LA LOTTA PER LA TERRA IN BRASILE

Ricerca di Jeferson Choma*

18/11/2016

[estratto dal sito Conlutas; n. e parentesi quadre d.t.]

Molti di coloro che parlavano di espropriazione dei latifondi e difendevano la necessità di una riforma agraria in Brasile oggi hanno abbandonato questo programma, benché il paese abbia mantenuto fino ad oggi – nonostante la propaganda sulla “modernizzazione agricola” – la stessa struttura fondiaria, responsabile della grande concentrazione di terre in mano a pochi proprietari.

In questo il Brasile è una realtà agricola unica al mondo: pochi proprietari terrieri controllano aree la cui estensione territoriale è superiore a quella di molti paesi europei. Inoltre la cosiddetta “agricoltura moderna” convive a fianco di antiche forme di forte sfruttamento della forza lavoro e di semischiavitù. La prima si è sviluppata sulla base delle altre e ne è la condizione.

Non si possono comprendere più di 500 anni della nostra storia senza considerare la schiavitù, il razzismo, il patriarcato, il grande latifondo e la monocoltura da esportazione eredità che ancora oggi pesano sulla nostra struttura sociale.

La riforma agraria è ancora una necessità per milioni di brasiliani che vivono nelle campagne e affrontano tutti i giorni la violenza dei proprietari terrieri e delle loro guardie armate.

Questo articolo vuole essere un contributo per chi opera nel processo di riorganizzazione politica e sindacale nelle zone agricole brasiliane.

CSP-Conlutas interviene nelle lotte per la terra, offrendo un’alternativa per quelle organizzazioni che la abbandonarono.

Il suo programma è l’unità tra contadini, cooperative agricole, ‘sem terras’, ‘quilombolas’ (1) e indigeni.

 

 

LA LOTTA PER LA TERRA TRA GLI ANNI 1950-60

La lotta per la Riforma Agraria in Brasile raggiunse importanza nazionale con le Leghe Contadine, tra gli anni ’50 e ’60.

Ma la lotta per la terra era già presente da tempo, in conflitti come le Guerre di Canudos (1896-97) (2) all’interno di Bahia e del Contestado (3), alla frontiera tra Paraná e Santa Catarina; nelle rivolte di Porecatu (1946-51) (4) nel Paraná e di Trombas e Formoso (anni ’50)(5) in Goiás; e in altri conflitti dove i contadini che occupavano le terre combattevano contro gli attacchi di ‘grileiros’ [falsificatori di documenti e titoli di proprietà], latifondisti, ‘jagunÇos’ [partigiani di Antonio Conselheiro che nel 1898 si asserragliò in Canudos, Bahia, contro il Governo Federale] e dell’esercito.

Solo con l’organizzazione delle leghe contadine, tuttavia, il dibattito sulla Riforma Agraria raggiunge una dimensione nazionale.

Le Leghe ebbero origine dalla resistenza di contadini tributari minacciati di espulsione dai grandi proprietari delle antiche aziende agricole di canna da zucchero nel Pernambuco. Inizialmente questi lottavano contro l’aumento del prezzo del ‘foro’ [tassa pagata al padrone per contratto di enfiteusi]. Ma subito l’obbiettivo si generalizzò in una vera e propria lotta per la terra, organizzando occupazioni dei zuccherifici della Mata Pernambucana.

Si mirava alla creazione di sindacati di lavoratori rurali; già negli anni ’60 il movimento aveva incorporato chi lavorava negli zuccherifici, mobilitati sulle problematiche del lavoro. I primi anni ’60 sono quelli di maggior combattività: si creano vari sindacati, soprattutto a Pernambuco, ma anche in altre regioni del paese.

Le Leghe Contadine difendevano una Riforma Agraria radicale che mirava alla soppressione del monopolio del latifondo sulla terra.

C’era una grande differenza con il programma del PCB, il principale partito di sinistra dell’epoca.

