“Scippo” della quarta sponda?

Accordo Sarraj-Haftar

Il clamoroso incontro nel castello di Saint-Cloud, alle porte di Parigi, tra i “fratelli nemici” della Libia Al Sarraj (presidente del consiglio presidenziale di Tripoli) e Haftar (comandante dell’esercito nazionale, Tobruk), con Emmanuel Macron come mediatore, è un duro colpo alle ambizioni dell’imperialismo italiano in tutta l’area nord africana e sud mediterranea.
Ambizioni che furono a suo tempo definite come “Quarta Sponda” delle mire espansionistiche italiane.

Il contenzioso tra l’imperialismo di casa nostra e quello francese parte da molto lontano: dalla questione tunisina degli anni ’80 del XIX° secolo si passa a quella libica del secolo scorso, in cui il contrasto di interessi tra Roma e Parigi alimenta una guerra politica e commerciale per molti aspetti tutt’ora in corso.

Dopo l’attacco a Gheddafi e la sua eliminazione nel 2011, attacco che vide il governo Sarkozy come principale protagonista, Roma non è più riuscita a riprendere in mano quel ruolo di predominio che aveva in precedenza, e che Prodi-Berlusconi si erano spregiudicatamente ritagliato sulla pelle dei migranti, ben volentieri “affidati” alle “cure” del deposto colonnello in cambio di una corsia preferenziale sporca di gas, petrolio e sangue.

Dopo il 2011, il pallino è passato alla Francia; la quale, con Hollande, ha abilmente trescato tra le due fazioni di Tripoli e Tobruk uscite da una guerra per bande ancora in corso, arrivando poi, con Macron, agli accordi del 25 luglio. In essi si sanciscono impegni già presi dalle due parti a Skhirat, sotto egida ONU, nel 2015, ma con la novità del ruolo di arbitrato francese: contenente la rinuncia alla lotta armata e a cessare il fuoco (eccetto operazioni contro il terrorismo…), e il proposito di indire una consultazione elettorale nella primavera del 2018.

Le parole di ringraziamento di Macron “all’amico Gentiloni”, neppure invitato a summit, suonano come beffa per le pretese dell’imperialismo di casa nostra.

La partita non è ovviamente chiusa. Da un lato è lecito dubitare del successo della mediazione francese (tra l’altro subito dopo l’accordo Haftar non ha mancato di insultare Sarraj), anche perché il contrasto Tripoli / Tobruk oltre a radici interne vede l’intervento di numerose altre potenze, tra cui Russia e Cina, e si intreccia con lo scontro tra potenze regionali (il blocco del Qatar da parte di Arabia, Emirati, Egitto, contro Iran e Turchia). Dall’altro la presenza Italiana nella ex colonia libica resta la più consistente,anche se ridimensionata dallo sfacelo politico-economico-sociale, con l’ENI prima compagnia petrolifera sul posto. Inoltre le stilettate Francia/Italia vanno inquadrate in un contenzioso a raggiera (bilancio europeo, immigrazione, lotte tra gruppi economici e bancari, pulsioni nazionaliste, assi privilegiati) che è di lungo percorso, che ha visto una chiara convergenza nella politica africana fra i neo-eletti Trump e Macron e che vedrà nei prossimi appuntamenti elettorali, a partire dalla Germania, una definizione più precisa del futuro U.E.

Per ora registriamo il sorgere della solita canea patriottarda su questa vicenda franco-libica.
Il governo Gentiloni che, oltre a battere cassa per finanziare l’infame legge Minniti sull’“accoglienza”, “rivendica” dalla sua l’essere comunque in gioco (sia il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian che Fayez al Serraj si sono recati a conferire col governo italiano dopo l’accordo).
Dal canto loro le opposizioni parlamentari denunciano la perdita di peso dell’Italia nell’area, e la sostanziale “svendita” degli “interessi nazionali” (“A Macron gli affari, a noi i migranti”, questo il tono delle reazioni di M5S, Lega e FI all’accordo di Parigi).

Come se non bastasse, è subentrata, non casualmente, la retromarcia di Macron sull’acquisizione da parte di Fincantieri della maggioranza del cantiere navale STX France, in cambio di una non meglio precisata “maggiore cooperazione in campo militare” tra i due paesi sponsorizzata dal ministro francese dell’economia Bruno Le Maire e subito rilanciata da Macron a Roma.
Un approccio? Un contentino? O un progetto di “divisione del lavoro “ tra i due imperialismi in vista di nuove missioni militari, con Parigi come protagonista, in funzione anti-inglese ed anti-tedesca? Sta di fatto che il governo francese ha motivato la nazionalizzazione del cantiere navale con la sua strategicità: sarebbe l’unico a poter costruire una portaerei… Per chi lancia la parola d’ordine delle nazionalizzazioni, è un bell’esempio di cosa vogliono dire in regime borghese.

Pare del resto imminente un intervento navale italiano nel mar libico richiesto dallo stesso Fayez al-Sarraj, il che potrebbe mettere meglio in evidenza il ruolo dell’imperialismo di casa nostra, il quale non si rassegna certo a recedere dai suoi storici assi di “penetrazione” e ad incassare colpi come quello della Corte di Giustizia Europea sulle richieste d’asilo.

Contro il nazionalismo di tutto l’arco politico borghese, dalla Lega a FI, PD M5S, della Camusso e dello stesso Manifesto, tutti indignati per lo sgambetto di Macron e lo scippo del cantiere navale, noi comunisti internazionalisti denunciamo innanzitutto il nostro imperialismo per il passato di oppressione e sterminio delle popolazioni libiche, per la complicità nella distruzione della Libia, e per l’infame trattamento dei richiedenti asilo. Lungi dal parteggiare per uno dei contendenti nella spartizione della Libia proponiamo un fronte comune dei proletari italiani, francesi ecc. con gli immigrati sul nostro territorio e con i fratelli arabi e africani contro le mene degli imperialismi di casa nostra e dei loro governi altrettanto reazionari.

Ad ognuno il suo ruolo.

Agli imperialisti quello di condurre politiche di rapina, di profitto, di spartizione del mondo ai danni dei proletari e delle popolazioni civili che cadono nel loro mirino.

Ai comunisti quello di opporsi energicamente a queste trame, proclamando che:
– NON ABBIAMO INTERESSI NAZIONALI DA DIFENDERE
– SIAMO UNA COSA SOLA COI NOSTRI FRATELLI DI CLASSE AUTOCTONI E IMMIGRATI
– SIAMO
PER L’UNIONE DI TUTTI GLI SFRUTTATI CONTRO IL CAPITALISMO, CONTRO L’IMPERIALISMO, CONTRO LE GUERRE, PER LA RIVOLUZIONE SOCIALISTA.