Quirinale: il duo “usato sicuro” al servizio degli interessi della borghesia italiana e degli investitori stranieri

La rielezione di Mattarella e la conseguente conferma del governo Draghi  è stata applaudita dal capitale grande e piccolo, a conferma della perdita di peso del parlamentarismo e dei partiti, a fronte dell’incombente bisogno di ottenere e spartirsi i 235 miliardi del PNRR. Il tutto spettacolarizzata dai media italiani e stranieri.

Certo l’Italia non è una Repubblica Presidenziale e il ruolo del Presidente è costituzionalmente circoscritto: è garante della Costituzione e una sorta di mediatore fra i poteri dello stato (Governo, Magistratura e Parlamento). Formalmente è capo delle Forze Armate. Ma ciò che prevede la Costituzione si può forzare.

Dopo la caduta del muro di Berlino, Tangentopoli, i conflitti fra i poteri dello stato, la crisi dei partiti tradizionali hanno portato nei primi anni ’90 alle “picconate” di Cossiga (1985-1992), poi al rafforzamento della figura del Presidente, che ha svolto un ruolo di supplenza rispetto ai governi o ai partiti, nominando a premier personaggi che non sono passati dalla prova delle elezioni politiche, e spesso neppure dalla “mediazione partitica” (Monti, Enrico Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1-2 ed infine Draghi).” Di peso la supplenza nelle questioni internazionali: un esempio per tutti Ciampi (1999-2006) che si oppose a Berlusconi, ostacolando l’intervento diretto italiano nella seconda guerra irachena (nota 1). La stessa rielezione di Napolitano nel 2013 fu in supplenza per la mancanza di un governo stabile. Anche Mattarella è diventato l’unico elemento stabile a fronte delle giravolte degli ultimi governi (governo giallo verde, governo giallo rosa, governo tecnico di Draghi) e ha svolto un ruolo significativo nel tessere i rapporti internazionali (da ultimo il trattato del Quirinale con la Francia).

Ed eccoci all’oggi, al “Qui-rimane”, come ha titolato il Manifesto..

Mai come in questi giorni lo scontro fra i partiti ha assunto un carattere di guerra per bande, con ogni leader che si muove in funzione della futura campagna elettorale e per difendere ciascuno gli interessi della propria base elettorale, con i partiti ormai “liquidi” spaccati in correnti, e dove i parlamentari peones (quelli che, con il ridimensionamento del futuro parlamento, sono certi di non essere rieletti) non seguono le direttive di partito. L’importante è arrivare al 2023 per la pensione.

La retorica sull’unità nazionale, al momento del voto, è risultata particolarmente grottesca. Ci insegnano a scuola che lo “Stato siamo noi”. Basta crescere per accorgersi che lo stato democratico funziona come luogo di sintesi delle diverse volontà e aspirazioni delle frazioni della classe al potere, la borghesia, in particolare i grandi gruppi industriali e finanziari, ma anche le coalizioni di interesse (i palazzinari, i commercianti, i piccoli coltivatori ecc.).

Sono questi i vincitori della riproposizione del duo Mattarella-Draghi, vitale in questo momento perché garantisce la realizzazione del PNRR, l’arrivo dei fondi europei e una collocazione internazionale “di peso” dell’Italia. L’altro vincitore sono gli investitori internazionali, che possiedono il 30% del debito italiano e la Ue (la BCE ha comperato svariati miliardi di debito italiano) e vogliono un governo stabile sotto l’occhio vigile di due abili funzionari del grande capitale.

Possiamo condividere “il sollievo” , il “senso di rassicurazione” espresso dai media? Evidentemente no !

Avremo tempo per dimostrare che nel PNRR non c’ è se non qualche briciola per lavoratori, giovani e donne, mentre i salari sono già erosi dagli aumenti di gas, luce, benzina.  In cambio, tuttavia, i lavoratori sono stati caricati di un enorme fardello, rappresentato dai 153 miliardi di debito contenuti nel PNRR. Diciamo i lavoratori e non l’Italia, il paese, la nazione, perché non da oggi sappiamo che il debito dello stato si paga con le tasse e che il grosso delle tasse è pagato dai lavoratori dipendenti, mentre gli evasori sono protetti con le unghie e coi denti dalle lobbies politiche che siedono in Parlamento.

Nessun “sollievo” o “rassicurazione”, quindi dall’elezione bis di Mattarella che “salva” il governo Draghi, che garantirà come prima l’accumulazione dei profitti anche e soprattutto in tempo di pandemia.

Al contrario dobbiamo essere consapevoli che quindi la soluzione dei problemi dei lavoratori è in mano ai lavoratori stessi, se lottano e si organizzano. Non ci sono per loro governi “salvifici” né facili scorciatoie.

Nota 1 nel 2003 l’Italia non partecipò alla fase bellica, ma solo alla successiva “missione umanitaria”, anche se il governo Berlusconi garantì agli americani ogni facilitazione logistica nelle basi Nato italiane.

