Rivolta sociale a Ferguson

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Il 9 agosto la polizia uccide a Ferguson (una cittadina di circa 20.000 abitanti situata nella cintura operaia di St. Louis, nel Missouri) un giovane studente afroamericano disarmato, Michael Brown. Già dalle prime notizie trapelate la versione dei fatti fornita dalla polizia si rivela lacunosa. La polizia sostiene, infatti, che il ragazzo, fermato da degli agenti, avesse assalito uno dei poliziotti, ma diversi testimoni affermano che la realtà era diversa e che il ragazzo avesse le mani alzate in segno di resa.

In seguito a questo fatto la rabbia esplode: manifestazioni, attacchi ad auto della polizia, assalti ai supermercati fanno presagire alle autorità che stavolta la cosa non passerà liscia nel sobborgo proletario in cui la grande maggioranza della popolazione è afroamericana e viene continuamente vessata dalla prepotenza poliziesca. Si avverte subito la sensazione che stavolta la misura è colma basti pensare che due terzi della popolazione del luogo è afroamericana, che su 53 poliziotti solo 3 sono neri e che tutte le cariche istituzionali sono in mano ai bianchi, al punto che è lo stesso New York Times a ricordare che “A Ferguson città nera, potere bianco”.

15agostomomento di un assemblea organizzata il 15 agosto

Le autorità cercano di correre maldestramente ai ripari tentando di convincere la popolazione a calmarsi: si dice che verranno accertati i fatti, si sospende l’agente che avrebbe sparato al giovane,(il cui nome però non viene rivelato), ma in realtà si reprimono nel modo più duro le manifestazioni. Arresti in massa, gas lacrimogeni, mezzi pesanti per strada, intimidazioni e persino l’arresto di due giornalisti del Washington Post e dell’Huffington Post, “colpevoli” di aver registrato con i cellulari le mosse degli agenti. Questi fatti accendono ulteriormente la rabbia e da allora le manifestazioni e gli scontri si ripetono a cadenza quotidiana in quella che è ormai diventata una vera e propria rivolta sociale i cui effetti hanno travalicato i confini del Missouri per diventare un caso nazionale.

Obama si trova costretto a intervenire per cercare di calmare la situazione, fa generiche promesse sul fatto che sarà fatta luce sulla vicenda dispensando contemporaneamente una manciata di insulsa retorica sul fatto di “essere tutti cittadini americani”. Le parole in libera uscita di Obama non hanno avuto l’effetto sperato: a Ferguson le manifestazioni e gli scontri sono proseguiti nel week end, dopo che per qualche ora si erano fermate in seguito all’intervento del “ presidente nero”. Giovedì 14 agosto ci sono state manifestazioni in un centinaio di città degli Stati Uniti, tra cui anche a New York, a Washington, a Chicago, a Atlanta, a Miami (nella quale alcuni manifestanti hanno occupato l’ufficio della Giustizia Federale, con 8 arresti) e a Los Angeles, città nella quale c’è stata anche una manifestazione domenica, davanti alla sede della polizia per protestare contro l’uccisione, sempre per mano poliziesca, di un altro afroamericano disabile mentale.

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A Ferguson, dato che la violentissima repressione “ordinaria” non è riuscita a far tornare la calma è stato proclamato il coprifuoco ma questo provvedimento non ha sortito alcun risultato: gli scontri e le manifestazioni sono continuati nonostante l’intervento di un altro imbonitore della “sinistra”americana, il reverendo Jesse Jackson, presente a una manifestazione, che aveva invitato la popolazione a “non autodistruggersi con la violenza”. Evidentemente non aveva fatto i conti col fatto che la popolazione di Ferguson non ha intenzione di “farsi distruggere dalla violenza dello Stato”, quello stesso Stato che fa fare ai “dissidenti” come lui la bella vita nello stesso tempo in cui stritola senza pietà i diseredati senza santi in paradiso.

A questo punto un’ulteriore incentivo alla ribellione è stato fornito dai risultati dell’autopsia indipendente che è stata commissionata dalla famiglia di Michael Brown: contro il giovane studente risulta che siano stati sparati almeno 6 colpi di pistola, 2 dei quali lo hanno colpito alla testa e altri 4 al braccio sinistro. Tutti risultano esplosi da un individuo che gli si trovava di fronte.