Il Partito Comunista sottolineava la contraddizione tra gli interessi dei latifondisti e la borghesia capitalista. I primi erano visti come vestigia del sottosviluppo, resti di un supposto passato feudale del Brasile; mentre gli ultimi erano considerati rappresentanti dello sviluppo, del progresso capitalista e della democrazia. Per questo motivo il PCB difendeva l’alleanza tra classe operaia urbana, contadini e borghesia nazionale contro i latifondisti, per la costituzione di un Fronte di Liberazione Nazionale antifeudale e antimperialista.

Coerente con questa strategia il PCB difendeva una Riforma Agraria parziale, volta allo sviluppo di un mercato interno.

Da questo punto di vista era concorde con il programma del PTB [Partido Trabalhista Brasileiro] dell’allora Presidente João Goulart [1961-64], che difendeva la riforma agraria per aumentare l’offerta di derrate alimentari, ampliare il mercato interno, riequilibrare il flusso della rendita e del risparmio nei territori rurali per dare impulso, in ultima istanza, ad uno sviluppo industriale.

Questa strategia si dimostrò totalmente errata non appena lo sviluppo capitalista brasiliano mostrò che non c’era alcuna contraddizione di interessi di classe tra proprietari terrieri e capitalisti industriali. Al contrario, il particolare sviluppo del capitalismo in Brasile li unì in un unico blocco di classe.

 

 

 

REGIME MILITARE E QUESTIONE AGRARIA

Il golpe del 1964 schiacciò le Leghe Contadine. Molti dei loro leaders furono implacabilmente perseguitati e assassinati dai militari, dalla polizia, dai jagunÇos. Il regime militare temeva che una rivoluzione contadina trascinasse il paese, preoccupazione avanzata anche dai rappresentanti del governo statunitense dell’epoca. Walt Rostaw, economista e sottosegretario del Dipartimento di Stato degli USA, per esempio, sosteneva che dopo la deposizione del governo Goulart e la disarticolazione delle Leghe dovuta alla repressione, si sarebbe potuta aprire la strada per una riforma agraria che inserisse vasti settori della popolazione nel mercato.

Ma nello stesso tempo una grande concentrazione fondiaria avrebbe potuto fornire materia prima per nuove ribellioni, quindi sarebbe stata fonte di instabilità politica per il regime militare. Per evitare questo scenario, subito dopo il golpe i militari promulgarono lo Statuto della Terra (Legge 4504 del 1964).

Lo Statuto della terra aveva un carattere ambiguo in relazione alla Riforma Agraria. Inizialmente cercò di assumerne la politica per farne strumento di controllo dei conflitti. Nella pratica lo Statuto non fu mai totalmente applicato.

La legge prevedeva, ad esempio, l’istituzione da parte del Governo di un Piano nazionale di Riforma Agraria, che mai fu realizzato dai militari.

Si ripeté qui, come in altri momenti della storia brasiliana, la vecchia sceneggiata in cui le proposte di riforme sociali vengono fatte proprie dalle élites e messe in pratica dai loro rappresentanti (ad esempio la liberazione degli schiavi da parte della monarchia, la proclamazione della Repubblica da parte dell’esercito o la creazione di un sistema legale di protezione del lavoro dalla dittatura di Getulio Vargas). Il risultato di questo gioco politico è la sterilizzazione delle riforme sociali. Vengono approvate leggi, ma la classe dominante si assicura che non vadano contro i loro interessi.

Lo Statuto della Terra avviò una politica economica che permise una ampia penetrazione del grande capitale nella agricoltura. Sotto il suo involucro il regime militare iniziò a promuovere progetti di colonizzazione fino in Amazzonia (sotto responsabilità dello stato o dell’iniziativa privata). Tali progetti consentivano il mantenimento della struttura fondiaria in altre regioni del paese come il Sudest, il Sud e il Nordest. Fu una vera e propria controriforma agraria: venivano distribuite terre ad alcuni contadini per non distribuirle alle moltitudini del Nordest, del Centro-sud e dell’Ovest.

