I ministri del governo Bolsonaro, un museo degli orrori

A integrazione dell’articolo “Brasile, 1° gennaio 2019” ricostruiamo la composizione del governo Bolsonaro, con i suoi principali ministeri.

La figura di Bolsonaro ha permesso alla grande borghesia di posizionarsi direttamente nei ranghi più elevati del potere: il Brasile è oggi in mano ad un governo di latifondisti e impresari della filiera agroalimentare, di grandi imprenditori e magnati, di uomini legati al potere finanziario, di militari torturatori.

Bolsonaro ha sfondato nella popolazione grazie alla sua principale parola d’ordine: non più corruzione. Poco importa che di questo reato sia accusata buona parte dei ministri e segretari nominati, compresi il presidente e suo figlio (6).

Il presidente ha operato un rimaneggiamento strutturale del governo e dei suoi rapporti con il parlamento: sono stati eliminati o accorpati ministeri e introdotte nuove figure istituzionali con competenze trasversali ad essi.

Il Ministero del Lavoro è stato eliminato. Le sue funzioni sono state distribuite tra il Ministero dell’Economia (per questioni legate ai sussidi di disoccupazione, TFR e altri contributi ai lavoratori), della Giustizia (per la registrazione dei sindacati e le condizioni di lavoro) e del Ministero della Cittadinanza (per la formazione professionale). Evidentemente è stato considerato un ministero inutile, data l’impronta reazionaria con cui si intende trattare il mercato del lavoro, le problematiche occupazionali e i diritti dei lavoratori. Il mercato della forza-lavoro sarà liberalizzato, legalizzando ogni forma di sfruttamento, di flessibilità e precarietà fino al grado di lavoro schiavistico. Saranno abolite conquiste e tutele, come quelle per la salute e la sicurezza dei lavoratori, eliminata la 13a, resi ininfluenti i contratti di lavoro così come i sindacati. Il problema della disoccupazione si risolverà creando lavoro senza alcun diritto. Da un presidente che sostiene che in Brasile “è difficile fare il padrone…”, il proletariato dovrà aspettarsi tempi cupi ed affilare le armi della lotta.

Il terreno era stato preparato dalla Riforma del Lavoro di Temer, con cui c’è piena continuità.

Il Ministero dell’Economia, che unirà quello dell’Industria e Commercio, della Pianificazione e delle Aziende Agricole, è affidato a Paulo Guedes, un neoliberista formatosi alla scuola di Chicago che ha chiamato a sé impresari della stessa scuola e della Fondazione Getulio Vargas. Secondo il ministro privatizzare mette al riparo dalla corruzione, ma è prima di tutto la soluzione all’imponenza del debito pubblico. Ha annunciato la maggior ondata di privatizzazioni della storia del Brasile per incassare rapidamente 7 miliardi di R$ e predisposto l’istituzione di una Segreteria Generale della ‘Destatalizzazione e Smobilitazione’. Si parla di 100 imprese statali (su 138), 50 entro l’anno, tra cui Petrobras, la maggiore impresa del paese, ed Eletrobras, la maggiore impresa di energia elettrica dell’America Latina. Ma nell’elenco ci sono anche porti e aeroporti, miniere, strade, ferrovie…

Tra gli obiettivi primari di Guedes ci sono anche la Riforma della previdenza, il più urgente, e la riduzione del salario minimo e dei diritti del lavoro. Guedes si è attorniato di economisti e dirigenti ‘militanti’ della privatizzazione e legati al mondo finanziario statunitense. Li ha posti a capo della BNDES (Banca Nazionale di Sviluppo), del Banco do Brasil, della Caixa Econômica Federal, della Petrobras. Joaquim Levy, ex ministro delle politiche agricole sotto Dilma e fautore di riforme fiscali che colpirono duramente il proletariato, con tagli alla salute, all’educazione, agli assegni di disoccupazione, oggi è a capo della BNDES. Alla Banca Centrale ha posto Roberto Campos Neto, banchiere legato a Santander, che in Brasile ha il monopolio del commercio del debito. Poco dopo che il programma di Guedes è stato reso pubblico, Caixa Econômica Federal ha annunciato un piano di dimissioni volontarie per 1600 dipendenti.

Alla Petrobras è stato nominato l’ex direttore della banca centrale, forte sostenitore della sua privatizzazione. La holding è diventata il simbolo del lavoro precario, con infortuni e morti sul lavoro in continuo aumento ed è recentemente passata alla cronaca per aver sfruttato centinaia lavoratori esternalizzati in condizioni di semischiavitù.

