Stellantis, dalla Francia un saluto di lotta internazionalista contro l’aziendalismo

Nel 2022 Stellantis, nata nel 2020 dalla fusione tra FCA (FIAT Chrysler) e PSA (Peugeot-Citroen), ha venduto oltre 6 milioni di autoveicoli e realizzato un utile netto di 16,8 miliardi di euro, pari a oltre 61.000 euro per ognuno degli oltre 272 mila dipendenti! Ogni mese ogni lavoratore ha prodotto 5.000 euro di profitti! Il doppio del salario lordo di un lavoratore italiano… Marx lo chiamava “sfruttamento”, il capo di Stellantis, Tavares, lo chiama “redditività”.

Il costo umano di questa “redditività” l’hanno urlato alcune settimane fa gli operai di Stellantis Pomigliano che  hanno scioperato per due giorni chiedendo di-gni-tà contro i ritmi insostenibili che stanno demolendo il loro organismo, contro il dispotismo schiavistico aziendale, per servizi igienici e mensa dignitosi. A questo si aggiunge il taglio di oltre 26 mila dipendenti diretti in due anni: per il capitale “risparmi” che si sono tradotti in profitti; per i lavoratori meno occupazione e intensificazione dei ritmi e aumento della flessibilità a scapito della qualità della propria vita, personale e sociale.

L’azienda, bontà sua, ha “distribuito” il 12% di questi profitti tra i dipendenti. Per quelli italiani un premio medio di 1.879 euro; per i francesi 4.300 (in aggiunta a un aumento del 5,3% per il carovita), per gli americani 14.760 dollari a testa (13.874 euro). Una distribuzione non esattamente egualitaria o equa, che riflette i profitti realizzati con le diverse produzioni, ma anche la debolezza dei lavoratori e dei sindacati italiani.

Nei giorni scorsi una delegazione FIOM di lavoratori Stellantis è andata alla sede centrale del gruppo, a Poissy (Francia), per essere ricevuta dalla dirigenza del gruppo insieme alla CGT, in una “riunione di ascolto”. Non una trattativa, ma una riunione d’ascolto col cappello in mano come si usa alla Caritas e alla San Vincenzo. Per dire che cosa? Che i ritmi sono insostenibili, i capi altezzosi, i cessi indecenti e chiedere … “in-ve-sti-menti” e richiamarsi alla Costituzione italiana, come se questa avesse mai impedito il licenziamento dei 23 mila da parte degli italianissimi Agnelli nel 1980 (vedere volantino e locandina). Come se Stellantis non facesse già gli investimenti  (ha un piano da 30 miliardi…) per aumentare produzione, vendite e profitti tagliando la manodopera; come se i lavoratori di Pomigliano, Melfi, e del Piemonte non avessero gli stessi problemi di carovita dei lavoratori francesi e americani ma salari molto inferiori. La linea degli investimenti, che CGIL, CISL e UIL predicano da 40 anni e più, porta alla competizione tra lavoratori dei vari paesi e stabilimenti ciascuno per chiedere che il nuovo modello sia fatto in casa propria, una logica che porta alla gara a chi fa più concessioni sul salario, sulla flessibilità, sui ritmi di lavoro per divenire “appetibili” alla voracità di profitti del capitale.

Non a caso le dichiarazioni rilasciate dai dirigenti FIOM (andati a Poissy il 2 giugno, festa della repubblica italiana…) sono tutte centrate sull’Italia e arrivano a chiedere l’aiuto del governo italiano: “È ora che il governo italiano ascolti i metalmeccanici e favorisca l’apertura di un confronto sul futuro dei lavoratori di Stellantis e dell’automotive in Italia”, dichiarano Marinelli e Lodi: “Per affrontare la transizione è necessario che il Governo faccia la sua parte con risorse straordinarie con chiare condizionalità sociali” (Repubblica 2 giugno).

Dopo tutti gli aiuti dati dai vari governi alla FIAT nei decenni (tra blocco dell’ingresso dei concorrenti alla Cassa Integrazione a gogo) ancora risorse pubbliche per ingolosire Stellantis a sfruttare un maggior numero di lavoratori in Italia?

Non è con questa logica perdente e tutta interna alla logica del capitale che i lavoratori possono difendere condizioni di lavoro e occupazione, ma con la lotta a livello di tutto il gruppo, internazionale, chiedendo forti aumenti salariali per recuperare le ingenti perdite degli ultimi decenni e dell’attuale inflazione, una riduzione dei ritmi e orari di lavoro ovunque, rifiutando di sacrificare salute e vita sociale alle esigenze del capitale, rifiutando di farsi concorrenza tra stabilimenti e tra paesi. Il capitale si concentra e si internazionalizza, i lavoratori che erano divisi tra Fiat, Peugeot, Citroen, Opel, Vauxall, Chrysler ora sono riuniti sotto un unico comando capitalistico: solo con l’unione internazionale possono difendere le proprie condizioni in ciascun paese.

Riportiamo di seguito il link del saluto di un dirigente di SUD Solidaires Stellantis ai lavoratori italiani del gruppo davanti alla Direzione generale di Poissy quale esempio di indirizzo internazionalista, di classe e non aziendalista:

https://drive.google.com/file/d/1AXMFdlDK6aDV7pzsKQXj3-i7u6z1eO92/view?usp=sharing

e il volantino FIOM in italiano:

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