Industria delle carni: dal Brasile all’Italia
Come si macellano i lavoratori!

Il Brasile è al centro dell’ennesimo scandalo, la cosiddetta operazione “Carne Fraca”. Da un paio di anni sono sotto osservazione le principali aziende che operano nel settore della macellazione delle carni e si è scoperto un intreccio di corruzione, attività criminali per la salute dell’uomo, duro sfruttamento della forza lavoro. Il settore ha un ruolo rilevante nell’economia nazionale e considerato una parte dell’agrobusiness dalla produttività sicura e indenne da crisi.

Scoppiato lo scandalo, il governo Temer corre ai ripari, di fronte all’embargo per la carne brasiliana, benché temporaneo, di molti paesi: Cina, Corea del Sud, Hong Kong, Messico, Cile… USA ed Unione Europea hanno chiesto chiarimenti, verifiche, certificazioni e il bando dell’importazione per almeno 4 delle 21 aziende indagate. Lo stesso viene chiesto da Carrefour, Walmart e dalla principale catena di supermercati brasiliana, Pāo de AÇúcar. Il danno economico che si prospetta è indubbiamente grave e il governo ostenta preoccupazione per i licenziamenti di massa che ne seguiranno. Il Ministero dell’Agricoltura rassicura sui controlli e la sicurezza dei prodotti. Sospende l’autorizzazione all’esportazione per le 21 imprese indagate, benché possano continuare a vendere la loro merce in Brasile.

L’esplodere dell’operazione “Carne debole” ha messo a nudo ancora una volta le relazioni promiscue e criminose tra politici ed imprenditori nel paese. Lo scandalo coinvolge imprese come BRF (proprietaria di marchi come Sadia, Perdigão), JBS (proprietaria di Friboi, Seara, Swift, ..) e altre imprese minori come Mastercarnes, Souza Ramos,e Peccin, Larissa.

JBS Internazionale, con sede in Irlanda, controlla un mercato che vale oltre 35 miliardi di $ in Brasile (JBS Brasil/Seara/Friboi), USA (JBS USA/Pilgrim’s Pride/Moy Park), Canada (XL Foods) e altrove. E’ la maggior produttrice di carne al mondo.

Brasil Foods, fusione tra Sadia e Perdigāo, ha una composizione societaria per più di un terzo di capitale straniero e si espande nel mercato asiatico (recentemente ha acquistato la malese FFM Further Processing).

Quest’impero, sostenuto dallo stato brasiliano attraverso la BNDES (Banca Nazionale), ha avviato negli ultimi anni una profonda ristrutturazione del settore per aumentare la competitività internazionale: ad una maggior produttività e quota di profitto ha fatto da controcanto un peggioramento delle condizioni di lavoro e un aggravamento per la salute dei lavoratori oltre che un danno per i consumatori, con introduzione di sostanze chimiche cancerogene e adulterazioni dei prodotti.

Dal giugno 2007 al giugno 2013 BNDES ha investito circa 9,5 miliardi di R$ nei tre gruppi maggiori: JBS, BRF, Marfrig, tra linee di finanziamento diretto e partecipazioni azionarie. Si è ricambiato in donazioni elettorali: solo nel 2014 JBS ha donato a vari candidati e partiti 366.8 milioni di R$, la più generosa dopo la Odebrecht.

Gli operai del settore sono trattati peggio di animali: malattie professionali, incidenti sul lavoro, mutilazioni e morti. Nel 2014 furono registrati in tutto il paese 16.033 incidenti sul lavoro (dati Min. del Lavoro), in testa alla classifica il Paraná (2718 casi), seguito dal Rio Grande do Sul (2686).

L’impresa che ne detiene il record è la JBS. tra il 2011 e il 2014, nella macellazione dei bovini, l’impresa ha registrato 4867 incidenti. Solo nel 2014 ce ne furono 1427. In questi quattro anni l’azienda ha reso 7822 lavoratori disabili, con una media di 5 incidenti al giorno (dati Min. della Previdenza Sociale). Il grafico sotto riporta gli incidenti nella JBS in tutto il paese:

Operai

Nel settembre dell’anno scorso, in una unità della JBS a Senador Canedo (RO) 40 lavoratori sono stati intossicati da uno sversamento di ammoniaca; nello stesso luogo, tra giugno e agosto, su 78 ispezioni fiscali del Ministero del Lavoro, 67 riguardavano non conformità con le norme della sicurezza del lavoro. Secondo Sandro Eduardo Sardá, dirigente del Programma di Adeguamento delle Condizioni di Lavoro nell’Industria di lavorazione e conservazione delle carni “JBS segue una politica deliberata di precarizzazione dei diritti fondamentali dei lavoratori”, per ottenere il massimo profitto. Solo in quest’anno JBS ha ricavato 2.04 miliardi di $ di utile netto. Nel 2016 fu di 170.4 miliardi di R$ ($/R$= 3.087). Il patrimonio del gruppo J&F, amministratore della JBS, è stato quotato dalla rivista Forbes in 4.3 miliardi di $.

