MASSACRO DI BUCHA, UCRAINA

Il recente massacro di Bucha, Ucraina, suscita orrore e decisa condanna. Condanna senza appello della brutale violenza contro la popolazione ucraina scatenata nello scontro militare tra i due fronti imperialistici che si contendono l’influenza su Kiev. Non è possibile avere un’assoluta certezza su quali siano i diretti responsabili. Ce lo garantisce l’esperienza delle guerre precedenti. La verità, quando emerge, emerge quando non interessa più a nessuno (come “le armi di distruzione di massa” che giustificarono il conflitto iracheno). Troppo grande è l’interesse a mentire per le parti in conflitto e i loro sostenitori, troppo facile falsificare le “evidenze” fotografiche o televisive”.

Bucha

Reparti scelti o di miliziani ceceni diretti dall’autocrate Putin, che ha invaso il paese per riconquistarsi una parte significativa dell’ex impero russo? Oppure le frange fasciste delle forze armate del democratico Zelensky che sollecita presso gli alleati Nato/Ue e USA un maggior sostegno militare e sanzioni economiche più pesanti? Oppure un insieme di entrambe le ipotesi?

Anche in questa guerra lo scontro sulle informazioni è parte integrante dello scontro armato, funzionale ad arruolare i civili sui due fronti, civili che pagano il prezzo più alto del massacro con un cinico utilizzo politico di queste vittime e delle sofferenze di tutta la popolazione ucraina. E non possiamo neppure attenderci un giudizio imparziale e obiettivo da parte della Corte penale internazionale che, come i vari tribunali internazionali, si vuole super partes ma che in realtà non lo è, visto che non è riconosciuta da tutti in paesi.[1]

In definitiva quello che conta è la denuncia delle cause di questa guerra e delle sue atrocità, inevitabili come lo sono in qualsiasi guerra.

Le immagini del massacro, delle fosse comuni dei poveri corpi straziati di civili pongono interrogativi angoscianti e pressanti, a ogni coscienza. Come possono degli esseri umani giungere a tale atrocità? Perché nel terzo millennio, dopo la ripetuta e unanime denuncia degli orrori della Seconda Guerra Mondiale sono ancora possibili azioni disumane di tali dimensioni?

Ma la memoria, e con essa la coscienza sociale, si ferma per lo più ai crimini commessi dai regimi nazisti e fascisti sconfitti nel secondo conflitto mondiale.

I crimini commessi nelle innumerevoli guerre “per la democrazia, per la difesa delle minoranze, contro il terrorismo…”, nei seguenti otto decenni “pacifici” – pacifici solo per una parte dei paesi occidentali, per quelli economicamente e politicamente più potenti – sono  via via cancellati dai crimini più recenti, “consumati” dai media, denunciati da organizzazioni umanitarie, e impugnati da forze politiche o stati quando servono a sostenere una o l’altra parte degli schieramenti di violenza organizzata.

Si parla di bavaglio ai media da parte del regime di Putin, l’opinione interna russa deve essere manipolata a sostegno delle operazioni “in difesa dei russofoni ucraini”. Certo è così, ed è dimostrato. Sappiamo che la censura passa attraverso il controllo dei media da parte di grossi gruppi di potere. Come è evidente nei media italiani dove è in atto la ricerca del consenso popolare all’invio di armi italiane in Ucraina.

Fragoroso anche il silenzio che impera sui crimini commessi dall’imperialismo americano assieme ai suoi complici alleati. Uno su tutti il massacro di Falluja con l’uso di armi chimiche, che, secondo uno studio americano ebbe conseguenze peggiori anche di Hiroshima: dopo i bombardamenti le percentuali di tumori sono aumentati esponenzialmente … Guardare il video: https://www.youtube.com/watch?v=TgSmsMIUZ60.

Fallujah, la strage nascosta

Vogliamo con questo sminuire le gravi responsabilità dell’imperialismo russo in Ucraina? Affatto. Ma da internazionalisti abbiamo il dovere di denunciare e combattere innanzitutto l’imperialismo di casa nostra. Lo facciamo ricordando che il governo italiano è complice a pieno titolo della guerra in atto in Ucraina essendo parte integrante della Nato, che si scontra “per procura”, contro l’imperialismo russo usando come carne da macello i lavoratori ucraini.

Lo facciamo segnalando anche eventi bellici più recenti che riguardano l’imperialismo di casa nostra. Le missioni militari italiane in corso all’estero sono 40, su tre continenti. Tra quelle confermate per l’anno 2021 quelle nell’area balcanica, con l’Operazione Kosovo Kfor nel contesto della missione NATO Joint Enterprise, e altri 8 diversi dispositivi multi-area in Europa, tra cui l’Operazione Mare Sicuro nel Mar Mediterraneo.

Proprio riguardo alla missione attualmente a guida italiana nei Balcani, sottolineiamo che l’Italia, che nella sua Costituzione ripudia la guerra, «…ha partecipato a tutte le missioni militari che si sono avvicendate nei Balcani in relazione alle diverse crisi e nelle diverse aree.», nel quadro di vari organismi, ONU, NATO, l’Unione europea, UEO, OSCE. Quali furono queste missioni? Eccole: La guerra serbo-bosniaca; conflitto del Kosovo; KFOR; NATO Headquarters Skopje; NATO Headquarters Tirana; NATO Headquarters Sarajevo; EUPT Kosovo; UNMIK; Althea …» Dal sito della camera dei deputati italiana.