Mattarella, un uomo per varie stagioni

Anche nel 2015 Mattarella era stato un altro “usato sicuro”. Ma allora per un Renzi sulla cresta dell’onda. Stavolta per i due Mattei non era aria, non c’era spazio per le alchimie machiavelliche. Al capitale serviva Draghi e velocemente (il PNRR incombe). L’unica garanzia era Mattarella, sulla cresta dell’onda nel cosiddetto “consenso popolare” costruito sì dai media, ma dovuto indubbiamente anche al diverso stile, al diverso spessore politico e alla diversa “statura” sullo scenario internazionale rispetto agli altri candidati proposti. In clima di pandemia, di tensioni internazionali e di potenziale risalita economica, non è il tempo dei chiacchieroni (ottimi giusto per le campagne elettorali), ma dei politici affidabili, pragmatici e capaci.

Ex DC siciliana, ex Margherita, poi PD, un fratello ucciso dalla Mafia, un sedicente “custode della Costituzione” (è un giurista), un uomo che ha tenuto a bada Berlusconi, sufficientemente bellicista come ministro della Difesa durante la guerra del Kosovo, in grado quindi di mediare con tutti gli schieramenti politici nostrani, ma anche di pesare nelle scelte dirimenti.  L’immagine del “nonno”, rassicurante all’esterno, non ha nulla a che fare con la realtà, come è giusto che sia in quest’epoca di abbagli mediatici. Il suo è il normale bagaglio di un politico navigato, di formazione cattolica, che ha servito sempre gli interessi della borghesia italiana, adattandosi alle sue esigenze con lo scorrere del tempo.

Anche Mattarella Sergio “tiene famiglia”: un padre, Bernardo, boss della DC siciliana nel dopoguerra, accusato di contiguità con la mafia da Danilo Dolci e poi da Pio La Torre. Del resto, anche il fratello ucciso, Piersanti, prima della svolta che lo aveva portato a opporsi alla mafia su alcuni appalti, era stato il kingmaker della elezione di Vito Ciancimino a sindaco di Palermo. L’altro fratello maggiore, Antonino, assolto per mancanza di prove, era accusato di riciclaggio di denaro sporco per conto di tale Enrico Nicoletti, boss della banda della Magliana. Il nipote Bernardo è stato indagato per peculato in relazione ai rimborsi ai gruppi consiliari della Regione Sicilia. Mattarella stesso ha nel suo curriculum, un peccatuccio di 50 milioni di lire (anni ’90), più 3 milioni in buoni benzina, donati da Filippo Salomone, altro mafioso subentrato al clan Riina.

Ha dato il nome a una riforma elettorale, il Mattarellum appunto, che nel 1993 portò alla scomparsa del proporzionale puro e all’introduzione di un sistema misto. Era un tentativo di risposta a due dei referendum tenuti appunto nel ’93. Uno col 90,25% dei Si chiedeva l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. L’altro con l’84,72% dei Si chiedeva l’introduzione del sistema maggioritario al Senato. La riforma di Mattarella fu sostituita nel 2005 dal Porcellum del leghista Calderoli. Il Porcellum sarà dichiarato incostituzionale dallo stesso Mattarella in quanto giudice della Corte Costituzionale.

Mattarella fu Ministro della Difesa nei governi D’Alema II e Amato II. Nel 1999 promosse la partecipazione dell’Italia all’operazione Nato in Kosovo, una delle guerre dichiarate con “scopi umanitari”, che ha prodotto un numero altissimo di vittime, danni economici enormi che ancora segnano il paese. Una guerra imperialista per stabilire gli equilibri di potere nell’Europa dell’Est, dopo lo sconvolgimento della caduta del muro di Berlino, la prima guerra in cui un governo guidato dalla” sinistra” si schierò a fianco della Nato.

Mattarella è anche l’uomo di Stato che, in buona o cattiva fede, ha affermato con sicurezza che non c’era motivo di preoccuparsi per l’uranio, sia arricchito che impoverito. La commissione da lui formata per investigare non fu messa in grado di lavorare perché non le furono forniti dati e informazioni. Poi, lontano appunto dalle luci della ribalta, il Ministero della Difesa è stato condannato a pagare il risarcimento alle famiglie dei primi 43 militari deceduti (nota). Nessuna seria indagine ovviamente è stata condotta sulle conseguenze delle popolazioni coinvolte.  Un elemento che la nostra morale comunista trova rivoltante.

All’epoca del suo primo insediamento Mattarella raccolse il plauso di Confindustria (“la persona giusta al posto giusto”), di cui onorò la fiducia controfirmando il Jobs Act, la riforma del lavoro più iugulatoria della storia recente.

In occasione del suo ottantesimo compleanno (luglio 2021) Lina Palmerini sul Sole 24 ore sintetizza il merito che gli viene universalmente riconosciuto dai suoi estimatori: avere tenuto l’Italia “entro il perimetro della UE” nonostante i cambi di rotta di 5 governi, di cui almeno uno (quello “gialloverde”) con esplicite tentazioni euroscettiche.



Nota: Gli Usa avevano avvisato del rischio l’Italia nel 1999, ma nessuno ha avvisato i soldati sulle misure da prendere, tanto che per lo stesso motivo hanno continuato ad ammalarsi e a morire per “inquinamento bellico” durante le missioni in Iraq e Afghanistan: in tutto i morti accertati  sono stati 366 e i malati cronici 7.500. cfr https://thevision.com/attualita/uranio-impoverito-soldati/

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