ILVA: contro i licenziamenti e la cassa integrazione!

Salario pieno per tutti i lavoratori!
Occupiamo gli stabilimenti!
Generalizziamo la lotta!

Ilva - Slai

Il Gruppo Riva ha deciso di rispondere con la rappresaglia al sequestro preventivo sui beni e conti correnti della famiglia deciso dal GIP di Taranto (sebbene manchino ben 6 miliardi di euro agli 8 che dovrebbero pagare per i danni arrecati e per le bonifiche ambientali).

Ma questo branco di sfruttatori, abituato a scorribande di ogni tipo (export di capitali nei “paradisi fiscali” del mondo, agevolazioni ed arrampicamenti aziendali- vedi Alitalia) e ad appoggi politici e sindacali “bipartisan”, ha comunque deciso di far precipitare la situazione scaricando sui lavoratori i costi della concorrenza nell’acciaio e quelli dei loro “conteziosi” legali.

Prendendo a pretesto la “non operatività economica” che scaturirebbe da l’ultimo sequestro preventivo di 916 milioni di euro, i Riva colpiscono le “attività parallele” alla fabbrica di Taranto, cioè gli stabilimenti dell’ ILVA ACCIAIO, concentrati tutti nel nord Italia, ed esattamente in Piemonte, Lombardia e Veneto.

Vengono così “messi in libertà” (=licenziati in tronco) ben 1.402 lavoratori dei siti di Lesegno (Cuneo, 257 addetti); Caronno Pertusella (Varese, 162 addetti); Annone Brianza (Lecco, 41 addetti) Malegno, Sellero e Cerveno (Brescia, rispettivamente di 65, 232, 137 addetti); Verona (429 addetti). Ferma anche la sede di Milano (80 addetti), Riva Energia e Muzzana Trasporti (servizi aziendali) e pure la Taranto Energia (114 addetti).
Una sventagliata alla cieca su aziende che hanno tra l’altro ordinativi per: 1) mettere i lavoratori gli uni contro gli altri; 2) iniziare ad implementare il piano di Enrico Bondi (l’ex A.D. Ilva diventato Commissario Straordinario) basato su un taglio di 5-6.000 posti in tutto il gruppo Riva; 3) fare pressione su l’ILVA ACCIAIO (che, a differenza di Taranto, non è commissariata) per ottenere una “soluzione politica” all’impasse giudiziaria in cui il gruppo è invischiato.
Come si vede, il caso Berlusconi fa rapidamente scuola.
In questa rappresaglia sono investiti: 964 operai, 291 impiegati, 91 intermedi, 33 quadri, 23 dirigenti…

Le reazioni politiche vedono il governo Letta “preoccupato” per le sorti di un settore strategico come appunto è quello dell’acciaio, e per le ulteriori “ricadute occupazionali” di questi 1.402 licenziamenti (si parla di un “buco” di 10.000 posti di lavoro, tutti concentrati al nord). Per questo, nonostante la “messa in libertà” non implichi l’elargizione della cassa integrazione, il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato ha subito dichiarato che il governo provvederà in tal senso…
A seguire abbiamo avuto tutta la processione di “solidali” coi lavoratori: dal PD, a SeL, al M5S… Chiacchiere insulse.
Solo la Lega, insieme a Federacciai e ad una apparentemente più “dialogante” Confindustria, hanno fatto decisamente “muro” coi Riva e con le “ragioni” delle imprese: “vessate” dalla magistratura e dalle Procure. Maroni, presidente della Lombardia (la regione più colpita dai licenziamenti), chiede un incontro col governo affinché vengano “salvati” i Riva ed i posti di lavoro. Tra l’altro, la proprietà ha dichiarato pure una “sofferenza economica” nel pagamento degli stipendi correnti!

