L’esperienza di Kobanê vivrà

L’articolo tradotto dal sito di Solidarité Ouvrière ci richiama alla mente un episodio analogo della Seconda Guerra Mondiale, la rivolta di Varsavia (1º agosto – 2 ottobre 1944). Là l’insurrezione guidata dall’esercito nazionale polacco contro l’occupazione nazista fu lasciata sola e quindi ferocemente schiacciata nella consapevole indifferenza di Churchill, ufficialmente “protettore” dei polacchi, e dall’Armata rossa che attese la carneficina prima di “liberare” la città. A suggello della tragedia il 9 ottobre, nella quarta conferenza di Mosca Stalin e Churchill “giocarono a Risiko” per spartirsi l’Europa orientale (il tutto poi venne gettato all’aria a Yalta). Ma il concetto è che gli imperialismi dell’est e dell’ovest volevano il massacro per poter gestire più liberamente il dopoguerra, alla faccia della guerra per “la democrazia” e per sconfiggere il nemico nazifascista.

Il parallelo ci aiuta a mettere a fuoco l’interesse peloso di europei statunitensi turchi e arabi verso i curdi della regione: armati, se ciò conviene tatticamente, ma per lo più utilizzati in una cinica partita a scacchi. Per la Turchia il massacro dei curdi di Kobanê è utile perché non solo significa indebolire un santuario del PKK, impedire la formazione di altri staterelli curdi autonomi alla propria frontiera (auspicati ad esempio dalla Francia), ma anche fornisce il pretesto per una invasione del territorio siriano. Per gli Usa il massacro dei curdi, degli yazidi, dei cristiani ecc. è un utile strumento per influenzare l’opinione pubblica americana, contraria a una ripresa dell’intervento militare in Iraq; intervento che molti settori auspicano perché Washington conservi un ruolo di ago della bilancia in Medio Oriente, in particolare per impedire un aumento di influenza turco, ma anche iraniano o saudita. Gli europei vogliono salvaguardare gli investimenti nei pozzi di petrolio, ma la Germania vede nell’armare, non da oggi, i peshmerga curdi il modo di rafforzare una linea di politica estera più assertiva e indipendente da quella Usa. I giornali israeliani danno già Kobanê per spacciata; commenta Jonathan Spyer sul Jerusalem Post che Kobanê “offre una obbiettiva lezione sulla limitata efficacia del coraggio e della determinazione (di cui lo YPG curdo abbonda) di fronte all’indifferenza delle potenze regionali e globali verso il destino dei curdi di Siria” (un discorso rivolto ai curdi perché i palestinesi capiscano?).

Quello che tutti gli avvoltoi che si accalcano intorno a Kobanê o bombardano dal cielo con rara inefficacia non vogliono è che voci indipendenti, non soggette al controllo di queste medie e grandi potenze, sopravvivano. Di qui l’importanza di dar loro spazio.

L’esperienza di Kobanê vivrà

Pubblicato l’11/10/2014
Articolo di Houzan Mahmoud, 10 ottobre 2014

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E’ da quasi un mese che i terroristi di Daesh (latinizzazione dell’acronimo di al-Dawlah al-Islāmīyah fī al-ʻIrāq wa-al-Shām: Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, N.d.T.) hanno iniziato il loro attacco a Kobanê. Le coraggiose donne e i coraggiosi uomini di Kobanê affrontano nel modo più eroico queste forze oscurantiste.

I combattenti di Daesh sono super-addestrati e molto ben equipaggiati, col denaro e la ricchezza, di carri armati, cannoni e ultime tecnologie. Questo arsenale è impiegato per distruggere Kobanê e la sua gente. Inoltre, si è scoperto che la Turchia e gli altri governi reazionari della regione, hanno aiutato e sostenuto Daesh.

Kobanê si è sollevata da sola, ma la sua popolazione resiste senza rifornimenti di armi o logistici. La sua principale risorsa è la sua forza, la sua determinazione e i suoi ideali umani. Lotta con una visione politica di giustizia sociale, di parità di genere e di laicità. E deve affrontare una delle forze più brutali dei tempi moderni. Daesh e la sua visione della società sono completamente opposti a quella di Kobanê. Il programma di Daesh è quello dei secoli bui: omicidi, decapitazione, amputazione delle mani, velo per le donne e apartheid sessita, così come lo stupro e la schiavitù sessuale. In un comunicato, Daesh ha sostenuto che i curdi non sarebbero musulmani e dovrebbero sottostare alla volontà di Daesh e pagargli una tassa. In caso contrario, avrebbero pagato con il loro sangue, con quello delle loro mogli e dei loro figli, e sarebbe stato halal (consentito dalla legge islamica, N.d.T.) uccidere e stuprare le donne curde. Gli Stati Uniti e l’Occidente hanno voltato le spalle a Kobanê e dichiarato che se Kobanê cade non è un loro problema. Le loro pseudo-incursioni aeree, svolte sotto la pressione internazionale non si sono dimostrate efficaci contro Daesh.

