PROFUGHI, GUERRE E PROFITTI

Il dramma dei profughi dalle guerre del XXI secolo dai Balcani, all’Afghanistan, al Medio Oriente e al Nord Africa, all’Africa centrale e Occidentale, continua a provocare sofferenze, disgregazione e vittime tra le popolazioni di queste aree. È di pochi giorni fa la scoperta di 71 migranti trovati asfissiati in un furgone abbandonato dai trafficanti sull’autostrada in Austria. Siamo di fronte al maggiore esodo in massa nella storia dell’umanità, una catastrofe per la quale le potenze imperialistiche ed emergenti che l’hanno provocata non vogliono trovare una soluzione reale, ma che viene cinicamente utilizzata dalle frazioni borghesi e dai loro rappresentanti politici per gli scopi più vari. Un utilizzo che va dalle campagne populiste e xenofobe utili a dividere i lavoratori indigeni dagli immigrati per intensificare lo sfruttamento ed abbassare i salari, alle battaglie elettoralistiche per conquistare o mantenere poltrone parlamentari, allo sfruttamento economico da parte di cooperative e albergatori sovvenzionati dallo Stato per ospitare i richiedenti asilo, ai quali si aggiungono altri parassiti spesso facilitati da legami con amministrazioni pubbliche, come è emerso dai recenti scandali italiani.

La questione dei profughi è oggetto di dibattito e di scontro tra le potenze europee, che si rimpallano responsabilità e oneri per la loro gestione; la chiesa cattolica nelle sue comunicazioni ufficiali è spesso stata l’unica voce che ha predicato l’accoglienza e il senso di umanità verso i migranti, contro gli egoismi nazionali, ma spesso le sue organizzazioni lucrano sui fondi stanziati per questa “accoglienza” ghettizzando i migranti senza fornire formazione, informazione, strumenti di inserimento sociale.

Infine, sono recentissime le dichiarazioni della Cancelliera Merkel che, contro le azioni squadristiche di gruppi dell’estrema destra xenofoba che hanno appiccato incendi a capannoni destinati ad ospitare rifugiati, ha dichiarato che non può esserci tolleranza per coloro che non rispettano la dignità di altri esseri umani. È la stessa Merkel paragonata a Hitler per la ferrea posizione sulle condizioni imposte alla Grecia, che strangolano i lavoratori greci. Due posizioni che non si contraddicono, perché entrambe utili ai diversi interessi della borghesia tedesca e del suo apparato statale.

In occasione del dibattito su migranti e richiedenti asilo sono comparsi alcuni articoli sulla stampa tedesca che spiegano quale sia l’interesse della borghesia tedesca. Titola Der Spiegel (27.08.’15) “I gruppi tedeschi vedono i rifugiati come opportunità”, un’opportunità di avere forza lavoro qualificata per assicurare la crescita delle aziende e la prosperità di lungo periodo. E non sono spaventati dalle previsioni di 800mila richiedenti asilo per l’anno in corso. Il giornale spiega che, nonostante i 2,8 milioni di disoccupati ufficiali, le aziende hanno bisogno urgente di forza lavoro. Ogni rifugiato o migrante che trova lavoro non attinge più alle casse pubbliche. Meno attivi = meno persone che pagano la previdenza per pensioni e sanità, meno consumatori e produttori di merci, meno contribuenti di tasse per le spese come scuole e strade.

Da un rapporto della scorsa primavera di IW, l’Istituto di Colonia per la ricerca economica, mancano in Germania 137 100 lavoratori qualificati con un diploma in scienze naturali, o tecniche (chiamati MINT). La carenza attuale di lavoratori qualificati sarebbe maggiore se la Germania non utilizzasse quelli provenienti dall’estero, che nel periodo 2012-2014 hanno avuro un aumento quadruplo di quello dei lavoratori tedeschi con qualifiche MINT .

Il capitalismo tedesco, lungimirante nei suoi progetti di utilizzo della forza lavoro dei migranti, può farlo grazie alla sua struttura economica e alla efficienza dell’apparato statale. La borghesia italiana invece «“esporta” un gran numero di laureati per la cui formazione sono state sostenute spese considerevoli, perché in Italia non trovano un’occupazione adeguata alle loro competenze. Anche quella per i “cervelli” è una forma di competizione imperialista, in cui vincono le maggiori concentrazioni di capitali.» (cfr. Pagine Marxiste, n. 38, luglio 2015, Contro la Fortezza Europa, per l’internazionalismo proletario)

I richiedenti asilo sono mediamente più giovani dei tedeschi e degli immigrati che già vivono in Germania. Nel 2014 il 32% dei richiedenti asilo erano sotto i 18 anni, metà era tra i 18 e i 35 anni, pronti per entrare nel mercato del lavoro.

L’economia tedesca è dipendente dall’immigrazione, proveniente sia dall’Europa che dai richiedenti asilo.

