Per un’azione internazionalista contro la guerra d’Ucraina (3)

Pubblichiamo la terza parte del nostro contributo sulla questione ucraina.

Su questo sito sono già state pubblicate:
– prima parte: Un passato che è presente
– seconda parte: Ucraina – I nuovi torbidi e la guerra

III. Per un intervento internazionalista contro la guerra

Un falso problema: di chi è la colpa della guerra? Chi ha cercato di giustificare l’aggressione di Putin all’Ucraina ha addotto l’”espansione ad Est della Nato”, che ha cambiato la geopolitica europea. Probabilmente la mossa più minacciosa è stato in realtà il ritiro degli USA dal trattato sui missili a medio raggio nel 2019: ora li potrebbero piazzare, con testate convenzionali, ai confini orientali della Nato (anche senza Ucraina), puntati sulle città russe. I russi potrebbero fare altrettanto, puntandoli sulle città europee, non americane… Gli europei accetteranno? Ora il governo polacco, in risposta a quello bielorusso, si dichiara pronto ad ospitare ordigni nucleari (americani, peraltro già presenti in Italia e Germania)…

Possiamo anche spiegare l’ascesa al potere di Hitler con la pace imperialista di Versailles e le riparazioni di guerra imposte alla Germania, e vedere la storia come una catena di decisioni provocate da quelle precedenti. La “colpa” della seconda guerra mondiale è quindi della Francia? È dell’Inghilterra? Gli imperialismi sono tutti corresponsabili. E non è compito dei rivoluzionari indicare di chi è “la colpa”, quasi a scaricare la responsabilità dei rivali, come se ci fossero violazioni di una inesistente etica degli imperialismi. La Nato giustifica il suo dispiegamento a Est, in paesi che hanno chiesto l’adesione, con la schiacciante superiorità militare russa rispetto ai singoli paesi dell’area. La logica geopolitica è che ad ogni forza si deve opporre un’altra forza almeno equivalente. La Nato è superarmata perché la Russia è superarmata, o viceversa? Inutile dibattere se sia “colpa della Nato”, o “colpa della Russia”. Tra le potenze capitaliste non c’è morale, ci sono solo interessi e spregiudicatezza, in base alla legge del più forte. Chi ha la forza, la fa valere. Ma può anche sbagliare i conti: vedi Vietnam, Iraq, Afghanistan…

Altra questione è vedere come gli USA abbiano interesse a mantenere alta questa tensione per poter dominare in Europa. Quindi Putin ha fatto il gioco di Biden? In realtà anche negli USA c’è contrasto tra una linea che vuole schiacciare Putin, e una che vuole favorire una rapida conclusione della guerra per non legare maggiormente la Russia alla Cina, considerata il vero avversario da battere. Non ci sono colombe, solo falchi con strategie diverse. Le logiche geopolitiche, imperialiste, pesano e si abbattono sui proletari. È importante capirle per denunciarle, ma i rivoluzionari non devono farsi intrappolare in quella dimensione. Il nostro terreno è quello delle classi, rispetto al quale gli Stati sono tutti organi delle classi dominanti, nostri avversari.

Siamo contro un sistema in cui la stessa autodeterminazione dei popoli diventa pedina degli schieramenti imperialisti. In un sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è inevitabile la lotta tra gli sfruttatori per allargare la propria base di sfruttamento, la propria area di influenza politico-economica, anche coi mezzi militari. Solo il rovesciamento del capitalismo, del dominio di classe dell’uomo sull’uomo può abolire il militarismo. Siamo per lo scioglimento di tutti i blocchi militari, a partire dalla Nato, per l’abolizione di tutti gli eserciti. Ma questo equivale ad essere per il rovesciamento del sistema capitalistico. Nell’agitazione evidenziamo il ruolo reazionario e oppressivo del nostro imperialismo, del suo schieramento (Nato): “il nemico principale è in casa nostra”. Ma non al punto da giustificare i suoi avversari.

Nel concreto, in Ucraina è la Russia che ha deciso per la soluzione militare, avendo perso la partita sul terreno economico e politico. Ci sono i carri armati russi in Ucraina, non viceversa, e questo pone problemi politici e sociali (prima che geopolitici) che riguardano milioni di proletari innanzitutto in Ucraina, che i rivoluzionari non possono mettere in secondo piano rispetto ai fattori geopolitici, perché è in essi che possono e devono intervenire.

