[Napoli] 14 Novembre: gli studenti chiamano… gli operai quando rispondono?

Dopo la forte contestazione di lunedì 12 al ministro Fornero, che si è conclusa con gli scontri protrattisi per più di un’ora tra piazzale Tecchio e viale Augusto a Fuorigrotta, siamo tornati in piazza, aderendo alle varie manifestazioni che sono state proclamate per la data dello sciopero europeo del 14 novembre. In tutta Italia sono state 87 le piazze (a destra una mappa con tutti i concentramenti), con centinaia di migliaia di manifestanti, tra studenti, disoccupati, operai e lavoratori.
A Napoli erano tre i concentramenti di piazza, chiamati da sindacati di base, partiti e da realtà di movimento:
A Pomigliano, dove gli operai della Fiat da mesi stanno portando avanti una battaglia per la difesa del posto di lavoro, in particolare per il ritorno in fabbrica dei 2100 cassaintegrati, e per il reintegro dei lavoratori licenziati, la FIOM ha indetto un corteo “meridionale”. Una nostra delegazione si è recata alla manifestazione di Pomigliano nonostante fosse palese la scelta della dirigenza FIOM di trasformare anche questa giornata di sciopero nell’ennesima “passeggiata”, tanto inutile per i lavoratori quanto innocua per i padroni. Nei giorni precedenti allo sciopero è infatti emersa in maniera limpida la profonda contraddizione esistente nel principale sindacato dei metalmeccanici: da una parte un settore consistente della base operaia e degli stessi RSU che spingevano per organizzare picchetti ovunque possibile e in particolare al cancello 2 della Fiat; dall’altra la segreteria e il suo seguito di burocrati, oramai intenti unicamente a creare un clima di sostanziale pace sociale in attesa delle elezioni e dell’arrivo del tanto agognato “governo amico” PD-SeL, e per questo contrari a qualsiasi iniziativa di lotta reale. Inutile dire che anche questa volta hanno prevalso i diktat della segreteria, la quale non è andata oltre la “concessione” di un paio di picchetti simbolici fuori all’Avio e all’Alenia. Il corteo si è rivelato un sostanziale flop anche sul piano numerico: non più di qualche migliaio di persone, (davvero poca cosa se si pensa che si trattava di una scadenza di tutto il Sud Italia), di cui la gran parte composta da studenti dell’area vesuviana e per circa un terzo “occupato” dagli spezzoni di IdV, Rifondazione Comunista, PD e SeL (gli ultimi due contestati da un gruppo di studenti e lavoratori all’inizio del corteo). In sintesi, poche centinaia di lavoratori, la gran parte dei quali presenti in piccole delegazioni e in una piazza in cui anche le vertenze “più calde” (Irisbus, Magneti Marelli, gli stessi cassintegrati Fiat) sono rimaste imprigionate e rese invisibili dal patetico teatrino pre-elettorale. Non è un caso se lo stesso comizio conclusivo (con la partecipazione di lavoratori dalla Fiat di Melfi, da Salerno, e con l’intervento di studenti e soggetti sociali del territorio) si sia svolto in una piazza già quasi deserta.
Lo scenario che si è delineato il 14 a Pomigliano è a nostro avviso ancor più indicativo se si pensa che tale giornata si è svolta in un contesto reso quanto mai caldo dalle mobilitazioni di studenti e precari, scesi in piazza due giorni prima per contestare il ministro Fornero a Fuorigrotta e presenti in massa in tutte le piazze d’Italia con cortei autorganizzati proprio in occasione dello sciopero europeo contro l’austerity. D’altronde, in più occasioni il movimento di precari e studenti ha provato a contattare la Fiom napoletana chiedendo di poter partecipare al corteo ed intervenire al comizio con le proprie specificità e le proprie parole d’ordine, ricevendo come risposta un no secco: “se volete venire, vi mettete in coda alla manifestazione”.

