Né divise né Corano, indipendenza del proletariato!

Turchia - tank

Un nuovo pronunciamento militare ha cercato inutilmente di rovesciare il governo di Recep Tayyp Erdogan. Nel giro di poche ore, i reparti golpisti che avevano occupato diversi punti chiave a Istanbul, Ankara e Smirne si sono poi ritirati, pressati dall’azione delle forze di polizia, dei militari leali al governo, della gente scesa nelle strade per contrastare il colpo di stato; verso le 2 del mattino la Casa Bianca si è schierata col governo islamista, certificando così il fallimento del golpe, e infine il presidente Erdogan, inizialmente dato per fuggiasco, è atterrato all’aeroporto di Istanbul. Mentre scriviamo le notizie parlano di oltre 260 morti caduti negli scontri della notte.

Fallito il putsh, restano le cause che lo hanno preparato.

Il potere personale di Erdogan, pur puntellato da una repressione crescente, è stato lentamente logorato dagli scontri interni all’AKP, dall’isolamento internazionale a seguito del suo iniziale appoggio all’ISIS, dalla crisi economica, dalla presa di distanza di strati sempre più ampi della stessa classe dirigente turca.

Il suo è un governo autoritario ed antioperaio, che aveva appena varato una serie di provvedimenti repressivi contro i lavoratori, le minoranze etniche e gli oppositori in genere (mentre scriviamo è in corso una serie di arresti ufficialmente diretti a colpire i golpisti e i loro complici, ma che potrebbero essere l’ennesimo giro di vite contro ogni opposizione politica).

Questo non ha impedito ai governi democratici di stringere con lui accordi importanti, nella guerra all’ISIS come nella repressione dei migranti, con buona pace delle belle parole sul rispetto dei diritti umani.

Dalle prime ricostruzioni, sembra che oltre alle divisioni nelle forze armate sia stata determinante la reazione della popolazione, che sfidando il coprifuoco e la legge marziale appena varati è scesa in piazza per ostacolare il golpe. E’ stato lo stesso presidente a chiederne la mobilitazione, appello rilanciato dalle moschee.

Ma non è da escludere che la popolazione sia scesa in piazza non per sostenere il governo islamista, ma per rifiutarne uno governo imposto delle forze armate, un’istituzione che per decenni ha dominato la Turchia col pugno di ferro esercitando un’oppressione che nulla aveva da invidiare rispetto a quella di Erdogan. Fra coloro che hanno difeso il governo civile potrebbero esserci molti che hanno partecipato alle mobilitazioni di piazza Taksim, e gli avvenimenti della scorsa notte potrebbero fare da catalizzatore per nuove mobilitazioni questa volta contro il governo in carica.

Alla classe lavoratrice non serve appoggiare a questa o quella fazione borghese, sia essa in divisa o in giacca e cravatta, laica o confessionale. Le serve una politica indipendente per la salvaguardia dei propri interessi, le serve mobilitarsi contro la repressione del potere civile come di quello militare, per abbattere definitivamente ogni governo borghese e il sistema di sfruttamento che esso protegge.

Né divise né Corano, ma indipendenza del proletariato!