Come è possibile tradurre in concreto la posizione internazionalista contro la guerra? Alcuni punti fermi:

  • No al riarmo – “il nemico principale è in casa nostra”. Qui non ci piove. Se poi per un momento il Papa ci fa compagnia, tanto meglio.
  • Armi all’Ucraina? È sull’imperialismo italiano che dobbiamo riporre le nostre speranze? Per incoronare Zelensky eroe della patria? È l’esito militare della guerra quello che più ci interessa? La risposta è no, no e no. A parte che Draghi non ha bisogno della nostra spinta (gli basta quella della Leonardo, e di Biden, e della UE), indicare alle avanguardie della classe il compito di far mandare più armi dal “nostro governo” non è esattamente il modo migliore per educare all’internazionalismo…
  • Solidarietà con chi protesta in Russia, con chi rischia la galera oltre alla multa scendendo in strada (e sono decine e centinaia di migliaia, se ne hanno arrestati 15 mila). Occorre impegnarsi per rendere questa solidarietà collegamento concreto, internazionalista.
  • Disfattismo rivoluzionario. Questa parola d’ordine non può significare augurarsi la vittoria del nemico del mio governo (nel caso dei russi, sarebbe la vittoria di Zelensky e Nato, nel caso nostro, la vittoria di Putin (ciò tra l’altro renderebbe impossibile una posizione comune). Il disfattismo rivoluzionario significa utilizzare le contraddizioni, le sofferenze provocate dalla guerra per rovesciare, nei vari paesi, i governi che la portano avanti, per abolire il dominio del capitale; significa promuovere la fraternizzazione tra i soldati dei fronti opposti. Significa ragionare in termini di classi, e non di stati e di schieramenti geopolitici.
  • Che tipo di guerra è la guerra in Ucraina? Nella sua sostanza, sulla base dell’analisi storica che precede, la guerra di Putin è il tentativo di annessione, formale o sostanziale, dell’Ucraina o di una sua parte alla Russia, manu militari. È il tentativo di negare l’autodeterminazione della popolazione che risiede in quell’area, ascrivendola d’ufficio al “popolo russo”. A seguito degli errori di valutazione accennati, Putin deve ora ridimensionare i suoi obiettivi a limitate acquisizioni territoriali. L’intervento della Nato, con sanzioni e forniture di armi (ma non aerei, finora), dà alla guerra sull’Ucraina una connotazione di guerra interimperialista, nel senso che le potenze Nato appoggiano gli ucraini per mantenerli nella propria sfera di influenza. Ma questo intervento (pur attento finora a non allargare il conflitto al territorio russo) non cancella il fatto che quella russa è una invasione pianificata, un atto di oppressione nazionale. Oppressione nazionale anche se l’Ucraina non è un paese arretrato, coloniale o semicoloniale. L’Ucraina ha un livello di sviluppo capitalistico analogo alla Russia (anche se ha recuperato meno dopo il crollo degli anni ’90); è solo un paese più piccolo, quindi più debole militarmente (anche se ha una cospicua industria bellica), così come era più debole il Belgio imperialista invaso dalla Germania nel 1914. Ma il diritto di autodeterminazione contro l’oppressione di un’altra nazionalità o potenza va difeso al di là del livello di sviluppo capitalistico, non solo perché siamo contro tutte le forme di oppressione, ma anche perché solo quando la società si è liberata dall’oppressione nazionale il proletariato può lottare liberamente e pienamente per liberarsi dall’oppressione di classe. Possiamo aggiungere che nella lotta contro l’oppressione nazionale (invasione come nel caso dell’Ucraina, o negazione della parità di diritti come nel caso dei palestinesi, dei curdi e di molte minoranze etniche, linguistiche, religiose nel mondo) le organizzazioni proletarie devono mantenere una propria indipendenza politica e organizzativa, e proprio nella lotta contro l’oppressione nazionale possono estendere la loro influenza nella classe e la capacità di portare avanti la lotta contro il potere del capitale.
  • Non spetta a noi, italiani, tedeschi, americani o russi decidere se gli ucraini debbano stare nello stesso stato o nella stessa unione coi russi, o con altri. Spetta agli ucraini (e se prima ci potevano essere dei dubbi, dopo l’invasione non possono più esserci dubbi che gli ucraini non vogliono stare coi russi). La scelta filo-europea è maturata all’interno della borghesia ucraina alla luce delle sue convenienze economiche capitalistiche, prima di diventare sentire comune non solo della parte occidentale, ma anche delle regioni orientali dell’Ucraina. Per noi internazionalisti non si pone la scelta “con chi stare”, se con uno o con l’altro schieramento imperialistico. L’essere contro il nostro imperialismo e la sua appartenenza alla Nato non può significare essere a favore di quello russo. Significa essere a fianco di chi, nei paesi Nato come in Russia, si oppone al proprio governo e al sistema capitalistico. Siamo per rovesciare il capitalismo, abbattere i suoi stati e i suoi schieramenti, per una cooperazione globale delle nazioni liberate dalla tirannia del capitale e del profitto, opponendoci nei vari paesi alle scelte di schieramento imperialistico dei governi borghesi. Che non significa appoggiare scelte nazionaliste “sovraniste”; in paesi imperialisti come l’Italia l’Italexit dalla UE è l’opzione nazionalista di un imperialismo che vorrebbe una propria autonoma sfera di influenza mediterranea, o un blocco imperialista euroasiatico, alternativa a quella del blocco imperialista europeo.