Il governo Bolsonaro batte ogni record in quanto a presenza di militari, con il maggior numero di marescialli, generali ed altri militari dalla fine della dittatura. Assieme alla cricca di giudici e magistrati che hanno costruito l’operazione Lava Jato,(1) sono stati la base di potere necessaria per l’affermazione del presidente, sempre fedele in quanto ex militare ai loro interessi e ai loro piani di espansione politica. L’esercito ha gradualmente intensificato il suo interventismo politico durante la presidenza Temer, troppo debole e screditata per le sue attese. Il comandante dell’Esercito, generale Eduardo Villas Boas, è intervenuto in aprile contro l’habeas corpus di Lula; a settembre si è opposto con fermezza alla candidatura di Lula; a dicembre, in seguito ad un ordine transitorio del giudice del TSF (Tribunale Supremo Federale) Marco Aurélio Mello che ne autorizzava la scarcerazione, si è riunito con l’alto comando dell’esercito per fare pressioni sul TSE (Tribunale Supremo Elettorale) e bloccare la procedura. Cinque sono stati i tentativi dei legali di Lula per farlo uscire di prigione, tutti senza successo.

Alla Sicurezza Istituzionale (il servizio di spionaggio interno) è stato nominato il generale Augusto Heleno, che avrà la sua sede nello stesso palazzo presidenziale, a sottolineare la prossimità decisionale su ogni tema del governo. Fu il primo comandante della missione ONU ad Haiti (Minustah), ricordata per la brutalità della repressione contro la popolazione locale, per le aggressioni, le sparatorie, gli stupri. Dopo Haiti fu comandante in Amazzonia, si oppose ai diritti degli indigeni e alla creazione delle riserve a loro destinate. Heleno difende la mano libera e pesante dell’esercito sulle questioni della sicurezza e la sua totale impunità, come è accaduto nell’intervento nelle periferie di Rio de Janeiro, dove la soluzione trovata è stata la repressione massima possibile. Il generale metterà in pratica un altro punto forte della campagna elettorale: il diritto all’autodifesa e alla sicurezza personale; la violenza sociale sarà neutralizzata distribuendo armi alla popolazione e reintroducendo le leggi sull’ordine pubblico in vigore negli anni della dittatura.

Alla Difesa è stato nominato il Generale Fernando Azevedo e Silva. Fu consulente del presidente del STF Dias Toffoli (8) e anch’egli si fece le ossa ad Haiti.

Al Ministero delle Miniere e dell’Energia l’ammiraglio Bento Costa Lima Leite, militare di alto grado, osservatore ONU a Sarajevo, rappresentante per il Brasile alla Giunta Interamericana della Difesa, braccio armato dell’OEA, nata come testa d’ariete contro Cuba ed oggi con la stessa funzione verso il Venezuela e il Nicaragua.

Il ministero della Giustizia si fonde con quello della Pubblica Sicurezza ed è la merce di scambio tra Bolsonaro e il giudice Sergio Moro, che gli ha spianato la strada del potere. Fu lui ad eliminare Lula dalla competizione elettorale e a invalidare più di un milione di schede elettorali nel Nord-Est (roccaforte PT). Il paladino della lotta alla corruzione, che ha ricevuto questo super-ministero, non ha fatto una piega di fronte ai casi di corruzione interni al suo governo, confermando il carattere tutto politico dell’operazione Lava Jato. Formatosi negli Stati Uniti e tutt’ora frequentatore dei loro salotti buoni, Moro costituirà una Segreteria di Operazioni Integrate a coordinamento delle azioni poliziesche tra stati e federazione, con lo scopo di combattere il crimine organizzato. In realtà questo organismo gli servirà per avere un controllo più stretto sull’apparato di polizia e soprattutto per ottimizzare l’azione penale contro le opposizioni e i movimenti sociali. Moro è favorevole a ridurre l’età a 16 anni come limite della punibilità penale e a costruire più carceri nel paese. Circondatosi di uomini a lui fedeli, si collocherà al centro dell’apparato repressivo del Brasile.

Vicepresidente del Consiglio è Onyx Lorenzoni, reo confesso per aver ricevuto somme di denaro dalla JBS, ma graziato dall’archiviazione del processo e dalla chiusura delle indagini; è legato al COSAN, uno dei maggiori gruppi economici privati dell’industria agroalimentare (zucchero), della logistica, infrastrutture ed energia (gas naturale ed etanolo), che con Shell ha formato il gigante dei combustibili Raízen. Per la sua campagna elettorale ha ricevuto cospicui finanziamenti da latifondisti e dirigenti di imprese che impiegavano il lavoro schiavistico. Legato a Lava Jato, fu relatore alla camera del progetto “Dieci misure per combattere la corruzione”.

