Sceneggiate e realtà dei primi giorni di Salvini al Viminale

Il protagonismo muscolare di Salvini tiene campo dalla riunione dei ministri dell’Interno dei 28 a Lussemburgo (4 giugno) in cui è saltato Dublino IV (cfr. Nota 1).
Come per ogni atto o dichiarazione anche di questo governo occorre distinguere fra la propaganda e la sostanza.
Per Salvini l’Italia ha condotto le danze, gli altri paesi si sono accodati e l’Italia ha svoltato rispetto al passato.

In realtà, i paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia) non hanno fatto che ribadire il loro no, cui si è aggiunto il prevedibile rifiuto di Spagna e Italia, delle tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania) e dell’Austria. La novità se mai è il no della Germania.

Il No dell’Italia era previsto e prevedibile, anche Minniti e Gentiloni si erano dichiarati contrari, perché
Dublino IV è nettamente peggiorativa per gli impegni presi dall’establishment borghese italiano al fine di conservare un consenso di massa rispetto al piano d’emergenza adottato dalla Ue nel 2015 quando si decise la ricollocazione, entro due anni, negli altri paesi dell’Unione di 160mila siriani e altri rifugiati accolti da Italia e Grecia. Finora solo 34.690 persone sono state riallocate. La presidenza bulgara ha elaborato una mediazione, appunto Dublino IV, che stabiliva che il ricollocamento dei migranti non avvenisse automaticamente, ma solo superata la soglia del 160 per cento delle quote previste e solo su base volontaria. L’obbligatorietà sarebbe scattata solo dopo quota 180%. Inoltre i paesi che avessero rifiutato comunque la ricollocazione non avrebbero più pagato una penalità di 250 mila € a migrante, ma 30 mila. Infine Dublino IV stabiliva che quando un migrante entra in un certo paese, lo Stato in questione dovesse garantirne la presa a carica per 10 anni, anziché per due.

Il No a Dublino IV, con ha motivazioni molto diverse paese per paese, non evidenzia il sorgere di un blocco compatto, ma una pseudo alleanza temporanea e di convenienza.
Il gruppo di Visegrad, l’Austria e i paesi baltici vogliono che resti in vigore Dublino III, con la responsabilità dell’asilo affidata ai paesi di primo approdo, e si oppongono al ricollocamento dei richiedenti asilo. Quindi qualcosa che nell’immediato danneggia l’Italia.
Come è noto i paesi di Visegrad non sono interessati da alcuna ondata migratoria, anzi se mai esportano manodopera. Nel 2015 però quasi un milione di immigrati transitò nell’area balcanica, e tanto è bastato per generare nella popolazione la psicosi dell’invasione, interessatamente istigata e egregiamente sfruttata dai governi reazionari non solo per fini di pura propaganda: nell’Occidente europeo i migranti sono un fattore oggettivo di riduzione del costo del lavoro. E secondo alcuni economisti questo riduce il vantaggio dei paesi centro orientali in cui la più bassa retribuzione dei lavoratori funziona come un fattore di “social dumping” nei confronti dei paesi della vecchia Europa, dove i lavoratori sono meglio pagati.

Nonostante gli evidenti interessi divergenti, Fontana, a nome della Lega, parla di una telefonata cordiale fra Salvini e il primo ministro ungherese Viktor Orban e del fatto che “Abbiamo amici tra i ministri del governo austriaco” (l’Austria sarà presidente di turno Ue da luglio). Secondo alcuni si sta profilando una alleanza stabile in vista delle Europee 2019, un blocco sovranista Orban – Le Pen – Salvini – Kurz (Austria) per conquistare la maggioranza al Parlamento europeo. Blocco che tuttavia si troverebbe ben presto a dover fare i conti con i rispettivi contraddittori interessi nazionali.
Per ora a parte respingere gli immigrati, l’unico punto che lega Orban, Kurz e Salvini sembra essere il desiderio di ridurre le sanzioni alla Russia. Agli antipodi sono invece le posizioni sullo “sfondamento del deficit”: Orban, Slovenia e Austria sono allineati alla Germania sul tema dei “conti in ordine”. Del resto i tre paesi hanno una totale dipendenza economica da Berlino. E sono coalizzati per impedire che l’Italia ottenga fondi europei per l’accoglienza ai migranti.
Se poi ci si limita all’Austria non mancano motivi di frizione: non solo e non tanto la minaccia di chiudere il Brennero, quanto la recente proposta dell’Austria di offrire il proprio passaporto agli altoatesini germanici e ladini, trattando il Sud Tirolo come (ironia della storia) “terra irredenta” (dicembre 2017). E’ sovranismo anche questo.