Nel 1970 il regime creò l’Istituto di Colonizzazione e Riforma Agraria (INCRA), fusione dell’Istituto Nazionale di Immigrazione e Colonizzazione (INC) e dell’Istituto Brasiliano di Riforma Agraria (IBRA).

Nel 1972 l’Istituto sospese gli insediamenti e l’Amazzonia fu bersaglio di grandi progetti agricoli.

Grazie ad una generosa politica di esenzioni di imposte, i militari attraevano capitali esteri. Le esenzioni erano del 50% per progetti interni alla regione ma arrivavano al 100% per i capitali provenienti da Sud, Sudest e altri stati del paese. Gli investitori erano anche esentati da tasse di esportazione di prodotti regionali e di importazione di macchinari ed attrezzature.

Acquistare terre in Amazzonia diventò un vero affare, fonte di speculazione e riserva di valore.

Grandi imprese vi investirono, come Volkswagen, gruppi come Bordon, Zazur e banche che diventarono proprietarie di immense aree di terra.

Grazie al ruolo fondamentale esercitato dallo stato, investire nella terra non fu più un ostacolo alla circolazione e riproduzione allargata del capitale. Era un ottimo affare anche per la garanzia di prestiti bancari e per la speculazione immobiliare. Molte imprese acquistavano terreni anche se presi illegalmente e con false documentazioni.

Il risultato della politica militare in Amazzonia fu l’alleanza tra imprese capitalistiche (brasiliane o straniere) e proprietari terrieri, sconfessando le tesi del PCB. Lo sviluppo capitalistico nel settore agrario portò alla fusione nella stessa persona di grande proprietario terriero e imprenditore.

CONFLITTO E RESISTENZA

L’avanzata del capitale significò espropriazioni, violenza e morte per le popolazioni amazzoniche. Molte etnie indigene e contadini furono sterminati o espulsi verso le grandi città. Ma ci fu anche molta resistenza ai grandi progetti promossi dal regime militare che si espresse, per esempio, nella lotta del movimento dei ‘seringueiros’ [estrattori di lattice] (Acre e RondÔnia), degli occupanti della regione di Bico do Papagaio (Maranhão, Tocantins, Pará), dei ‘quilombolas’ e degli indigeni.

Grazie a questi movimenti la lotta per la terra continuò a vivere e in molti casi ottenne grandi vittorie.

FINE DELLA DITTATURA E GOVERNO SARNEY

Con il ritorno della democrazia la lotta per la terra si intensificò. Come stabiliva lo Statuto della terra, il Governo Sarney (1985-90) creò il primo Piano Nazionale della Riforma Agraria, che prevedeva l’insediamento di 1,4 milioni di famiglie. Tuttavia, ancora una volta la legge rimase sulla carta. Cercando di impedirne la realizzazione, l’oligarca Jader Barbalho, allora governatore del Pará, stato che contava il maggior numero di omicidi nelle campagne, guidò il Ministero della Riforma e dello Sviluppo Agrario (MIRAD) e congelò la Riforma Agraria. Il risultato fu che solo l’8% delle terre previste dal piano furono espropriate e il 10% delle famiglie insediate.

Nello stesso tempo i latifondisti reagirono alle occupazioni organizzandosi nell’Unione Democratica Ruralista (UDR), guidata da Ronaldo Caiado. In quel periodo l’UDR fece parlare di sè per le raccolte di denaro con aste di bestiame e spettacoli per sostenere la creazione di milizie di jagunÇos che combattessero contro chi lottava per la terra.

La lotta per la riforma agraria si militarizza in buona parte del paese e molti movimenti contadini sono costretti ad organizzare la loro autodifesa di fronte alla recrudescenza della violenza.

Nel decennio degli anni ’80 sorgono nuove organizzazioni della classe lavoratrice, come la CUT e il PT.