Una delle forme per accrescere i guadagni è aumentare i ritmi di lavoro. Quanti più animali escono dal nastro trasportatore, tanto maggiore è il margine di profitto. In un mattatoio di polli, ad esempio, tutte le fasi di lavorazione sono millimetricamente cronometrate. Il nastro trasportatore non può aspettare. Nei periodi di maggior richiesta non si aumenta il personale ma si accelera il nastro trasportatore. Se non ce la fai sei licenziato!

In una di queste tappe, la separazione delle cosce per esempio, l’operaio prepara in media 10 cosce al minuto. In un’ora ne prepara 600. Esegue 18 movimenti per ogni coscia in media, quindi in un minuto sono 180 movimenti, 5 volte di più dei 35 movimenti che i medici del lavoro stabiliscono come standard di sicurezza. In una giornata di 8 ore, tolta la pausa, l’operaio ha sezionato 4200 cosce di pollo ed eseguito 75600 movimenti. Risultato: un’epidemia di malattie professionali, infortuni, disabilità. Bruciature e intossicazioni sono una costante. I traumi alla testa, all’addome, alle spalle e alle braccia sono da due a quattro volte maggiori che in altre professioni. I disturbi mentali sono tre volte superiori.

I lavoratori devono sopportare un freddo costante nelle camere refrigerate; secondo l’art.253 del contratto nazionale dovrebbero riposare 20’ ogni ora e 40’ lavorata, cosa che non accade mai. All’arrivo dei controlli l’impresa provvede ad aumentare la temperatura, ridurre la velocità del nastro trasportatore, aumentare il personale…

I salari sono piuttosto bassi. A Fortaleza, per esempio (dati della Convenzione Collettiva, 2016), il salario base è di 830 R$ per imprese fino a 10 operai; 870 R$ per quelle oltre 10 operai. A Pelotas (Rio Grande do Sul) il salario medio è di 1190 R$.

Una coscia e sovracoscia pesano in media 350 g. Un chilo di carne è venduta dall’azienda per più o meno 4.50 R$. Per un salario di 1190 R$ sono necessari circa kg 252 di pollo, cioè 630 pezzi di coscia e sovracoscia, preparati in un’ora e 3 minuti. Quindi in poco più di un’ora di lavoro l’operaio ha pagato il proprio salario. E tutto il resto?

Si è scoperto anche che queste aziende utilizzavano prodotti chimici altamente cancerogeni, mescolavano cartone alla salsiccia e vendevano la carne scaduta, sia nel mercato interno che estero. Nel Paraná queste carni sono finite nei piatti delle scuole e degli asili. Tra gennaio e dicembre 2016, secondo Abrafrigo (Assoc. Brasiliana Industria macellazione carni) sono state vendute 1.350.504 t di queste carni, per un’entrata di 5.3 miliardi di $.

Lo schema criminoso ha accertato la ‘collaborazione’ tra il Ministro della Giustizia e il “grande capo”, come da lui chiamato l’ex supervisore regionale del Mapa. Verificata anche la distribuzione illecita di licenze e frodi fiscali.

Le imprese di macellazione carni sono grandi finanziatrici delle campagne elettorali. JBS è stata il maggior finanziatore del Ministro della Giustizia, con 200.000 R$ nel 2014. Ma finanziò anche Dilma Rousseff con 72.3 milioni di R$ e Aécio Neves (PT), con 40 milioni di R$.

Sotto il governo Lula JBS ricevette prestiti per 8 miliardi di R$. La quasi totalità del parlamento del Mato Grosso do Sul, una delle principali basi dell’attuale governo e avanguardia nel processo di impeachment, è finanziata da queste aziende. Costoro sono rappresentanti di latifondisti e i principali artefici della censura della “lista suja” che rivela i responsabili del lavoro schiavo nel paese.

Ad aggravare la situazione dei lavoratori, cioè al danno la beffa, si minacciano licenziamenti di massa.

Il settore impiega 6 milioni di persone.

In Italia l’industria delle carni non ha queste dimensioni ma in regioni come l’Emilia Romagna ha un ruolo economicamente importante, foriero di lauti profitti per padroni ugualmente senza scrupoli nello sfruttamento della forza lavoro, forti di un supporto istituzionale e poliziesco incondizionati.