Agli Esteri è stato nominato Ernesto Araújo, reazionario medievalista, critico dell’immigrazione e di tutto ciò che segue il 16° secolo, considerato “marxismo culturale”, dai diritti delle donne al riscaldamento globale alla globalizzazione. Grande estimatore di Trump, annullerà il multilateralismo dei governi precedenti per allinearsi alla politica statunitense. Ha già dichiarato l’uscita del Brasile dall’accordo climatico in sede ONU ed ha acconsentito alla dichiarazione di Gerusalemme come capitale di Israele.

Donna, Famiglia e Diritti Umani vanno al pastore evangelico (9) Damares Regina Alves. Militante anti-aborto, indagata per traffico di persone nella ONG che dirige, difende la famiglia tradizionale e il ruolo della donna in casa, il rosa e l’azzurro rigorosamente per i vestiti di bambine e bambini ed altre simili cialtronerie. Si è data la priorità di redigere lo Statuto del Nascituro per affossare il diritto all’aborto senza eccezioni e obbligare lo stupratore al riconoscimento paterno e ai suoi doveri finanziari. Si oppone all’inserimento nei programmi scolastici di tematiche di genere e inerenti la diversità. Il nuovo ministero sarà responsabile della gestione della FUNAI (Fondazione Nazionale dell’Indio), togliendola al ministero della Giustizia. Damares si oppone a qualsiasi demarcazione delle terre indigene e, in linea con gli interessi degli altri rappresentanti ministeriali, promuove l’accaparramento di terre indigene da parte di latifondisti ed industria agroalimentare e l’abolizione delle riserve, per rendere produttive quelle terre ed estrarne le risorse di cui sono ricche. Le popolazioni native sono a suo giudizio comunità barbare, prive di cultura e condannabili in quanto praticano riti tradizionali criminali.

I diritti umani rimarranno sulla carta; alcuni nemmeno sulla carta. Nel paese dove la violenza e gli omicidi contro la popolazione LGBT batte record mondiali (negli ultimi anni le cifre sono in aumento: gli omicidi tra il 2016 e il 2017 sono aumentati del 30%), il governo Bolsonaro nemmeno la degna di menzione nella stesura delle nuove direttive e politiche sui diritti umani contenute nella Misura Provvisoria elaborata all’alba del nuovo mandato.

Il Ministero dell’Agricoltura si fonde con quello dell’Ambiente ed è destinato alla leader della bancada ruralista Tereza Cristina e al suo fronte ufficiale, il Fronte dell’Agribusiness. Fu la redattrice del Progetto di Legge del Veleno, che liberalizza l’uso di agrotossici riconosciuti a livello mondiale dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente e ne promette l’uso estensivo. Amica e sovvenzionata in precedenti elezioni dai fratelli Joesley della JBS, tra le sue prime mosse intende liberare l’industria della conservazione delle carni dalle ispezioni ambientali e concedere l’amnistia ai latifondisti debitori al FunRural (Fondo Previdenziale Agricolo) di 17 miliardi di reais. Sarà lei ad occuparsi delle terre indigene e quilombolas e del Servizio Forestale Brasiliano, responsabile della gestione delle riserve naturali e delle foreste. Bolsonaro era stato chiaro in campagna elettorale: “nemmeno un centimetro quadrato in più agli indios” e per le loro terre ci sarà uno “sfruttamento razionale”.

All’Educazione Ricardo Vélez Rodriguez, professore emerito alla Scuola di Comando e dello Stato Maggiore dell’Esercito, insegnante di religione, è stato il nome imposto dalla bancada evangelica, che voleva un ministro seguace della Scuola Senza Partito. E’ questo un progetto in via di realizzazione volto a censurare ed intimidire gli insegnanti che propagano idee ritenute sovversive o immorali, visionandone i programmi e le lezioni. Si aboliscono alcuni argomenti ‘dannosi’ ai giovani, per poterli meglio preparare ad essere mansueta forza lavoro del futuro. Contrario alla democratizzazione dell’insegnamento universitario, perché diritto per pochi, per il ministro il problema dell’educazione brasiliana e della scuola è l’eccesso di marxismo (“l’immondizia marxista”).

In linea con la Scuola Senza Partito, il sistema scolastico brasiliano si sta avviando verso un’ulteriore grave trasformazione: una militarizzazione e una gestione privatistica in mano all’esercito degli istituti scolastici, che impone il controllo della condotta dei docenti e degli studenti, dei programmi scolastici e presidi militari nelle scuole.