La Confederazione Nazionale dei Lavoratori in Agricoltura (Contag), creata dal governo di João Goulart, si unisce alla CUT. Molti movimenti contadini si integrano a questo sindacato, il che colloca in un piano superiore l’unità di classe tra proletariato urbano e contadini.

La lotta dei salariati dei campi guadagna forza e uno dei maggiori esempi è lo sciopero dei tagliatori di canna da zucchero a Guariba, all’interno di São Paulo, dove ‘boias-frias’ (6) espulsi dai campi lottarono contro le condizioni di estremo sfruttamento imposte dai padroni dei mulini.

Nasce anche il Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST), che sarà l’organizzazione più importante di lotta per la terra negli anni seguenti.

La rapida urbanizzazione realizzatasi nel paese nella seconda metà del XX secolo portò molti contadini espropriati ad affluire verso le grandi città. La crisi economica degli anni ’80 e gli aggiustamenti neoliberisti degli anni seguenti crearono masse di miserabili e senza lavoro. Molti erano stati operai salariati e incontrarono nel MST la possibilità di tornare a lavorare la terra, occupando i latifondi improduttivi.

FHC: REPRESSIONE E NEOLIBERISMO NELLE CAMPAGNE

Fu grazie al governo di Fernando Henrique Cardoso (PSDB) che la gran parte dei piani neoliberisti si radicarono nel paese. Privatizzazioni, ristrutturazioni del debito pubblico e il trittico della politica economica ( saldo primario attivo, controllo dell’inflazione e cambio fluttuante) offrono esorbitanti profitti a banchieri e imprenditori, mentre disoccupazione e miseria assumono indici allarmanti.

La lotta per la riforma agraria e le occupazioni del MST crescono in tutto il paese, soprattutto nel Sudest, Nordest e Sud, dove si registra la maggior parte delle occupazioni della terra.

Sottoposto ad una grande pressione sociale, FHC nei suoi due governi adottò una politica che faceva alcune concessioni, ad esempio permettendo l’insediamento di 490.000 famiglie – la maggior parte (62%) nella regione amazzonica, il 22% nel Nordest, il 10% nel Centro-Sudest e il 6% nel Sud. Gli insediamenti si effettuarono nelle regioni con minor indice di occupazione di terra (Amazzonia) e con maggior disponibilità di terra libera. Non veniva toccata la vecchia concentrazione fondiaria nelle altre regioni del paese.

Contemporaneamente il governo FHC adottava una decisa politica repressiva verso i contadini senza terra.

I massacri di Corumbiara (RO) e di El Dorado dos Carajás (PA), oltre alle persecuzioni nel Pontal di Paranapanema (SP) sono solo alcuni esempi.

FHC istituendo la Banca della Terra apre la Riforma Agraria al mercato. La proposta veniva dalla banca Mondiale, con lo scopo di stimolare la locazione delle terre e la loro vendita. Tale modello fu diffuso dal FMI e dalla Banca Mondiale in America Latina e risultava estremamente remunerativo per latifondisti e speculatori, che sceglievano le terre peggiori da vendere ai contadini a prezzi generalmente elevati.

Infine il governo attuò due misure per attaccare i movimenti di lotta per la terra: la MP2109, che criminalizzava le occupazioni; e il Decreto MDA n°62 che escludeva dagli interventi della Riforma Agraria chi vi partecipasse.

GOVERNI DI LULA E DILMA: ALLEANZA CON AGRIBUSINESS

Il primo governo Lula (2003-2006) ebbe inizio sotto grandi aspettative per la maggior parte dei settori che da sempre lottavano per la terra in Brasile. Non passò molto tempo che le aspettative si trasformarono in frustrazione.

Nel novembre del 2003 il Governo annunciò il Secondo Piano Nazionale della Riforma Agraria, stabilendo che fino alla fine del 2006 avrebbero preso proprietà della terra 400.000 nuove famiglie; 130.000 avrebbero avuto accesso alla terra tramite credito fondiario ( una versione del programma “Banco da Terra” di FHC) e altre 500.000 si sarebbero stabilizzate con una regolarizzazione fondiaria. Lula non adottò invece il piano coordinato da Plínio de Arruda Sampaio che prevedeva l’insediamento di più di un milione di famiglie entro il 2006.

