La magistratura specchio della società italiana

La magistratura come strumento politico

La magistratura italiana è sempre stata parte dello scontro politico, basta citare Mani Pulite o tutte le vicende dei governi Berlusconi. Dietro l’ipocrita facciata di una magistratura super partes che garantisce l’applicazione di una astratta giustizia legata a superiori principi, c’è la realtà di una giustizia “di classe”, per cui se rubi un melone e hai l’avvocato d’ufficio può capitarti di tutto, se rapini o uccidi ma hai un buon avvocato e hai le conoscenze giuste (compresa la conoscenza dei meccanismi interni alla giustizia stessa) te la puoi sempre cavare. Anche l’apparente garantismo e la lentezza della giustizia italiana vanno poi sempre a vantaggio dei soliti noti. Come recita il vecchio adagio “la giustizia è uguale per tutti, ma qualcuno è sempre più uguale di altri”.

Perché allora dovremmo pensare che nelle sue lotte di frazione la borghesia rinunci a utilizzare anche questo strumento? Si mormora che la Procura di Roma “valga come un Ministero” per il potere che garantisce.

Che si tratti di “manovre” e non di normale corso della giustizia, lo dimostra l’elemento tempi: i fatti su cui si inquisisce erano noti da tempo, nessuno se ne “scandalizzava”; sono stati tirati fuori, come il coniglio dal cappello, quando serviva nello scontro politico. Esattamente come è successo al tempo di Mani Pulite. E come in passato i potenti sono convinti di godere di totale impunità proprio perché sanno per esperienza che il sistema funziona così.

La novità dei tempi recenti è che dagli anni ‘70 esistono ufficialmente le correnti nella magistratura, che più o meno dichiaratamente fanno riferimento ai partiti o a settori politici e che quindi tutte le nomine nei posti chiave seguano una logica spartitoria, con trattative dietro le quinte e pressioni di ogni tipo.[1]

A questo si aggiunge oggi la contingenza politica di un partito, la Lega, il cui capo, perseguendo il modello populista di Orbán, sta cercando in modo conseguente e determinato di asservire ai propri fini questo strumento di potere, spazzando via ogni opposizione .

Lo scandalo CSM[2], l’arresto di Arata, l’attacco di Salvini ai giudici che mettono in discussione il Decreto Sicurezza, vanno quindi spogliati della retorica di cui tutte le parti in causa li circondano e visti per quello che sono : uno scontro all’ultimo sangue fra correnti della borghesia per impadronirsi di nuovi spazi o difendere quelli acquisiti. Quello che c’è da capire è quanto in questo abbiano da perdere i lavoratori, esclusi dai giochi di potere, ma coinvolti dalle conseguenze.

Palamara, il CSM e le nomine delle Procure

In questa logica le accuse a Palamara[3] hanno coinvolto il PD (in specifico i renziani, alla cui corrente appartengono Lotti e Ferri) e le correnti di Magistratura Indipendente (MI) e Unicost, attualmente maggioritarie dentro il sindacato Magistrati (ANM). Unicost per ora ha però scisso le sue responsabilità, mentre MI ne è stata in un certo senso travolta, perché le altre tre correnti hanno cercato di “farla fuori”, fino a costringere Pasquale Grasso, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, anche lui di MI a dimettersi, prontamente sostituito da Luca Poniz, storico pm milanese espressione della corrente progressista Area. La sostituzione di Morlini (della corrente Unicost) avvantaggia la corrente Autonomia e Indipendenza (col sostituto Giuseppe Marra).

Naturalmente l’inchiesta su Palamara offre il destro a Salvini e M5S di tentare il ribaltone all’interno del CSM, dove spera di ripetere il successo elettorale delle europee (la storia dimostra che i magistrati non sono esenti dall’opportunismo rispetto ai potenti in carica) e di indebolire il Presidente della Repubblica Mattarella che del CSM è presidente onorario ma anche “garante morale”.

Mattarella corre ai ripari, indice per ottobre le elezioni per sostituire due dei tre togati dimissionari del Csm (Gianluigi Morlini e Antonio Pepe) e rifiuta di sciogliere il CSM (motivazione: meglio lasciarsi il tempo per cambiare le regole).

Gli Arata, la Lega, la Mafia &C.

L’arresto degli Arata ha evidenziato i rapporti di Salvini con ambienti e personaggi in odore di mafia.