Da parte nostra, non abbiamo mai creduto nell’unità per l’unità, o come semplice sommatoria delle singole sigle, ma siamo sempre stati convinti – e con questa convinzione siamo sempre andati fuori ogni fabbrica o posto di lavoro – che tutti i sindacati oggi abbiano grossissimi limiti sulla capacità di mettere in campo una battaglia rivendicativa reale, e solo i lavoratori, organizzandosi tramite dei comitati autoconvocati, possono superare le differenze (spesso imposte da dirigenze burocraticizzate) e lottare unitariamente. La battaglia portata avanti ultimamente dalla FIOM, nonostante delle parziali vittorie, è impantanata tra tribunali e la proposta dei contratti di solidarietà: questi ultimi ci sembrano la conferma di come Landini e compagnia tentino di aggirare l’infame guerra tra poveri fomentata da Marchionne con l’appoggio di Fim, Uilm e Ugl non con la definizione di un serio percorso di lotta, ma con l’ennesimo compromesso al ribasso per venire incontro alle necessità dei padroni e quindi facendo gravare il peso di questa crisi sui lavoratori.
Contro queste logiche dobbiamo batterci fortemente, rilanciando la battaglia per un salario garantito intercategoriale, come garanzia di base per uscire dal meccanismo del ricatto, che Marchionne continua infamemente ad utilizzare contro chi alza la testa verso i soprusi dei padroni.
Al contrario, a Napoli sono stati tantissimi – più di cinquemila – gli studenti scesi in piazza per lo sciopero europeo. Nonostante la partecipazione di massa al corteo contro il vertice Fornero-Von der Leyen, molte scuole della zona flegrea, del Vomero e del centro storico hanno riempito nuovamente piazza Dante e piazza del Gesù. Il corteo è sfilato sanzionando la provincia (sempre sulla questione dell’edilizia scolastica, tornata alla ribalta dopo l’annuncio dell’accorpamento di numerosi istituti) e si è chiuso occupando i binari della stazione di piazza Garibaldi, contro il taglio ai trasporti, in solidarietà ai movimenti No Tav (bloccata la partenza del treno Italo) e ai lavoratori delle aziende in crisi (Sepsa, Eavbus) che, tra stipendi non pagati e ticket pasto non retribuiti, sono in agitazione da settimane, senza la possibilità di vedere uno spiraglio di risoluzione della vertenza. Prima della partenza del corteo un gruppo di compagni e di studenti universitari ha aperto uno striscione dal palco della Cgil, che teneva un comizio a piazza del Gesù: “Basta Farse – Lotta di Classe”. Qualche attimo di tensione ci è sembrato il minimo, visto l’ennesimo sciopero farsa di 4 ore, mentre nel resto d’Europa (ad esempio in Spagna) si è arrivati ad un’adesione di più dell’80% allo sciopero. Ci è sembrato uno sconto, viste le dichiarazioni della Camusso del giorno dopo, in cui si attaccavano pesantemente le azioni “violente” delle proteste di tutta Italia (per non parlare del vergognoso titolo sulla prima pagina dell’Unità del 15 novembre). La straordinaria partecipazione sia a Napoli che in tutto il resto d’Italia delle mobilitazioni di studenti e precari, la radicalità delle parole d’ordine e delle pratiche di lotta e la stessa risposta repressiva da parte delle forze dell’ordine al servizio del governo Monti ci lasciano ben sperare per quest’ultimo scorcio d’autunno.

Resta da vedere se i lavoratori delle fabbriche in crisi continueranno a stare a guardare, a chiudersi nei recinti delle proprie vertenze delegando alle centrali sindacali il destino delle proprie vite, oppure sapranno raccogliere gli input di lotta e di mobilitazione reale lanciati in queste ore dagli studenti e dalla sinistra di classe.

Proclamare lo sciopero generale di 48 ore, al momento non è una richiesta in controtendenza con le difficoltà del paese, ma una necessità per poter dar voce ai lavoratori, sempre più stanchi di dirigenze complici e solidali più coi padroni, che con gli iscritti dei propri sindacati!

Organizziamoci in comitati autoconvocati di lavoratori!
Richiediamo un salario garantito intercategoriale!
Contro la concertazione, sciopero generale intercategoriale ad oltranza!

Laboratorio Politico Iskra

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