Le occupazioni, già diminuite con le misure governative e la repressione di FHC, subirono una profonda trasformazione come metodo di lotta. Nel 1999 si registravano 856 occupazioni; nel 2000 erano 519; nel 2001 273 e nel 2002 269.

Un aumento si ebbe nei primi anni di governo Lula (da 540 nel 2003 a 662 nel 2004), ma successivamente il declino fu marcato: dal 2005 al 2010 si passò da 561 occupazioni a 184. Il rapporto Dataluta 2012 valuta questo calo correlato alla crescita economica e all’accesso alla Bolsa Familia (7) da parte dei settori sociali più poveri. Ma è innegabile che questa tendenza sia correlata all’appoggio dato dal MST al governo Lula in questo periodo, che stabilì una sorta di tregua, con il risultato che si allentarono le occupazioni per forzare il governo a insediare le famiglie. Ovviamente ci furono onorevoli eccezioni: settori del movimento che non smisero di lottare nonostante l’appoggio della loro direzione al governo.

La riforma agraria fu congelata dai governi del PT: il primo governo Lula avrebbe insediato solo 150.000 famiglie in nuovi terreni; le rimanenti 231.000, incluse come una manovra contabile nei conti del governo, furono regolarizzazioni. Questo calcolo contabile fu una grande menzogna del governo.

Nel suo secondo mandato Lula insediò solo 650.00 famiglie e Dilma nel suo primo governo solo 31.000.

Sotto i governi PT aumentò la concentrazione delle terre: durante i due mandati di Lula l’area in possesso della grande proprietà latifondista aumentò del 62,8%, quasi il doppio della sua crescita durante la dittatura militare e cinque volte quella durante il governo FHC.

Con Dilma la concentrazione non si fermò e arrivò al 66,7%. Più di 97,9 milioni di ettari erano nelle mani di grandi proprietari.

Il paese viveva una profonda controriforma agraria provocata soprattutto dalle politiche di favore verso l’agrobusiness. Miliardi furono concessi a questo settore e oltre a ciò sia Lula che Dilma nominarono al Ministero dell’Agricoltura rispettivamente João Roberto Rodrigues e Kátia Abreu, rappresentanti dell’agrobusiness e forti oppositori della riforma agraria.

Un’altra conseguenza della controriforma fu l’esplosione della violenza e dei conflitti nei territori agricoli. Il numero di omicidi dovuti a conflitti per la terra nel 2015 fu il maggiore degli ultimi 12 anni in Brasile, con 49 morti registrate, la maggior parte nella regione Nord e Nordest del paese, regioni che concentrano una intensa attività di agrobusiness e obbiettivo di grandi opere del governo a favore del settore, come ad esempio la costruzione della rete idroelettrica di Belo Monte.

Ci fu pure un cambiamento nei soggetti sociali coinvolti nella lotta per la terra. Se prima i protagonisti erano i ‘sem terra’, negli ultimi anni ne stanno prendendo il posto i contadini che non hanno la titolarità della terra che occupano e lavorano. Costoro hanno sostenuto 253 conflitti, il 32,2% del totale, contro il 28% dei primi (214 conflitti).

Ciò che vediamo oggi sono quindi due lotte: una per non essere cacciati dalle terre, l’altra per entrarvi.

ATTUALITA’ DELLA RIFORMA AGRARIA

Nel 2015 le lotte per la terra produssero 1217 conflitti – considerando nel complesso quelli per la terra, acqua e lavoro -, una media di tre al giorno [dati CPT, Commissione Pastorale della Terra]. Nello stesso anno furono assassinate 50 persone nei territori agricoli, il maggior numero dal 2004 e il 39% in più del 2014. Non potrebbe essere altrimenti in un paese in cui, secondo IBGE [Istituto Brasiliano di Geografia e Statistica], lo 0,91% dei proprietari di terra con più di mille ettari detiene il 44,42% dell’area coltivata, mentre l’86% dei piccoli proprietari di terreni da 10 a 100 ettari ne occupano solo il 21,4% .