Ricordiamo in particolare che durante la guerra di Bosnia-Erzegovina (1992-95), a cui l’Italia partecipò a pieno titolo, la Nato effettuò bombardamenti con uranio impoverito, su Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Serbia. E sempre nel corso di questa guerra il contingente ONU (di cui anche l’Italia faceva parte) formalmente presente per impedire crimini di guerra, permise invece alle truppe dell’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina di perpetrare il massacro di Srebrenica, con 8372 persone scomparse o uccise.

L’Italia prese parte anche alla guerra del Kosovo (1998-1999). Il governo di sinistra d’allora, con primo ministro il PD Massimo D’Alema, autorizzò l’utilizzo dello spazio aereo, e così dall’Italia, partirono i raid offensivi. In un’intervista a La Repubblica (29.03.1999) il capo di stato maggiore della Difesa generale Mario Arpino, ammise che anche l’Italia sganciò le sue bombe: Il numero delle basi, il personale impegnato nei centri di controllo a terra, il numero degli aerei, quello delle unità della Marina, gli uomini dell’Esercito schierati in Macedonia fanno dell’Italia un paese essenziale: lo sforzo dell’Italia in quest’operazione è secondo solo a quello degli Stati Uniti. Lei chiede: i Tornado hanno bombardato? Io dico che oltre a tutto il resto, oltre a migliaia di uomini che lavorano in queste ore per l’Italia e la Nato, alcuni velivoli italiani hanno anche colpito radar e batterie di missili che ci minacciavano. Ma è questo il problema?“. Di certo le bombe non sono considerate dal governo italiano crimini di guerra!

Le bombe “umanitarie” di D’Alema, Mattarella e Nato sulla Serbia: la globalizzazione a mano armata

Ma il filo rosso degli orrori provocati dall’imperialismo italiano e dal suo stato giunge ininterrotto da lontano, senza cesura rispetto alla forma statale fascista. Segnaliamo a riguardo un semplice elenco bibliografico, preso dal sito: http://www.criminidiguerra.it/.

Nello specifico una “sola” citazione da Wikipedia può bastare:[1]

«Dal 1930 al 1931 le forze italiane scatenarono un’ondata di terrore sulla popolazione indigena cirenaica; tra il 1930 e il 1931 furono giustiziati 12 000 cirenaici e tutta la popolazione nomade della Cirenaica settentrionale fu deportata in enormi campi di concentramento lungo la costa desertica della Sirte, in condizione di sovraffollamento, sottoalimentazione e mancanza di igiene. Nel giugno 1930, le autorità militari italiane organizzarono la migrazione forzata e deportazione dell’intera popolazione del Gebel al Akhdar, in Cirenaica, e ciò comportò l’espulsione di quasi 100 000 beduini (una piccola parte era riuscita a fuggire in Egitto – metà della popolazione della Cirenaica – dai loro insediamenti, che furono assegnati a coloni italiani. Queste 100 000 persone, in massima parte donne, bambini e anziani, furono costretti dalle autorità italiane a una marcia forzata di oltre mille chilometri nel deserto verso una serie di campi di concentramento circondati di filo spinato costruiti nei pressi di Bengasi. Le persone furono falcidiate dalla sete e dalla fame; gli sciagurati ritardatari che non riuscivano a tenere il passo con la marcia venivano fucilati sul posto dagli italiani. Tra i vari episodi di crudeltà si cita l’abbandono di molti indigeni, tra cui donne e bambini, nel deserto privi di acqua a causa di vari dissidi; altri morti per fustigazioni e fatica. Fonti straniere, non censurate dal governo italiano e mostrate anche nel film “Il leone del deserto”, mostrano riprese aeree, fotogrammi e immagini dei campi per il concentramento dei deportati, in cui i deportati venivano internati senza alcun’assistenza o sussidio. Le esecuzioni sommarie erano all’ordine del giorno per chi si mostrava ostile o cercava di ribellarsi alla situazione

Gli atroci crimini commessi in Cirenaica, Libia, dal colonialismo italiano

Ciò che emerge chiaramente dagli esempi sopra riportati è che i massacri perpetrati nelle innumerevoli guerre contemporanee sono causati dalla logica stessa del capitalismo, basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo a qualunque costo, anche della distruzione dell’essere umano e del contesto naturale in cui vive. Non è mai esistito e non può esistere un capitalismo privo di guerre, e la sua fase storicamente ultima, “suprema” secondo la definizione di Lenin, quella dell’imperialismo, esaspera gli aspetti militari alzando vieppiù la posta in gioco dal punto di vista dell’accaparramento delle risorse naturali e umane, e del loro controllo politico, e con essa la violenza militare necessaria al suo perseguimento.

Guerra alle guerre, guerra alla madre di tutte le guerre in corso, la società capitalistica e tutti i suoi imperialismi, da quelli espressi da stati autoritari a quelli ammantati di democrazia. No al riarmo italiano, europeo, no agli eserciti del Capitale internazionale.


[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_italiani#Guerra_di_Libia

[1] Sono 123 (ad ottobre 2017) i paesi che aderiscono allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, il trattato internazionale istitutivo della Corte penale internazionale. Altri 32 paesi hanno firmato ma non ratificato il trattato. Fra questi, Israele, Russia, Stati Uniti e Sudan hanno dichiarato di non avere intenzione di ratificarlo. Tra i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, hanno aderito alla Corte penale internazionale Francia e Regno Unito, mentre non hanno aderito USA, Cina e Russia.

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