La legge del padrone e la dignità operaia

Picchetto Mr Job

Pennivendoli, commentatori televisivi, accademici e politicanti ci descrivono quotidianamente una realtà tinta di rosa. A loro dire vivremmo in un sistema democratico, in uno stato di diritto in cui vige il principio di legalità e i diritti di tutti, dagli oligarchi della finanza al più umile lavoratore, sarebbero rispettati e protetti dallo stato. La realtà è ben diversa: lo stato per mantenere il dominio di classe della borghesia e nello stesso tempo illudere le vittime dello sfruttamento, lavoratori salariati, disoccupati e pensionati, vara delle leggi che limitano il potere degli sfruttatori e “tutelano” gli sfruttati. Tuttavia sono chiusi i vigili occhi degli apparati giudiziari e polizieschi statali quando si tratta di mettere in pratica tali leggi.

In particolare, quando le condizioni economiche e i rapporti di forza sono sbilanciati totalmente a favore della borghesia dominante, l’apparato giudiziario e poliziesco tollera ampiamente senza intervenire, tutte quelle violazioni della legalità che possono permettere a borghesi, grandi e piccoli, di aumentare i loro profitti a spese dei lavoratori, in barba a qualsiasi legge.

Da sempre si sa che il lavoro nero dilaga e lo stato perde ogni anno milioni e milioni di introiti dai contributi evasi che poi naturalmente cerca di recuperare prelevando tributi dalle tasche dei lavoratori. Infatti sono questi ultimi che, alla faccia della tanto decantata progressività del sistema tributario, reggono il peso del sistema fiscale. Ancora peggio fa lo stato quando tollera situazioni aberranti di sfruttamento che avvengono alla luce del sole, soprattutto in aree in cui una disoccupazione dilagante rende estremamente debole la classe lavoratrice e sottomettendola all’arbitrio padronale più spudorato: da sempre questo è il caso del Mezzogiorno d’ Italia. In queste zone pagare una commessa o il cameriere di un bar 400,00 € al mese per un lavoro a tempo pieno è fenomeno largamente diffuso, anche in strutture che apparentemente, per essere hotel o ristoranti di lusso, dovrebbero essere ben visibili. In tal modo decine di migliaia di lavoratori vengono retribuiti con salari largamente al di sotto della soglia di sopravvivenza con la benevola tolleranza di ispettori del lavoro, carabinieri, etc.. Naturalmente le vittime di questo sistema sanno che rivolgersi alle autorità non servirebbe a nulla e non darebbe altro risultato se non la perdita del posto di lavoro e la strada senza ritorno per l’emigrazione.

Ancora peggiore è la situazione per i lavoratori immigrati: sono loro a subire i maggiori soprusi grazie a un infame legislazione che li pone perennemente sotto la spada di Damocle dell’espulsione dal territorio nazionale in caso di perdita del lavoro. I nostri compagni che fanno attività sindacale hanno avuto modo di constatare che in un settore come quello della logistica non solo la violazione dei contratti collettivi è generalizzata ma che sono perpetrate regolarmente vere e proprie truffe ai danni dei lavoratori, prevalentemente immigrati. Si va dal mancato pagamento del salario di base con conseguente mancata retribuzione delle maggiorazioni dovute a straordinari, lavoro notturno e tredicesime e quattordicesime, fino addirittura ad arrivare al mancato versamento del salario tout court. Senza contare che i padroni spesso arrivano addirittura a insulti di tono razzista e all’aggressione fisica dei lavoratori.

Visto però che al peggio non c’è mai fine, ove ne abbiano la possibilità i padroni e i loro lacchè non disdegnano di ricorrere agli abusi più stomachevoli quali ricatti sessuali o aggressioni di stampo mafioso nei confronti dei lavoratori che cercano di organizzare i loro compagni di lavoro. Due episodi avvenuti la settimana scorsa dimostrano che certi fenomeni non sono solo il ricordo di un remoto passato ma avvengono nell’Italia “fondata sul lavoro”.

All’interporto di Bologna le facchine che lavorano per la cooperativa Mister Job, a servizio della Yoox, non solo venivano sottoposte al comune sfruttamento selvaggio che dilaga nel settore della logistica ma hanno dovuto per anni subire molestie anche sessuali da parte del capo-reparto. Il maiale si rivolgeva alle operaie con frasi del tipo “Tu devi scegliere tra me, dio e lo stipendio, perché lo stipendio te lo do io e io sono in tuo dio. Qui Allah non esiste” o anche “Come sei bella! Fammi vedere come balli la danza del ventre.”. Addirittura lo schifoso personaggio ha allungato le mani e, ottenendo un rifiuto, è andato avanti con vessazioni.

Invece, il 14 giugno, nel bergamasco un attivista dello SLAI Cobas per il Sindacato di Classe è stato aspettato sotto casa da tre individui a volto coperto. Il lavoratore stava per recarsi al lavoro insieme alla moglie ed era appena salito in auto, è stato allora aggredito dai tre che dopo aver tentato, senza riuscirci, di estrarlo a forza dalla macchina hanno rotto un vetro della stessa con una chiave inglese e poi lo hanno picchiato selvaggiamente con calci, pugni e colpi di chiave inglese, tentando, per fortuna senza esito, di spezzargli una gamba. Il lavoratore già due anni fa aveva subito un attentato da parte di un individuo che aveva esploso due colpi di pistola contro la sua auto.

Questi episodi non sono purtroppo casi eccezionali, ricordiamo per esempio l’aggressione avvenuta a gennaio scorso nei confronti del sindacalista del Si Cobas Fabio Zerbini e l’aggressione ai danni dei lavoratori in un presidio di crumiri, mafiosi e fascisti a Trezzo. Contro questi abusi c’è una sola strada quella dell’organizzazione e della lotta. Per fortuna almeno in questi due episodi la risposta dei lavoratori c’è stata: le facchine dell’interporto di Bologna dopo l’ennesimo abuso e il licenziamento a voce di due operaie, hanno scioperato, organizzate dal Si Cobas, picchettando il loro magazzino. Naturalmente non poteva mancare l’intervento, con tanto di fermi e manifestanti feriti, delle forze dell’ordine come sempre ligie nella difesa della “proprietà privata” e latitanti quando si tratta di difendere i lavoratori.

Per quanto riguarda l’altro episodio martedì 18 giugno a Brignano (Bergamo) si sono fatte due ore di sciopero con assemblea in solidarietà al lavoratore pestato.

Esprimiamo la nostra solidarietà militante a questi lavoratori.
Rafforziamo l’organizzazione proletaria per la lotta.