Paolo Arata, ex consulente per l’energia del ministro Salvini, importante collettore elettorale della Lega per il Sud, e il figlio Federico sono stati arrestati con l’accusa di corruzione, auto-riciclaggio e di intestazione fittizia di beni. Grazie ai suoi stretti legami con la Lega, Paolo Arata ha intrattenuto rapporti d’affari e relazioni spregiudicate con Vito Nicastri, il “re” dell’eolico vicino all’entourage del latitante Matteo Messina Denaro. Anche qui sono le intercettazioni a farla da padrone. Per avvantaggiare Nicastri, Arata avrebbe imposto l’incarico di sottosegretario al senatore Armando Siri, in quota Lega, che aveva in passato patteggiato un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta. Dopo un tira e molla Lega-M5S, Siri è stato costretto alle dimissioni perché accusato di aver preso mazzette in cambio delle quali avrebbe dovuto inserire nel dossier sulle Rinnovabili – o nel Decreto Milleproproghe – un emendamento sull’eolico favorevole a Nicastri …Anche Nicastri e il figlio Vito sono stati arrestati. E’ scattato il sequestro di otto società del gruppo Arata-Nicastri, provvedimento che riguarda Solcara, Solgesta, Etnea, Bion, Ambra energia, Alquantara, Greta Wind e Intersolar. Arata aveva stretto i suoi rapporti con l’ambiente dell’eolico siciliano grazie alla sua precedente appartenenza a Forza Italia e alle sue frequentazioni con la famiglia Dell’Utri e con Calogero Mannino.

Arata figlio, d’altronde, si è sempre occupato dei rapporti internazionali della Lega e nel 2017 ha organizzato il fugace incontro Salvini-Trump a New York, grazie ai suoi rapporti con Steve Bannon.Non solo, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti lo ha appena assunto a Palazzo Chigi come “esperto” del Dipartimento programmazione economica. Insomma uno scorcio che permette di capire almeno alcune delle ragioni del successo elettorale della lega al Sud.

E’ una nuova Mani Pulite?

Mani Pulite fu lo strumento per la borghesia imprenditoriale italiana di liberarsi dell’eccessivo peso economico che le tangenti a vantaggio del parassitismo politico imponevano. Mani Pulite ha traghettato la nazione dalla Prima alla Seconda Repubblica, un sistema non meno corrotto, ma con una struttura di potere politico ed economico diversi, oltre che un adattamento a un mutato quadro internazionale.

E’ ancora presto per vedere negli avvenimenti attuali qualcosa di più di uno scandalo temporaneo; ma sullo sfondo c’è comunque un esecutivo problematico sia per la collocazione internazionale (pro Usa? Proseguire con l’apertura economica alla Cina?) che per gli obiettivi di politica economica (pro o contro lo sfondamento del 3% del rapporto deficit/PIL).

Attualmente la Magistratura ha una presenza insignificante in Parlamento (solo 3 ex magistrati) contro i 9 del governo Gentiloni. L’era Renzi non ha condiviso l’entusiasmo precedente della sinistra per “la via giudiziaria al socialismo”, viste le inchieste sulle banche e sullo scandalo Consip, e le indagini sulle trattative stato-mafia che sembravano coinvolgere Napolitano.

Attualmente i giudici sono equamente divisi pro e contro Salvini (caso Diciotti, indagini su Mimmo Lucano). Per questo la Procura di Roma è tanto importante, un vero snodo strategico. In passato, con Pignatone e Ielo, ha svolto indagini “calde”, da Mafia Capitale al caso Regeni, dagli scontrini di Ignazio Marino alle indagini sui collaboratori di Virginia Raggi e sullo stadio della Roma fino al recente processo Cucchi. Secondo le indagini in corso Palamara con Cosimo Ferri e Luca Lotti avrebbero discusso della successione a Giuseppe Pignatone, in pensione dai primi di maggio, e di come imprimere una discontinuità rispetto alla sua gestione.

I lavoratori e la giustizia

Ci resta da sottolineare che in tempi di Decreto Sicurezza e Decreto Sicurezza bis, a qualsiasi lavoratore il lotta per i suoi diritti o a qualsiasi immigrato può capitare di dover ricorrere al giudice per autodifesa, per difendere spazi che prima sembravano acquisiti. Non c’è alcuna certezza che il giudice gli dia ragione, anche se non tutti i giudici tifano Salvini.

Quindi in ultima analisi i “diritti democratici” sono garantiti solo dalle lotte e dalla capacità di autodeterminazione. Ciò non toglie che davanti al tentativo di Salvini di intimidire le due donne giudice che gli hanno dato torto sul diritto di residenza ai richiedenti asilo[4] si deve protestare, si deve esprimere “indignazione” non perché ci facciamo delle illusioni sulla magistratura, ma perché al nemico non si deve lasciare nessuno spazio di prepotenza e sopraffazione.