Le fandonie della polizia non potevano avere smentita più clamorosa! La cosa è diventata talmente eclatante che il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, con una procedura eccezionale, è stato costretto a ordinare una nuova autopsia sul corpo del giovane. Addirittura Obama ha interrotto le vacanze per aggiornarsi sulla situazione e ha fatto nuove dichiarazioni: con la solita tracotanza degli uomini di stato borghesi ha detto che comprende (bontà sua!) che la comunità di Ferguson si senta giustamente ferita dell’uccisione del giovane ma ha aggiunto che “attaccare la polizia mina la giustizia”.

Quello che il Presidente non dice è che gli abitanti di Ferguson conoscono fin troppo bene la brutalità poliziesca: un dispaccio di France TV intitolato , non a caso, “Quattro buone ragioni per detestare la polizia quando si vive a Ferguson” si sofferma su casi documentati e cita testimonianze di vera e propria barbarie poliziesca. Obama non dice neanche che uno studio basato su dati del FBI rivela che dal 2006 al 2012, in media negli USA, sono stati ammazzati da un poliziotto bianco 2 afroamericani a settimana. Nell’ultimo mese la frequenza è stata rispettata e sono stati ammazzati 4 neri disarmati (vedi Panorama.it). Meno male che i media di tutto il mondo avevano detto che con l’elezione del “ primo presidente nero degli Stati Uniti” si assisteva alla dimostrazione che gli Stati Uniti erano definitivamente cambiati! In realtà, nonostante le mistificazioni di Obama, di Jackson, di tutti i politicanti e pennivendoli, su scala nazionale e internazionale, lo stato capitalista (negli USA e in tutti gli altri paesi) non offre molto altro che brutalità, violenza poliziesca, violazione dei diritti formalmente proclamati e galera ai diseredati, specialmente se questi appartengono a minoranze etniche o sono immigrati

La rivolta esplosa dopo il brutale omicidio di Brown a Ferguson dimostra che le vittime di questo sistema cominciano a prendere in mano il loro destino, non a caso è stato riesumato il vecchio slogan “no Justice no Peace” a dimostrazione che nella rivolta le classi sfruttate sono in grado anche di recuperare la loro memoria storica.

Dato che la situazione si è ormai fatta critica e le manifestazioni, ora amplificate a livello internazionale da stampa e televisioni, proseguono senza fermarsi, il governatore del Missouri, Jay Nixon, ha sospeso il coprifuoco e ha chiesto il dispiegamento della Guardia Nazionale. Corpo repressivo ben conosciuto nella storia del movimento proletario degli USA per aver versato fiume di sangue proletario.

Al momento non possiamo prevedere se la Guardia Nazionale riuscirà a stroncare la rivolta sociale dei diseredati di Ferguson. Qualunque sarà l’esito di questa vicenda siamo certi che essa potrà dare frutti preziosi se diventerà la base per una più matura organizzazione di classe del proletariato degli Stati Uniti. Pertanto non possiamo che concordare con i compagni del Workers Party in America che, dopo l’omicidio di Michael Brown, in un loro comunicato, dicono che la sola cosa sensata, di fronte alla violenza brutale delle classi dirigenti, la sola strada da percorrere è quella di organizzare l’autodifesa delle comunità nei quartieri, cominciando in tal modo a imporre alle classi dominanti il rispetto e la dignità come esseri umani. Scrivono i compagni del Workers Party in America nel loro comunicato del 11 agosto: “ Per difendersi efficacemente è necessaria un’organizzazione. I comitati di quartiere devono incontrarsi regolarmente e coordinare le loro azioni. Questi comitati possono anche prendere delle decisioni più importanti sulla qualità della vita e dei servizi pubblici. Lavorando coi comitati di altri quartieri e nei nostri luoghi di lavoro, noi avremo la forza di affrontare questioni più generali, come il miglioramento dell’istruzione e degli alloggi e di coordinare l’economia per una produzione basata sui bisogni umani. Un consiglio eletto dei rappresentanti di questi comitati potrà essere in grado di organizzare e amministrare i servizi pubblici, la difesa comune e il benessere della società”.

Noi ci auguriamo che il proletariato degli Stati uniti prenda con decisione questa strada fino a eliminare per sempre il dominio di classe, la miseria, lo sfruttamento, l’oppressione e i loro necessari corollari, razzismo e brutalità poliziesca.