Scioperi operai in Bielorussia

Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo articolo di Yurii Colombo
sugli scioperi e le proteste operaie in Bielorussia contro il regime.

Anche se si tratta di un movimento ancora frammentato e limitato a poche
fabbriche, il fatto che gruppi di operai osano manifestare la loro
opposizione nonostante la dura repressione, è indicativo di un generale
malcontento che potrà estendersi con l’acuirsi della crisi economica e
politica. Sull’onda dell’indignazione per le elezioni-farsa, un altro
reparto del proletariato internazionale esce dalla passività e diventa
protagonista.

La nostra solidarietà ai lavoratori bielorussi che si oppongono al
governo del capitale statale e privato.

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In seguito alle grandi manifestazioni di protesta del 9 e 10 agosto esplose un po’ in tutta la Bielorussia dopo all’ennesima elezione-truffa che ha confermato Alexander Lukashenko alla presidenza del paese per altri 5 anni, si è assistito anche a scioperi politici dei lavoratori in alcune aziende. Una scelta coraggiosa se si tiene conto del clima di repressione (5000 i fermi e  oltre 30 gli arresti, 2 manifestanti uccisi dagli omon) e di intimidazione che aleggia in Bielorussia in questi giorni e del fatto che per legge sia vietato scioperare nella repubblica slava. Dato che il regime ha bloccato internet per impedire il coordinamento delle manifestazioni, le notizie che purtroppo arrivano sono frammentarie.

Alla fabbrica elettrotecnica “Kozlov” di Minsk già da lunedì si sono radunati centinaia di lavoratori nel cortile dell’impresa. Come riportato da vari canali Telegram i dipendenti dello stabilimento hanno chiesto alla direzione di rivolgersi all’amministrazione di Lukashenko con la richiesta di ripristinare Internet e fermare “detenzioni irragionevolmente dure”. Il direttore dello stabilimento si è presentato all’assemblea con i suoi mazzieri e ha minacciato: “Vi lascerò senza salario se non riprendete subito il lavoro”. La manifestazione non è durata a lungo: sono arrivate subito delle autoblindo cariche di poliziotti che hanno caricato i lavoratori. Due di essi sono stati arrestati.

Alla “Belenergosetproekt”, sempre di Minsk, durante la pausa pranzo del giorno 9 i dipendenti dell’impresa sono usciti in strada e hanno iniziato a gridare “Vivi Bielorussia!” chiedendo la destituzione  del despota al potere per poi raggiungere in corteo la Kozlov per portare la loro solidarietà per l’attacco subito dalle forze dell’ordine. Hanno abbandonato il lavoro pure i lavoratori dell’Accademia delle scienze, quelli dell”azienda di margarina di Minsk, per poi sciamare in corteo per le vie della città. Sciopero, ma solo in alcuni reparti, alla fabbrica (sempre della capitale) “Integral” che produce semiconduttori e sono scesi in lotta anche i dipendenti dello zuccherificio comunale.  Sono ferme per sciopero da martedì pure la linea grigia della metro e alcune linee degli autobus.

Si sciopera già da lunedì a Zhlobin, allo Stabilimento metallurgico bielorusso (BMZ). Anche qui gli operai in sciopero avanzano rivendicazioni politiche: il rilascio dei prigionieri  e lo svolgimento di libere elezioni presidenziali. “Immediate dimissioni di Lukashenko” sono richieste fatte dagli operai alla “Grodno Azot” di Grozno. E non si lavora anche a Bobruisk alla “Belshina”. Fermi i minatori alla miniera di sale di Soligorsk.

Si tratta di un movimento – per quanto si può capire in questo momento – ancora ridotto e a macchie di leopardo, in una situazione complessa che tuttavia rimanda alla grande tradizione dei movimenti di scioperi specificatamente politici nella Russia di inizio Ventesimo secolo. Delle agitazioni incapaci forse da sole di rovesciare la dittatura ma che potrebbe essere un momento di vitale protagonismo capace di far accrescere la fiducia dei lavoratori nella propria forza.

Yurii Colombo