourquoi-les-enfants-d-immigres-reussissent-mieux-a-l-ecole-que-les-autres

5) https://www.neodemos.info/2009/04/22/le-seconde-generazioni-e-la-crisi-del-modello-assimilazionista-francese/

6) Per la cronaca nel 1999 fatti 100 gli immigrati di 2° generazione il gruppo B pesava per il 45,9%, il gruppo C per il 3,4% e il gruppo D per il 27,5.

7) https://www.italiaoggi.it/news/col-nome-magrebino-le-imprese-francesi-non-ti-assumono-2139538

8) Famigerato il caso “Theo” il giovane nero sodomizzato con un manganello dalla polizia nel 2017. Hollande ribatté che la sua polizia “proteggeva lo stato di diritto”!

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