Oggi ci sono in Germania quasi 46 milioni di persone in età lavorativa, senza l’immigrazione questo numero scenderebbe in 30 anni a meno di 29 milioni. E, anche se l’età pensionabile fosse portata a 70 anni e il numero di forze lavoro femminili fosse uguale a quelle maschili, il totale aumenterebbe di soli 4,4 milioni. Secondo uno studio della Fondazione tedesca Bertelsmann la Germania non riuscirà a soddisfare il fabbisogno di forza lavoro con il solo mercato del lavoro europeo. Per ora la maggior parte degli immigrati in Germania proviene dai paesi europei. Nel medio periodo si prevede che diminuirà, con la ripresa economica, unita al calo e all’invecchiamento demografico in atto in tutti i paesi UE. La Germania diverrà ancora più dipendente dagli immigrati di paesi terzi. Anche l’Italia è una “tomba demografica” sulla strada per divenire un paese di vecchi, destinato a un declino sempre più rovinoso se non rinnoverà le proprie forze lavoro con giovani immigrati.

Daimler è il primo grande gruppo tedesco che sollecita il governo a non perdere tempo prezioso nelle procedure burocratiche per il diritto di asilo consentendo ai rifugiati di iniziare a lavorare già un mese dopo il loro arrivo nel paese.

Un economista dell’Istituto di Norimberga per la ricerca sull’occupazione sostiene la necessità di promuovere con maggior vigore l’immigrazione dai Balcani occidentali – regione dove il livello di conoscenza del tedesco è in genere maggiore di quello di molti altri paesi – e di ridurre gli ostacoli.

Con la campagna che sta conducendo sui rifugiati a nome della borghesia tedesca interessata a sfruttare forza lavoro fresca e adattabile, la Merkel persegue anche un obiettivo di politica estera. Quello di costruire un’opinione favorevole all’imperialismo tedesco nei paesi di origine dei rifugiati. Soprattutto in Siria, dove non vuole intervenire direttamente con una presenza militare, anche se ha contribuito ad armare i ribelli anti-Assad, ha fatto pressione sulla UE perché adottasse e intensificasse le sanzioni contro la Siria che hanno contribuito alla catastrofe sociale.

Titola il britannico Guardian: “Mamma Merkel: la “madre compassionevole dei rifugiati siriani”; sono comparsi tributi in omaggio alla Cancelliera su vari media, Facebook compreso, dove pagine in arabo titolano “Mamma Merkel, madre dei reietti”.

Siamo abituati all’ipocrisia e al cinismo della borghesia. Quella tedesca (“a parte” avere creato il nazismo, come quella italiana il fascismo, e massacrato decine di milioni di persone nel tentativo di contendere il dominio europeo e mondiale alle potenze imperialiste anglosassoni) nel dopoguerra ha attratto milioni di lavoratori greci, turchi, italiani ecc. nelle fasi di espansione, per espellerli quando non servivano più. Il suo tentativo di penetrazione in Medio Oriente con la ferrovia Berlino-Baghdad venne sconfitto dagli anglo-francesi con la Prima Guerra Mondiale. Ora usa l’“accoglienza selettiva” (siriani sì, gli altri no) anche come strumento di penetrazione imperialistica in Medio Oriente, ritenendo che la formazione di alcune centinaia di migliaia di siriani tedescofoni e germanofili potrà divenire un solido ponte e una estesa lobby della Germania nella Siria del futuro.

L’indignazione che suscitano le immagini dei migranti deve però stimolare le nuove generazioni di lavoratori a scegliere l’internazionalismo proletario contro il nazionalismo borghese, la solidarietà e l’organizzazione autonoma di classe anziché la delega al populismo di turno, di destra o di sinistra che sia. Le lotte di lavoratori italiani e immigrati contro i comuni sfruttatori, come nella logistica italiana, sono un esempio da estendere.

Questo fanno sperare le manifestazioni di massa di solidarietà con i migranti organizzate negli scorsi giorni a Vienna, Monaco, e anche a Budapest, nonostante la repressione del governo ungherese contro i rifugiati.

La minaccia di Cameron di bloccare anche i migranti europei privi di contratto di lavoro ha fatto toccare con mano anche ai giovani italiani, che negli ultimi anni stanno emigrando a centinaia di migliaia in Inghilterra cosa vuol dire xenofobia e negazione della libertà di circolazione delle persone.

Che gli imperialismi europei, che per anni hanno sfruttato i proletari dei continenti africano, asiatico, latino-americano aprano le loro porte a tutti coloro che fuggono non solo le guerre di cui sono fautori o complici, ma anche la miseria capitalistica, che il proletariato europeo ha rifuggito più di un secolo fa migrando verso il Nuovo Mondo!

Diciamo NO alla Fortezza Europa, NO ai respingimenti, NO all’accoglienza selettiva,

SÍ alla libertà di circolazione delle persone e al loro diritto di stabilirsi dove pensano di poter meglio vivere e lavorare! Organizziamo l’unità internazionalista tra lavoratori italiani e immigrati!