Ma OGGI, nella situazione concreta, terribile della guerra, coi carri di Putin che invadono il territorio ucraino, contrastati dall’esercito ucraino, con i bombardamenti, i lanci di missili, sugli obiettivi militari intorno a Kviv, Kharkiv, Lviv (e una parte dei missili cadono sui caseggiati e li sventrano), mentre ad Est e Sudest bombardamenti e il fuoco incrociato distruggono interi paesi e città – la maggior parte degli edifici di Mariupol è distrutta o danneggiata, le sue strade sono disseminate di cadaveri – con la gente che si rifugia sotto il suolo, con quasi dieci milioni che hanno lasciato le loro case nel giro di un mese – non una decisione facile – di cui 6 milioni dentro i confini; mentre per i  milioni rimasti nelle loro abitazioni la vita è spesso un inferno, se salta l’elettricità, la pompa dell’acquedotto, il riscaldamento, se è interrotta la strada per rifornire i supermercati, con le sirene e le esplosioni che non ti lasciano dormire di notte. E poco sappiamo della vita della maggioranza che ha continuato a lavorare mentre il governo decretava una maggiore facilità di licenziare, la possibilità di lasciare a casa senza salario, di obbligare a lavorare anche 60 ore la settimana…

In questa situazione che cambia la vita e il modo di pensare di milioni la cui esistenza è minacciata dalle armi russe i comunisti non possono limitarsi alla propaganda, rinunciando ad essere protagonisti in quell’inevitabile brulicare di iniziative per aiutare, soccorrere, riparare, difendere il territorio, il quartiere da chi vuole imporre il proprio dominio coi carri armati. Non devono condannarsi all’irrilevanza proprio in uno di quei momenti in cui le persone, i proletari, e i giovani in particolare formano la propria coscienza, la propria visione del mondo sulla base dei fatti che gli sconvolgono la vita, sulla base della necessità di reagire, di costruire solidarietà umana e di classe, e resistenza. Non devono lasciare queste attività di base ai gruppi filogovernativi, ai fascisti e ai pope, ma lavorare tra le centinaia di migliaia che partecipano alla mobilitazione di solidarietà e di resistenza dicendo: adesso cacciamo i russi, poi sarà la volta dei “nostri” oligarchi. E intanto opporsi ai decreti anti-operai della legge marziale.

Abbiamo notizie dirette dell’esistenza di gruppi di giovani e lavoratori in Ucraina impegnati in questo lavoro, su posizioni anticapitaliste. Sentiamo il disprezzo nei loro confronti dei campisti “antimperialisti” filorussi di casa nostra, perché si trovano nello stesso “campo” dei fascisti locali (loro che sono nello stesso campo di Forza Nuova e dei fascisti russi…). Anche nel campo che si definisce internazionalista c’è a volte scetticismo rispetto a questi movimenti, che si collocano nello stesso “campo” della Nato. Ma sarebbe un “internazionalismo” sterile, se scegliesse l’immobilismo del piedistallo proprio quando maturano le condizioni di un rivolgimento sociale, o comunque si mobilitano le energie delle masse. Può l’internazionalismo essere indifferentismo rispetto al tentativo di oppressione di un popolo da parte di uno stato imperialista? Sarebbe l’autocondanna all’irrilevanza proprio in uno di quei momenti che fanno la storia.

Due esempi. Il Movimento Sociale, che si definisce anticapitalista ed è presente in diverse città dell’Ucraina, con un’attività nei quartieri, il 19 marzo non dimenticava l’anniversario della sconfitta della Comune di Parigi:

Sono passati 151 anni dalla proclamazione della Comune di Parigi. Questa data ricorda che nel tempo della lotta contro un esercito straniero, non si deve fermare la lotta per una società più giusta.