Perché l’Occidente non ha alcun interesse ad armare realmente i curdi di Kobanê?

Prima di tutto, io personalmente non avrei voluto vedere alcun intervento da parte degli Stati Uniti o dell’Occidente che sia o di chiunque altro in Medio Oriente. Ogni volta che vi intervengono, lasciano alla popolazione un lungo conflitto senza fine, la lasciano sola in un sanguinoso tumulto politico. I governi che si installano non portano che più repressione e divisione in una società già lacerata. In primo luogo, sono i governi occidentali che hanno definito questi confini e diviso il Kurdistan in quattro parti, e poi di generazione in generazione, si sperimenta la guerra, la violenza politica, il terrore, il carcere, le privazioni, le esecuzioni e il genocidio. Dopo un periodo di tre anni successivo alla rivolta in Siria, la popolazione curda si è sollevata. Era stata a lungo repressa e privata dei suoi diritti più elementari. Da allora, un nuovo modello politico è stato costruito, difendendo un’esperienza di autonomia collettiva.

Kobanê è un esempio pericoloso di una straordinaria autonomia democratica, laica ed egualitaria. Sotto il suo potere autonomo, la metà delle posizioni di direzione sono detenute da donne e le persone partecipano al processo decisionale locale a prescindere da quali siano le loro origini “etniche” o “religiose”. Il comune autonomo è basato su una costituzione che rifiuta esplicitamente la forma dello stato-nazione e sostiene la protezione dell’ambiente e l’ecologia. Questo è in totale opposizione agli scopi e gli ideali delle potenze occidentali che hanno sempre voluto che il Medio Oriente sia diviso e governato sulla base delle differenze etniche, religiose e tribali. Inoltre, la parità di genere e diritti dei bambini sono al centro del programma sociale della popolazione rivoluzionaria di Kobanê.

Abbiamo visto molto poco sostegno da parte dei governi occidentali per i coraggiosi pershmargas, combattenti per la libertà, ed è chiaro che non vogliono sostenere Kobanê. Rifiutano il loro sostegno perché non è il tipo di modello politico o sociale che l’Occidente vuole vedere. L’unica forma di società che si difende è quella del neo-liberalismo basato sull’individualismo, il “libero mercato” e la divisione delle classi. Questo tipo di società non ha nulla a che fare col collettivismo, con gli ideali politici o rivoluzionari, ma è ossessionato da arrivismo e consumismo.

Inoltre l’esempio di Kobanê non entra nel modello neo-liberista dei regimi etno-settari, come gli Stati Uniti e l’Occidente hanno installato in Iraq e in Afghanistan dopo la loro occupazione. Kobanê è diversa: è una politica basata su decisioni comuni, con la parità tra i sessi nel proprio cuore. I suoi combattenti non difendono il libero mercato e l’individualismo egoistico. Quello che succede a Kobanê è una nuova rivoluzione a tutti i livelli. Combattere Daesh e contemporaneamente sperimentare la gestione della società sulla base dell’azione collettiva, della parità di genere e del progresso culturale è un esempio straordinario.

Kobanê e la sua gente, uomini e donne sono devoti alla loro causa e mettono in atto un nuovo esempio politico per il Medio Oriente. L’Occidente non vuole far avanzare questa causa. Essi non accetteranno né sosterranno alcuna alternativa al capitalismo. Viviamo in un mondo dove le persone sono ridotte ad essere membri di sette religiose, gruppi etnici o tribù. Il Medio Oriente è stato a lungo il luogo della politica per cui un gruppo ne opprime un altro sulla base di divisioni religiose ed etniche.

La nuova alternativa che le donne e gli uomini di rivoluzionari di Kobanê offrono è quello della solidarietà umana, del superamento delle divisioni di genere, di religione, di etnia e di classe. Direi che l’esperienza di Kobanê e l’esempio della rivoluzione e della lotta per la libertà vivranno. Kobanê non cadrà mai e non sarà mai sconfitta.

Houzan Mahmoud, 10 ottobre 2014
Houzan Mahmoud è portavoce all’estero dell’Organizzazione per la libertà delle donne in Iraq

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