Insegnanti e studenti sono storicamente in Brasile tra i primi a rispondere agli attacchi della borghesia contro i lavoratori; le loro lotte sempre più spesso oltrepassano il corporativismo tipico del sindacalismo riformista. Al progetto Scuola Senza Partito viene contrapposta la Scuola Senza Bavaglio ed un piano di lotte con scioperi e manifestazioni di grande tenacia, spesso risultate vittoriose.

Dall’anno scorso i dipendenti comunali del distretto di S. Paolo sono in perenne mobilitazione contro la Riforma della Previdenza municipale del governatore Doria, che aumenta la contribuzione dall’11 al 14% e istituisce un regime di previdenza complementare gestito dall’impresa Sampaprev. La grande resistenza e autonomia organizzativa e decisionale, la capacità di rilanciare la lotta dopo i brutali attacchi della repressione, ne fanno una delle più significative espressioni di lotta proletaria di questi ultimi tempi.

Luiz Mandetta è ministro della Sanità, deputato DEM nel Mato Grosso do Sul, reazionario e razzista, feroce nemico del progetto “Più Medici” (progetto di medicina di base con medici cubani per raggiungere territori scoperti dal sistema sanitario brasiliano, come le periferie urbane o territori indigeni; è stato subito bloccato da Bolsonaro). E’ stato eletto nel passato grazie al denaro del gigante dei piani privati sanitari, Amil, e indagato per frode in gare di appalto e favoreggiamento. Attaccò i Centri di attenzione psicosociale (CAPS) e li sostituì con centri religiosi.

Al ministero della Scienza e della Tecnologia viene nominato l’astronauta Marcos Pontes, tenente-colonnello della Forza Aerea brasiliana, di osservanze statunitensi, difende la liberalizzazione del porto d’armi, la vendita delle riserve indigene, il carcere per i giovani neri e promuove un programma di investimenti “tecnologici”, necessari ad aumentare la repressione, migliorare il controllo e la persecuzione di attivisti e movimenti sociali. Come Bolsonaro, difende la vendita di Embraer alla Boeing e la base di Alcantara (seconda base di lancio di missili della forza aerea brasiliana) agli USA.

Il suo contributo alla conoscenza e agli studi universitari prevede la sottomissione degli istituti agli interessi imprenditoriali, facilitando l’investimento privato e un orientamento didattico che garantisca un ritorno agli interessati patrocinatori. Anche Pontes è stato indagato per coinvolgimento in attività commerciali, vietato agli ufficiali dal codice militare.

Il Ministero della Cittadinanza e dell’Azione Sociale si unisce a quello dello Sviluppo Sociale, dello Sport e della Cultura e va a Osmar Terra, legato al settore agroalimentare. A capo dell’INSS (Istituto Nazionale di Sicurezza Sociale) nel governo Temer, si ricordano di lui i tagli in varie aree sociali, gli attacchi ai pensionati, agli invalidi e agli infortunati per lavoro o sofferenti di malattie professionali e una politica repressiva verso i consumatori di droga. Gestirà anche la Bolsa Familia, che attualmente raggiunge 13,7 milioni di persone, offrendo un importo in denaro medio di R$178 al mese.

Segretario di Governo è un altro militare: il generale Carlos Alberto dos Santos Cruz, anch’egli con esperienza ad Haiti e nel Congo (Monusco), diresse la Segreteria Nazionale della Pubblica Sicurezza del Ministero della Giustizia nel governo precedente. Sarà il braccio militare delle relazioni con il Parlamento.

Alle Infrastrutture ancora un militare, ingegnere con carriera nell’esercito e un passato nella missione ad Haiti.

Al Turismo Marcelo Alvaro Antônio, nominato dalla bancada evangelica.

Ricardo Salles, del movimento di ultradestra Endireita Brasil, accusato di crimini ambientali, sarà Segretario all’Ambiente, critico dell’IBAMA (Istituto Brasiliano dell’Ambiente e delle Risorse Naturali) e del riscaldamento globale, che considera un “problema secondario”, promuove il disboscamento legale e promette di essere il ministro adatto ad ogni imprenditore agrario. Condannato nel dicembre scorso per cattiva amministrazione (alterò le mappe di aree protette per beneficiare settori imprenditoriali, soprattutto minerari), beneficiò in campagna elettorale di finanziamenti provenienti da più di 100 imprese dell’agroalimentare e da militari.

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  1. La Operação Lava Jato, in italiano Operazione Autolavaggio, è il nome di un’operazione della polizia federale del Brasile avviata il 17 marzo 2014 per portare alla luce un sistema di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobras grazie alla dichiarazioni del pentito Alberto Youssef. L’indagine e il procedimento penale sono lo strumento utilizzato per vendicare gli interessi economici e politici di una frazione borghese dominante nel paese.