Ed i sindacati?
Il segretario nazionale FIM-CISL Franco Bentivogli è per il “no” alla “messa in libertà” (bontà sua) e per la cassa integrazione a tutti i lavoratori. In attesa di incontri istituzionali “chiarificatori”.
Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL, ci “ri-prova” subito col localismo: davanti ai cancelli dello stabilimento di Cerveno (BS), presidiati dagli operai, intima: “Vogliamo lavorare! Non vogliamo le elemosine del governo! Qui il lavoro c’è!”
La FIOM, a parole, va giù secca: commissariamento di tutto il gruppo Riva. Il PRC, che non ha proprio nulla da perdere, alza di più il tiro: esproprio del gruppo da parte dello Stato.
Queste ultime posizioni, tipiche di una “sinistra” che crede in un “altro capitalismo”, vengono condite con propositi di rielaborazione de l’ “idea di pubblico”, a partire dalla siderurgia; e da una definizione di “piani industriali” da parte di fantomatici “governi amici”…

Noi invece -che siamo per l’abbattimento del capitalismo e non abbiamo “governi amici”- ci rivolgiamo in prima persona ai diretti interessati, ai lavoratori. Cerchiamo di parlare a loro in una maniera che nessuno di questi soggetti sopra citati si sognerà mai di fare.

In primo luogo: il capitalismo, di cui i vostri padroni sono l’espressione più “genuina”, non è in grado, non sarà mai in grado, di “garantirvi” un bel nulla. Non ci sono ripari “aziendali” di fronte ad una crisi che morde le condizioni di milioni di operai come voi, in Italia e nel mondo. Crisi dovuta alla legge del profitto e non alla “carenza di lavoro” od a fantomatiche quanto inevitabili “trasformazioni sociali”, o peggio ancora “esigenze dei mercati”.
Vogliamo continuare ad essere dei “fattori variabili” dei mercati, o cominciare ad essere uomini?

In secondo luogo: vi hanno illuso per troppo tempo che il problema fosse la sciagurata scelta tra “lavoro” o “salute”, oppure che la chiave risolutiva stesse nella “concorrenza” tra di voi, tra dipendenti di questo o quello stabilimento, tra residenti in questa o quella città…Balle grosse come una casa. Il padrone ci sguazza in queste cose: gli servono per indebolirci e dividerci, per premere sui politici ed i governi, e poi alla fine fare i suoi sporchi interessi…Genova contro Taranto, Piombino contro Taranto e contro Genova, l’Ilva Spa contro Ilva Acciaio…per andare dove?

In terzo luogo: voi, prima ancora che dipendenti Ilva, prima ancora che appartenenti al settore siderurgico, siete parte integrante di una classe -quella dei salariati- che ha un’unica arma: la lotta e l’organizzazione. Questi strumenti dovete darveli facendoli maturare dalla vostra diretta esperienza e non “confidare” in nessun governo, partito, sindacato tra quelli che per troppo tempo hanno detto di “fare per voi”. L’unica vostra àncora è la lotta, insieme ad altri milioni di sfruttati che prima di voi hanno perso il lavoro, o lo stanno perdendo; insieme ai precari che non sanno cosa succederà domani; insieme ai giovani che non troveranno impiego; insieme ai lavoratori migranti delle logistiche che proprio in questi anni -ed anche in questi mesi- hanno mostrato e mostrano come si affronta l’arroganza padronale ed i suoi servi “istituzionali”.

La vostra unica arma e’ l’organizzazione diretta, che colleghi e diriga le lotte di tutti i lavoratori e disoccupati verso obbiettivi generali, che ricompongano una classe dispersa nelle logiche aziendali del “si salvi chi può” !!!

Lunedì 16 settembre deve essere per voi l’inizio di una mobilitazione che non può fermarsi di fronte alla elargizione degli “ammortizzatori sociali” (finiti quelli, siete finiti pure voi); che non si riduca a “processioni istituzionali” (tante belle chiacchiere per tenervi buoni mentre vi vendono); che non si fermi ad una pur legittima “protesta”. Il cambiamento, se e quando avverrà, lo si vedrà anche dai metodi di lotta.

Si occupino le fabbriche di questi sfruttatori e speculatori del gruppo Riva, si blocchino le strade ed ogni via di comunicazione… e si cominci a collegarsi coi lavoratori della FIAT, della Fincantieri, della Indesit… coi comitati autorganizzati di lavoratori, cassintegrati e disoccupati esigendo:

La garanzia di salario pieno! Lavoro o non lavoro vogliamo vivere!
La riduzione generalizzata dell’orario di lavoro. Lavorare meno per lavorare tutti!
Solo la lotta paga!

 

Combat – Comunisti per l’Organizzazione di Classe

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