Resta da capire il NO della Germania, forse ispirato dal desiderio di non lasciare a Orban la leadership di un’area europea vitale per i suoi interessi, oppure guidato dall’intento di una riforma di Dublino complessiva.

Per prepararsi alle elezioni europee Salvini ha di fronte a sé un intero anno. A breve invece c’è la riunione del Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, a Bruxelles, per discutere della riforma dell’eurozona e di migrazioni, della situazione in Libia e dell’accordo sul nucleare.

Ma prima c’è la partita della spartizione delle deleghe con il M5Stelle. Dovendo subire il confronto con Minniti, Salvini ha chiesto la delega dei servizi segreti, il cui personale porterebbe un valore aggiunto nelle trattative con i governi e i piccoli o grandi boss del Maghreb e dell’Africa sub-sahariana. Contemporaneamente, l’appetito degli accoliti della Lega si allungano sulle Telecomunicazioni, settore altrettanto vitale per controbilanciare Berlusconi nell’ottica di acquisire la leadership del Centrodestra.

In tutto questo il destino dei mille e più profughi assiepati in due navi nel Mediterraneo, fatti rimbalzare fra Italia e Malta o ancora, in attesa di sapere se e dove potranno sbarcare, ricorda molto il destino di un’altra nave, la St. Louis, che nel 1939 partì da Amburgo (Germania nazista) con a bordo 930 ebrei che cercavano asilo politico. Gli fu rifiutato a Cuba e negli Usa, oltre che in Canada. Tornati in Europa ci vollero settimane perché le nazioni del “mondo libero” se li spartissero.


Ipse dixit
“Confermo che è strafinita la pacchia per chi ha mangiato per anni, alle spalle del prossimo, troppo abbondantemente: ci sono 170 mila presunti profughi che stanno in albergo a guardare la tv”.


Nota 1: Le fasi degli accordi di Dublino:

Il “Regolamento di Dublino” è stato firmato nella capitale irlandese, da cui prende il nome, il 15 giugno 1990, ed è entrato in vigore l’1 settembre 1997 per i primi dodici stati firmatari (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Regno Unito). Il regolamento di Dublino II fu adottato nel 2003 e individua lo Stato in cui il richiedente asilo ha fatto il primo ingresso nell’Unione europea come lo Stato competente a esaminare la domanda di asilo o a concedere il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra (art. 51), prevede una banca dati a livello europeo delle impronte digitali per chi intende presentare richiesta di asilo e per chi entra irregolarmente nel territorio dell’Unione Europea.

Il regolamento di Dublino III è stato approvato nel giugno 2013, in sostituzione del regolamento di Dublino II, e si applica a tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca. Si basa sullo stesso principio dei due precedenti regolamenti: il primo Stato membro in cui vengono memorizzate le impronte digitali o viene registrata una richiesta di asilo è responsabile della richiesta d’asilo di un rifugiato.

Se una persona che aveva presentato istanza di asilo in un paese dell’UE attraversa illegalmente le frontiere in un altro paese, deve essere restituita al primo stato.

Fin dall’inizio è stato dimostrato che il regolamento impedisce i diritti legali e il benessere personale dei richiedenti asilo, compreso il diritto a un equo esame della loro domanda d’asilo e, ove riconosciuto, a una protezione effettiva. Inoltre col crescere della pressione migratoria esso ha portato a una distribuzione ineguale delle richieste d’asilo tra gli Stati membri, a danno dei paesi posti sul Mediterraneo (Spagna, Italia, Grecia, Malta, Cipro).