 Nel 1871 l’autorganizzazione dei lavoratori francesi diede a molti la fiducia nella possibilità di cambiamenti radicali anche nelle situazioni peggiori. I comunisti non solo hanno resistito agli occupanti tedeschi, ma hanno anche risolto i problemi quotidiani del popolo. Questa pagina di storia può essere interessante per i lavoratori ucraini che eroicamente proteggono la terra dagli aggressori russi e aspirano a vedere l’Ucraina una vera repubblica sociale.

La lezione principale della Comune: veramente sovrano può essere solo uno stato governato dal popolo lavoratore. È un peccato che oggi in Ucraina ci siano casi in cui il destino dei lavoratori viene deciso senza la loro partecipazione. Sì, da Galina Tretyakova [parlamentare del partito “Servitori del Popolo” di Zelensky-ndr] è stata adottata la legge 7160, che annulla i diritti dei lavoratori ottenuti con il sangue.

Invece, la Comune di Parigi ha rafforzato la protezione sociale e quindi la capacità di difesa. Esempi di riforme progressive sono diventati: limitazione dei prezzi degli alimenti;  trasloco in una casa vuota;  socializzazione della produzione;  pagamento a rate dell’appartamento [dell’affitto?];  limitazione degli stipendi dei funzionari. Come notò nel 1921 Mikhail Grushevsky [un padre della patria ucraina -ndt], l'”esperimento” condotto dalla Comune di Parigi diventerà “una delle pagine luminose della storia umana e dei suoi sforzi verso una vita migliore”.

Senza sognare la Comune di Kiev (i russi hanno pensato bene di togliere l’assedio), e considerando che il linguaggio deve tener conto della legge marziale, la possibilità di cambiamenti radicali anche nelle situazioni peggiori, l’attività per risolvere i problemi quotidiani del popolo mentre si resiste all’occupante è una lezione corretta che questi compagni traggono dalla Comune di Parigi, per conquistare la massa dei proletari alle idee comuniste. Il Movimento Sociale, presente in diverse città  dell’Ucraina dove opera, oltre a denunciare le misure antioperaie varate con il pretesto della guerra, ha criticato la sospensione indiscriminata di 13 organizzazioni “di sinistra” con l’accusa di collusione con l’invasore, e il tentativo di far passare l’equazione “sinistra = quinta colonna di Putin”

Il giorno prima dell’anniversario della Comune, Oleg Vernyk , Presidente del Sindacato Indipendente per la Protezione del Lavoro lanciava questo appello: 

L’Unione Indipendente dell’Ucraina “Zakhist Pratsi” è direttamente coinvolta nella resistenza all’invasione dell’imperialismo russo. Combattiamo insieme alla classe operaia ucraina e al popolo su vari fronti di resistenza. Alcune organizzazioni del nostro sindacato, come il sindacato dei minatori “Zakhista Pratsi” nella società mineraria “Selidov-ugol”, ci proteggono e proteggono il nostro futuro con le armi nelle loro mani e nelle condizioni di guerra più difficili. Molti attivisti del nostro sindacato stanno attualmente resistendo agli attacchi di razzi e bombe delle truppe russe, soffrendo nelle difficili condizioni dei rifugi antiaerei, proteggendo i loro figli e le loro famiglie da morte certa.
La guerra scatenata da Vladimir Putin ha unito il movimento operaio e sindacale in Ucraina. Gli invasori contavano su una rapida vittoria fulminea e sull’accoglienza come “liberatori” da parte degli ucraini. Tuttavia, ciò che hanno incontrato è stato rifiuto e resistenza ovunque. Non sono riusciti a ottenere il sostegno della popolazione di lingua russa dell’Ucraina orientale, che ha affrontato l’esercito russo come invasore e per più di 20 giorni ha resistito coraggiosamente all’aggressione armata.
Non ci siamo mai fatti illusioni sulle intenzioni del blocco NATO in Ucraina. E ora vediamo tutto il suo cinismo, che ci ha convinto della correttezza della nostra critica alla NATO anche prima della guerra e della nostra posizione contro tutti i blocchi imperialisti.
Cari compagni del sindacato e del movimento operaio! Sappiamo che mobilitazioni contro la guerra e azioni contro l’aggressione militare russa si stanno svolgendo in tutto il mondo. Grazie per questo supporto! Siamo di fronte a un nemico fortissimo, che, disperato a causa della resistenza popolare alla sua aggressione, è pronto a trasgredire l’intero quadro del diritto internazionale umanitario. Pertanto, ora abbiamo bisogno di una solidarietà internazionale sempre più attiva con il nostro movimento di resistenza antimperialista.
Ribadiamo il nostro appello sindacale alla classe operaia russa e alle sue organizzazioni sindacali affinché fermino l’aggressione del governo russo e del regime burocratico-autoritario di Putin contro l’Ucraina, e facciamo appello a tutti i lavoratori e i popoli del mondo, politici, sindacali e organizzazioni pubbliche a mobilitarsi risolutamente contro la guerra!
Ci opponiamo risolutamente alla politica antisociale del nostro governo, che mira all’adozione di leggi anti-lavoratori e anti-sindacali per compiacere gli oligarchi ucraini e stranieri. Ma l’aggressione armata del capitalismo imperialista russo ha complicato la lotta diretta per i diritti dei lavoratori, per i diritti dei sindacati liberi e delle associazioni dei lavoratori. Ma ha stabilito l’attuale programma del movimento operaio ucraino: fermare l’aggressione armata russa contro l’Ucraina!
Il nostro sindacato di classe “ Zakist Pratsi ” difende le rivendicazioni della classe operaia contro gli interessi del capitale oligarchico nazionale e dei politici di destra.
Molti dei nostri colleghi sindacalisti hanno perso il lavoro, sono in prima linea, costretti a trasferirsi in un’altra città o a rifugiarsi dalle bombe nei rifugi antiaerei. Le nostre famiglie fanno del loro meglio per sopravvivere senza arrendersi agli occupanti russi. Per questi motivi, abbiamo anche urgente bisogno del tuo aiuto finanziario e di qualsiasi altro aiuto. Combattere, mangiare e curare le ferite sono compiti quotidiani per i quali abbiamo bisogno del sostegno dei lavoratori in prima linea nel mondo. Pertanto, chiediamo il rafforzamento di azioni decisive di solidarietà con il movimento operaio ucraino e, in particolare, con il nostro sindacato indipendente.
Lavoratori del mondo, unitevi!
Kiev, 18 marzo 2022