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[1] La più nota delle correnti è Magistratura Democratica, fondata a Bologna il 4 luglio 1964, con un chiaro l’orientamento politico progressista e di sinistra. Nel 2012 MD è entrata nella più ampia corrente Area, assieme al Movimento Giustizia. Area era risultata la corrente più votata nel 2014 all’epoca del governo Renzi e oggi risulta ridimensionata. E’ considerata “di sinistra”, ma parte del PD ha spinto per Magistratura indipendente (un patto del Nazareno nella magistratura o semplici accordi di Affari?). La corrente Magistratura Indipendente, di centro-destra, è la più antica delle correnti, nasce a opera di un gruppo di giovani magistrati “tradizionalisti” negli anni 1962/1963 e fino al 1981 resta la “corrente” maggioritaria dei magistrati italiani, quando è stata superata da Unicost e poi anche da Magistratura democratica. Nel 2015 da MI è uscito Pier Camillo Davigo ex pm di Mani Pulite, che ha fondato Autonomia e Indipendenza, che secondo alcuni fiancheggerebbe M5S. Unità per la Costituzione, in breve Unicost, centrista, è secondo alcuni vicino a Forza Italia.

[2] Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo che amministra la magistratura ordinaria, garantendone autonomia e indipendenza dagli altri poteri. Sulla base di questi principi, il Csm dovrebbe rappresentare l’argine che separa il potere legislativo da quello giudiziario, quindi la politica e i partiti dal mondo della giustizia. Dal 2002, con la legge n.44, il Csm è composto da 27 membri. il Csm è presieduto dal presidente della Repubblica, che ne è membro di diritto così come il primo presidente e il Procuratore generale della Suprema Corte di Cassazione Oltre a questi tre membri di diritto, 16 sono eletti da tutti i magistrati, e sono detti membri togati, e otto dal Parlamento in seduta comune, questi vengono definiti membri laici. L’incarico degli eletti dura quattro anni e non c’è possibilità di rielezione successiva.

Il Csm si occupa dei provvedimenti che riguardano lo status dei magistrati in ogni passaggio della loro carriera, giudica le condotte disciplinari più rilevanti dei magistrati.

Le elezioni del settembre 2018 hanno visto i seguenti risultati. Magistrati togati:

Magistratura Indipendente 5 posti; Unicost 5 posti; Area 4 eletti; Autonomia e Indipendenza 2; Magistrati laici: M5S 3 eletti, Lega 2, Forza Italia 2, PD 1 (il vicepresidente Ermini, definito “renzianissimo”)

[3] Secondo l’impianto accusatorio riportato dai giornali il pm Luca Palamara si incontrò il 9 maggio, “con altri quattro consiglieri del Csm con i deputati Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri” per contrattare la nomina del nuovo Procuratore di Roma e di altre città importanti.

Come è ormai noto dalla trascrizione delle intercettazioni, Palamara, ex consigliere del Csm ed ex presidente Associazione Nazionale Magistrati, era di Unicost, come due dei consiglieri coinvolti nello scandalo (Morlini e Luigi Spina) mentre altri quattro erano di Magistratura indipendente, e cioè Pepe, Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli. Per Palamara, accusato di corruzione per una serie di regalie che avrebbero influito sull’esito di alcune sentenze, lo scopo dell’incontro era di influenzare le nomine della procura di Perugia, presso cui era indagato. Le sentenze per cui Palamara si sarebbe speso erano, secondo l’Espresso, a vantaggio del gruppo Caltagirone, che ha finanziato il PD e specificamente Zingaretti. Al contrario Dagospia sostiene che Palamara, insieme a imprenditori amici legati all’Eni, avrebbe usato la sua influenza di capo di Unicost per piazzare a Gela e Perugia procuratori fedeli o corrotti e così depistare le indagini sull’Eni e innescarne una sul pm romano Paolo Ielo.

Ma i due parlamentari PD con cui trattava erano uno renziano e l’altro ex di Forza Italia.

Lotti fa parte del “cerchio magico” di Matteo Renzi, di cui è stato a lungo il braccio destro, prima di essere oscurato da Maria Elena Boschi. Ministro dello Sport nel governo Gentiloni e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Renzi e con Gentiloni, è’ stato indagato col padre di Renzi nella vicenda appalti Consip. Lotti si occupava anche della raccolta fondi per il PD come membro del Consiglio Direttivo della Fondazione Big Bang, poi diventata Open, fondata da Marco Carrai il 2 febbraio del 2012.

Cosimo Ferri ex segretario di Magistratura Indipendente, Cosimo Ferri, sottosegretario alla Giustizia nel governo Letta in quota Forza Italia, confermato poi da Renzi e Gentiloni, dal 4 marzo 2019 è parlamentare del PD, un classico personaggio da Patto del Nazareno e da con funzione fra politica e magistratura.

Oltre alla importantissima procura di Roma, gli incontri fra Palamara e C. riguardavano il trasferimento di Creazzo, reo di aver promosso l’inchiesta a carico dei genitori di Renzi, da Firenze a Reggio Calabria. Doveva inoltre essere trasferito via da Perugia il responsabile dell’inchiesta a carico dello stesso Palamara.

[4] Si tratta di Luciana Breggia, presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale di Firenze, e di Matilde Betti, presidente della prima sezione civile del tribunale di Bologna. Un quotidiano ha parlato non a caso di “bullismo o machismo giudiziario populista” da parte di Salvini.