La via turca alla violenza sulle donne

Il 20 marzo 2021, a nove anni dalla sua firma, la Turchia di Erdogan si ritira dalla Convenzione di Istanbul. Un segnale per tutte le donne del mondo: pagherete il Covid e la crisi economica anche con l’aumento della violenza contro di voi.

La Turchia fu il primo paese nel 2012 a ratificare questa Convenzione, approvata dal Consiglio d’Europa nel 2011 e in seguito da 31 paesi europei.  È stato il primo trattato internazionale a considerare la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani. Essa impegna gli stati a includere nei loro codici penali e nelle leggi in genere i delitti di genere. Fra questi delitti oltre al femminicidio sono elencati nell’ordine la violenza psicologica, lo stalking, la violenza fisica, lo stupro; il matrimonio forzato in particolare delle minorenni; le mutilazioni genitali femminili, l’aborto forzato, la sterilizzazione forzata; le molestie sessuali e il “delitto d’onore”

Erdogan ha cominciato a parlare di ritiro da questa Convenzione in agosto del 2020. Allora l’associazione femminile islamica Kadem, guidata da sua figlia, si era schierata contro la decisione.

Oggi la figlia e l’associazione si sono allineate (giustamente il patriarcato comincia da casa propria!).

Le donne turche sono però scese in piazza a protestare proprio a Istanbul.

Sgombriamo subito il campo da un equivoco: Erdogan agisce così non perché è islamico o leader di un paese “arretrato”.  Da questa Convenzione si vuole ritirare anche il cattolicissimo e occidentale governo polacco.

Erdogan se mai rappresenta un governo liberticida che opprime in primo luogo i lavoratori, le minoranze (i Curdi), e in linea con questo, le donne.

Come tutti i governi autocratici schiaccia i diritti di tutti in nome del profitto di pochi e in cambio fa l’occhiolino ai maschi del suo paese dicendo loro che quella firmata a Istanbul è una “legge straniera”, estranea alle loro tradizioni, che “mina la famiglia e diffonde l’omosessualità”.

Io vi schiaccio come uomini, ma come maschi vi do via libera a sfogare le vostre pulsioni.

La Convenzione di Istanbul non è mai stata applicata in Turchia, quindi dal puto di vista pratico non cambia gran che, ma ha un grande valore dal punto di vista di principio e psicologico.

Cerca di separare il destino delle donne turche da quello del resto delle donne di tutto il mondo, è un minaccioso avviso (infatti ha già in programma di reintrodurre il matrimonio riparatore per chi violenta una minorenne).

Ricordiamo che nella civilissima Italia il delitto d’onore è stato cancellato solo nel 1981, che solo col codice di Famiglia del 1980 si cancella il diritto del marito a “correggere la moglie” (cioè a riempirla di botte se lo riteneva giusto), che solo nel 1996 lo stupro viene definito violenza contro la persona e non contro la morale.

La lotta delle donne turche è la nostra lotta!

Scheda su donne e Turchia

In Turchia nel 2020 sono state uccide300 donne: 7,4 ogni 10 mila donne (negli Usa sempre ogni 10 mila donne ne sono state uccise 5, In Italia 3). Come dappertutto la maggior parte degli omicidi è opera di un ex marito, un marito o un fidanzato. La variante in Turchia è che anche padri, zii e fratelli partecipano alla mattanza. Come dappertutto il lockdown ha fatto diminuire gli omicidi, ma i femminicidi restano stabili.   In Turchia è ancora in uso il matrimonio forzato delle minorenni (dati del governo 483 mila fra 2009 e 2018). Gli uomini violenti vengono raramente condannati (tanto che si è coniato il termine di “riduzione della pena a causa della cravatta”

In cambio le donne in Turchia lavorano più degli uomini (sono il 51% della popolazione attiva), ma figurano solo al 33,6% come forza lavoro.  Infatti spesso le donne lavorano in nero nelle piccole fabbriche tessili o come coadiuvanti non registrate in agricoltura, o come donne di servizio, cameriere ecc. Quindi non hanno pensione, né assicurazioni. Solo nelle università sono presenti fra i docenti in buon numero: le figlie della borghesia turca possono fare carriera come gli uomini.

Del resto anche in India, dove una donna può ancora andare a fuoco perché il padre non ha pagato la dote, abbiamo avuto un primo ministro donna. Le famiglie potenti riescono a imporre persino una donna in posti importanti.

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