Schiavi moderni

Video: https://youtu.be/9QX73GqSUW8

… Le “Stime globali sulla schiavitù moderna”[1] del 2021 indicano che ci sono circa 50 milioni di persone (49,6 milioni) in situazioni di schiavitù, costrette a lavorare contro la loro volontà o a sposarsi forzatamente, pari a 1/150 persone sul totale della popolazione mondiale. Le condizioni di schiavitù non sono transitorie, il lavoro forzato può durare anni, mentre il matrimonio forzato è, per la maggior parte dei casi, una condanna a vita.

Le crisi che si sono sommate negli ultimi anni – la pandemia COVID-19, i conflitti armati e i cambiamenti climatici – hanno portato a sconvolgimenti inediti nel campo dell’occupazione e dell’istruzione, all’aumento di situazioni di estrema povertà e di migrazioni forzate e in condizioni di rischio, e a una forte impennata delle denunce di violenza di genere, che contribuiscono ad aumentare il rischio di tutte le forme di schiavitù moderna. Come sempre, i più colpiti sono coloro che si trovano già in situazioni di maggiore vulnerabilità – i poveri e gli emarginati sociali, i lavoratori dell’economia informale, i lavoratori migranti irregolari o comunque non protetti e le persone soggette a discriminazione.

Banca Mondiale: la povertà estrema – importante parametro del rischio di lavoro forzato – rimane molto più elevata rispetto alla tendenza pre-pandemica; ILO (International Labour Organization: la ripresa dell’occupazione è in stallo in gran parte del mondo.

Il lavoro forzato riguarda 27,6 milioni (3,5 su mille abitanti). Le donne e le ragazze rappresentano 11,8 milioni del totale dei lavoratori forzati. Oltre 3,3 milioni sono minori, pari al 12% del totale, per la metà costretti allo sfruttamento sessuale, il resto nel lavoro domestico, agricoltura e manifatturiero. I lavoratori forzati sono aumentati di 2,7 milioni tra il 2016 e il 2021, con un incremento dal 3,4 al 3,5 per mille sulla popolazione mondiale.

L’incremento è dovuto interamente al settore privato, sia per lo sfruttamento sessuale commerciale forzato che per gli altri settori.

Nessuna regione del mondo è esente dal lavoro forzato. L’Asia e il Pacifico contano più della metà del totale globale (15,1 milioni), seguiti da Europa e Asia centrale (4,1 milioni), Africa (3,8 milioni), Americhe (3,6 milioni) e Stati arabi (0,9 milioni). Ma questa classifica regionale cambia notevolmente quando il lavoro forzato viene espresso come proporzione della popolazione. Con questa misura, il lavoro forzato è più alto negli Stati arabi (5,3 per mille persone), seguiti dall’Europa e dall’Asia centrale (4,4 per mille), dalle Americhe e dall’Asia e dal Pacifico (entrambi al 3,5 per mille) e dall’Africa (2,9 per mille).

Oltre la metà del lavoro forzato si verifica nei Paesi a reddito medio-alto o alto. In base alla popolazione, il lavoro forzato è maggiore nei Paesi a basso reddito (6,3 per mille persone), seguiti da quelli ad alto reddito (4,4 per mille).

L’86% dei casi di lavoro forzato è imposto da soggetti privati – il 63% in settori diversi dallo sfruttamento sessuale commerciale e il 23% nello sfruttamento sessuale commerciale forzato. Il lavoro forzato imposto dallo Stato rappresenta il restante 14% delle persone costrette al lavoro, di queste l’8% sono minori.

Il lavoro forzato riguarda quasi tutti i settori dell’economia privata: i servizi (escluso il lavoro domestico), l’industria manifatturiera, l’edilizia, l’agricoltura (esclusa la pesca) e il lavoro domestico rappresentano la maggior parte del lavoro forzato totale degli adulti (87%).

Il rimanente, per centinaia di migliaia di persone, è rappresentato da lavoratori del minerario, pescatori intrappolati su pescherecci, persone costrette a mendicare o a svolgere attività illecite.

Composizione: la % di migranti e di uomini che svolgono lavoro forzato è molto maggiore della relativa % sulla forza lavoro complessiva. Per i migranti è tre volte maggiore;

Manifatturiero ed edilizia impiegano una % maggiore rispetto al totale della forza lavoro, mentre è minore nell’agricoltura e nei servizi.

Molteplici i metodi coercitivi, per costringere a lavorare contro la loro volontà:

in sistematico mancato pagamento del salario, è la coercizione più comune, imposta al 36% dei lavoratori forzati. La minaccia di licenziamento per 1/5 lavoratori forzati; meno comuni ma rilevanti la reclusione, la violenza fisica e sessuale e la privazione dei bisogni primari.

La % di lavoratrici forzate nei lavori domestici è molto maggiore rispetto a quella dei lavoratori forzati maschi (abuso di vulnerabilità, violenza fisica e sessuale e a minacce contro i membri della famiglia) la cui % è maggiore di quella femminile nelle costruzioni (minacce di violenza e penalizzazioni finanziarie).

Matrimonio forzato

Il numero di uomini, donne e bambini costretti al matrimonio è aumentato a livello globale. Nel 2021 si stima fossero circa 22 milioni. + 6,6 milioni rispetto al 2016, passate dal 2,1 al 2,8 per mille. Due terzi del totale sono donne e ragazze minori, 14,9 milioni.

Quasi i due terzi del totale di matrimoni forzati, circa 14,2 milioni, avvengono in Asia e nel Pacifico. Seguono l’Africa con il 14,5% (3,2 milioni), l’Europa con il 10,4% e l’Asia centrale (2,3 milioni). Rispetto alla popolazione, la % di matrimonio forzato è maggiore nei paesi arabi (4,8 per mille abitanti), seguiti da Asia e Pacifico (3,3 per mille).

Tre su cinque sono in paesi a reddito medio-basso; il 26% in paesi a reddito alto o medio-alto.

Il 73% dei matrimoni forzati è stato imposto dai genitori; il 16% da altri parenti.

COVID-19 ha aggravato i fattori alla base di tutte le forme di schiavitù moderna, tra cui il matrimonio forzato, spesso legato a difficoltà economiche, con un aumento della disoccupazione globale, dell’indebitamento e dell’estrema povertà globale per la prima volta in due decenni. Le stime riportate probabilmente sottostimano la reale portata della pandemia.


[1] Stime elaborate da Internationale Labour Organization (ILO), Walk Free e International Organisation for Migration (IOM).

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