L´appello dell´Onu all´Europa ”Mandate i mezzi militari” – Andrea Bonanni

L’ONU ha chiesto all’EUROPA di subentrare agli USA quando questi ridurranno la propria presenza nelle zone colpite dal maremoto.
La UE ha già stanziato 1 miliardo e mezzo di euro (più di USA, GIAPPONE e AUSTRALIA insieme) e ha costretto gli USA a lasciare all’ONU la guida degli aiuti, ma non ha saputo unirsi per una mobilitazione dei mezzi militari. Dovrebbe esistere una forza d’intervento rapido di 60mila uomini, ma manca l’autorità che la mobiliti.
BRUXELLES – Le Nazioni Unite hanno chiesto ieri all´Unione europea di fornire supporto logistico per l´invio e la distribuzione degli aiuti alle vittime del maremoto, visto che gli Stati Uniti avrebbero intenzione di ridurre l´impegno delle loro forze militari nell´area a partire dalla fine di gennaio. Stando a quanto hanno comunicato gli inviati dell´Onu ai rappresentanti del Comitato politico e di sicurezza dell´Ue, le previsioni sono invece che alcuni dei paesi colpiti dallo tsunami avranno bisogno dell´aiuto esterno di navi, aerei, elicotteri e camion per far fronte all´emergenza almeno fino a tutto il mese di aprile.
Dopo aver largamente superato tutti nella gara alla generosità pubblica e privata, dopo essere riuscita a riportare il coordinamento internazionale dei soccorsi sotto il cappello delle Nazioni Unite sottraendolo all´ennesima alleanza «ad hoc» messa in piedi da Washington, l´Europa sarà dunque chiamata a dare prova di sé anche là dove ha obiettivamente fallito: la mobilitazione logistica dei propri mezzi militari.
Finora questa mobilitazione è rimasta affidata alle iniziative unilaterali dei vari Stati membri. Un po´ per riflesso condizionato, un po´ per mancanza di una autorità forte a Bruxelles capace di assumere iniziative in questo campo in una situazione di emergenza.
«La prima cosa che ho fatto, quando ho capito la gravità della situazione e la necessità di inviare aiuti d´urgenza, è stata chiamare il generale Cecchi, responsabile del Comando operativo interforze», ha raccontato ieri il ministro degli Esteri Gianfranco Fini illustrando quella che è stata una reazione istintiva e naturale in tutte le capitali dell´Unione. Oggi l´Italia ha impegnati nell´area tre aerei militari e ha inviato una nave appoggio. Passi simili sono stati compiuti da molti altri stati membri. Ma nessuno dei mezzi utilizzati porta per ora la bandiera europea.
Per la verità, dal 2003 l´Unione dovrebbe disporre della capacità di mobilitare una forza di intervento rapido in grado di spostare in qualunque parte del globo almeno sessantamila uomini, e dunque anche di trasportare e distribuire gli aiuti per una catastrofe umanitaria. Ma, se pure il dispositivo è funzionante, semplicemente non esiste a Bruxelles nessuna autorità in grado di farlo scattare con un rapido giro di telefonate, come sarebbe stato necessario all´indomani del maremoto. C´è da domandarsi se, quando la nuova Costituzione sarà entrata in vigore e l´Unione disporrà di un Presidente e di un ministro degli esteri, questo vuoto di potere cesserà di esistere. Ma è lecito dubitarne. Per mettere in moto la macchina della logistica comunitaria sono necessarie alcune riunioni dei ministri competenti. E la prima, straordinaria, si è tenuta solo ieri: dodici giorni dopo il disastro.
Di queste carenze, i governi europei hanno preso dolorosamente coscienza. Il loro comunicato finale sottolinea diplomaticamente la necessità di «un miglior coordinamento dei mezzi militari», di «un miglioramento dei meccanismi di protezione civile della Comunità» e di «un rafforzamento della cooperazione tra i consolati». La Commissione promette di sottoporre a fine mese un piano per la creazione di una forza di intervento rapida in caso di catastrofi. Purché ci sia anche qualcuno, a Bruxelles, in grado di mobilitarla in fretta.
«Vicende come questa dimostrano che bisogna passare alla piena attuazione di quei principi che finora sono enunciati solo sulla carta, se vogliamo veramente che l´Unione sia percepita come una realtà politica», ha commentato ieri Fini. Ed è un peccato questa occasione perduta, perché per altri versi l´Europa ha saputo assumere un ruolo di leadership nella prima emergenza globale.

Con un miliardo e mezzo di euro impegnati in aiuti pubblici, l´Unione da sola contribuisce quanto Australia, Giappone e Stati Uniti messi insieme. Inoltre la determinazione degli europei nel voler attribuire all´Onu il ruolo di coordinatore degli interventi ha costretto gli Usa ad abbandonare la strampalata coalizione «ad hoc» che avevano messo in piedi con i paesi della regione tagliando completamente fuori l´Onu. Infine al vertice di Giacarta l´Europa si è presentata con una sola voce espressa attraverso i suoi rappresentanti istituzionali: il presidente di turno del Consiglio e quello della Commissione che hanno parlato a nome dei Venticinque. Ancora pochi anni fa una simile dimostrazione di compattezza e di influenza sarebbe stata impensabile. Ma oggi, quando perfino le emergenze umanitarie diventano globali e si fanno politiche, questo indiscutibile progresso già non basta più.

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