 Due esempi di come compagni che si pongono da un punto di vista di classe si stanno muovendo nella società ucraina sconvolta dalla guerra per conquistare la fiducia dei proletari, facendo fronte con unità proprie anche se inquadrate nella Difesa Territoriale alla difesa di quartieri e centri abitati, provvedendo organizzazione e aiuto ai bisogni della gente, senza ambigue sospensioni dell’opposizione al governo, e contrastando il nazionalismo reazionario dei gruppi fascisteggianti che hanno spesso la copertura dello Stato. Internazionalismo non può limitarsi al “né … né” che giustifica l’immobilismo, l’attendismo, perché è qui ed ora che in Ucraina i proletari sono sbalzati fuori dal tran tran quotidiano e sono costretti a schierarsi, è qui ed ora che bisogna conquistare i cuori e le menti.

In Italia come negli altri paesi Nato è necessario condurre una propaganda e per quanto possibile una mobilitazione contro il riarmo e l’invio di armi al governo Zelensky. Occorre contrastare la forsennata campagna bellicista in corso che utilizza i massacri che avvengono in Ucraina per far passare tra i proletari l’idea che occorre riarmare e tirare la cinghia. Vanno in questo senso le iniziative dei ferrovieri Cub e dei portuali di Genova del CALP, che si oppongono al trasporto di armi verso l’Ucraina, in quest’ultimo caso con l’inconsueto appoggio del vescovo. Nei paesi dell’Europa occidentale la guerra si ripercuote pesantemente sui lavoratori con l’aumento delle bollette energetiche e dei generi alimentari, che significa il taglio dei salari, e il riarmo significherà tagli ulteriori alla spesa sociale. Ma non sono a rischio della vita, né di vedere distrutte le loro abitazioni, o di trovarsi il mitra puntato addosso come in Ucraina, dove nella guerra si decide anche l’orientamento di un gran numero di proletari e di giovani, in senso internazionalista o nazionalista, di classe o di adesione a uno schieramento imperialista. Per rafforzare la prima tendenza è importante che chi è anticapitalista in Ucraina senta la vicinanza e il sostegno degli internazionalisti degli altri paesi. Ed è qui e ora che occorre rispondere all’appello di chi in Ucraina interviene nella società sconquassata dall’invasione senza derogare dalla lotta contro il governo del capitale, con la solidarietà concreta, gettando le basi per collegamenti duraturi. È in questa solidarietà che possono convergere gli internazionalisti di ogni paese, qualsiasi sia lo schieramento dei loro governi: in Russia come in Italia, in Cina come negli USA.

RL

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