Il Brasile ha bisogno di una riforma agraria che elimini l’attuale struttura latifondista per dare ampio accesso alla terra e all’acqua.

La lotta per la riforma agraria è più attuale che mai e continuerà a scuotere il territorio brasiliano finché il latifondo non verrà cancellato.

Per questo CSP-Conlutas sostiene attivamente il processo di unione tra lotte agrarie e urbane e delle organizzazioni che ne fanno parte.

*editore di “Opinião Socialista” e Ricercatore sulla Riforma Agraria in Brasile

(1) termine che designa gli schiavi rifugiati in Quilombos, o i loro discendenti, che fuggirono dai campi di canna da zucchero, dalle grandi aziende agricole e dai piccoli latifondi, per formare piccoli villaggi detti appunto quilombos. Sono tuttora presenti in Brasile più di 3000 comunità di quilombolas sparse in tutto il territorio, che lottano per il diritto di proprietà della terra che abitano e coltivano, come stabilito dalla Costituzione del 1988. Il termine deriva dal tupi-guarani cañybó, che significa “colui che corre molto”.

(2) guerra che si combatté tra esercito brasiliano e abitanti di Canudos (BA), organizzati in una comunità religiosa sotto la leadership di António Conselheiro, che non riconoscevano l’autorità repubblicana.

(3) guerra tra caboclos [meticci] e rappresentanti del potere statale e federale brasiliani (1912-1916) in una regione ricca di erba-mate e legno, disputata dagli stati di Paranà e Santa Catarina. Causata dal problema sociale della proprietà delle terre non riconosciuta ai contadini che le occupavano e dalla miseria della loro condizione, assunse una connotazione di ‘guerra santa’ per il fanatismo religioso di tipo messianico che caratterizzava l’organizzazione popolare e il suo collante ideologico.

(4) detta anche rivolta de Quebra Milho, nella valle del fiume Paranapanema, (fine anni 1940 – inizio anni ’50), ebbe origine in seguito alla migrazione e occupazione di terre forestali da parte di immigrati provenienti da altre aree, attratti da una riforma federale che assicurava il diritto di proprietà sulle terre dopo 6 anni di coltivazione produttiva. Un cambio di governo non fece proseguire il progetto e lasciò circa 3000 persone che avevano investito e già fatto fruttare il territorio, senza alcun riconoscimento. In più il nuovo governo consegnò ad un grande proprietario terriero gli stessi territori.

(5) detta anche ‘guerriglia di Porfirio’ (1950-1954), fu un grande conflitto per l’accaparramento e il riconoscimento legale della proprietà di terre fertili tra polizia e contadini che le occupavano, guidati da José Porfirio de Souza. Fu la prima lotta diretta dal Partito Comunista do Brasil, che univa istanze proletarie e contadine. I contadini si difesero in armi contro giudici, avvocati, jagunÇos ed esercito, ma la repressione fu feroce.

(6) Contadini solitamente giovani, di scarsa istruzione, designati con questo nome (letteralmente ‘pasto freddo’), perché cominciavano il lavoro nelle piantagioni all’alba portandosi in gavette il cibo che non potevano riscaldare.

(7) programma di welfare per le famiglie in stato di povertà, di sussidi pubblici ed erogazioni in denaro condizionati alla scolarizzazione e vaccinazione dei figli e alla fascia di reddito (da R$85 a R$170 persona/mese; R$1= 0.295$). Durante il primo mandato del governo Lula contribuì alla riduzione della povertà del 27,7%.

http://www.cptnacional.org.br/index.php/component/jdownloads/send/41-conflitos-no-campo-brasil-publicacao/14019-conflitos-no-campo-brasil-2015