Gli operai, organizzati nel SiCobas, hanno ora alzato la testa per porre fine ad un lavoro da schiavi, affrontando con una lotta strenua e coraggiosa la repressione ed ogni tentativo di soffocarla. Questa lotta è salita agli onori della cronaca qualche mese fa, non come denuncia delle condizioni di lavoro e sfruttamento dei lavoratori impiegati ma come scandalo che vede imputato proprio il SiCobas.

La famiglia Levoni, titolare di Globalcarni, con la collaborazione compiacente della questura locale, ha fabbricato ad arte quello che sperava fosse la prova cruciale per inchiodare il SiCobas come sindacato corrotto: il suo coordinatore nazionale sarebbe stato colto con le mani nel sacco a intascare denaro dai dirigenti della Globalcarni. La veridicità delle prove e la campagna denigratoria corale e diffusa si sono ben presto sgonfiate, rivelando la truffa sottostante e la completa estraneità del sindacato al giro di bustarelle. Ma ha soprattutto alzato il velo sulla natura dell’operazione: dare un colpo mortale alle lotte operaie, lotte vittoriose che hanno dimostrato la resistenza e determinazione operaia contro condizioni di lavoro insopportabili e uno sfruttamento brutale, tanto che in alcune aziende si è ben presto ottenuta l’applicazione del CCLN delle Cooperative Alimentari al posto di quello del Trasporto Merci e Logistica (molto più vantaggioso per gli imprenditori). Bisognava fermarli: se non aveva funzionato la repressione (manganellate e lacrimogeni) ai picchetti e agli scioperi, si doveva inventare qualcos’altro. Ecco allora la sceneggiata del video e della busta consegnata, che costa al coordinatore nazionale, pur riconosciuto estraneo ai fatti, l’obbligo di dimora fino a conclusione dell’inchiesta.

Come in Brasile, i termini dello scandalo non sono tanto quelli propagandati (la corruzione, una regola nel capitalismo) ma le dure condizioni di lavoro e i salari da fame all’interno di queste aziende: turni massacranti, anche di 15 ore, gli stessi movimenti ripetuti innumerevoli volte in tempi brevissimi, false cooperative per falsi soci, buste paga fasulle, licenziamenti dopo cambi di appalto, contributi non pagati, bilanci truccati, evasione fiscale…per grandi profitti. Gli operai spremuti dalle cooperative lavorano senza orari, spesso vengono chiamati con un SMS solo qualche ora dopo aver finito il turno, sono costretti a rimanere in azienda per ore, non pagate, se la carne tarda ad arrivare, senza sapere quando potranno tornare a casa. Molti lavorano in nero, senza contratti né tutele, costretti ad accettare salari mai corrispondenti al lavoro svolto o alla mansione. Il lavoro è sempre più parcellizzato: operazioni semplici e ripetute adatte ad un operaio non specializzato, che costa meno. Metà dei lavoratori riesce a raggiungere 800 euro mensili. Si calcola che il risparmio dell’azienda per ogni addetto sia anche del 40%. Sono soprattutto stranieri (romeni, marocchini, cinesi), ma gli italiani sono sempre di più. I giovani sono sfruttati più degli altri: con meno esperienza e formazione, rischiano più incidenti e malattie professionali. L’apprendistato costa troppo. Gli incidenti non vengono denunciati, per non rischiare il posto. Incidenti, invalidità, traumi ed omertà: nella regione le malattie professionali denunciate sono un terzo più elevate della media nazionale; e a differenza di altri settori produttivi, in questo non c’è stato negli anni alcun miglioramento. Questo sistema schiavistico non è al sud, nelle piantagioni dove si spezzano la schiena immigrati e profughi. Siamo in Emilia Romagna, avanguardia del lavoro cooperativo e territorio di radicamento del PD. Nella provincia di Modena sono 5000 gli operai in queste condizioni. Le aziende principali sono Alcar Uno, Fimar, San Francesco, Suincom, Grandi Salumifici Italiani…

Che queste lotte ora locali in Italia siano d’esempio e di sprone al proletariato fino al Brasile, si allarghino e uniscano in un fronte comune contro un lavoro da schiavi, la criminalizzazione, ogni genere di abuso in nome del profitto. Diffondere ed unificare le lotte! Solo così la classe acquisirà la forza necessaria per spezzare il giogo dello sfruttamento, per farla finita con il dominio del capitale, in ogni paese.

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Fonti:

-Valór Economico, 20, 22/3/17

– Esquerda Online, 18, 20/3/17

– la Repubblica, “Il mattatoio dei diritti”, 18/01/2016