Strage degli ospedali di Aleppo: la barbarie è di tutte le potenze

Bombardamento

Lunedì 15 febbraio scorso un bombardamento aereo ha colpito una scuola e 5 strutture sanitarie ad Aleppo, distruggendo completamente un ospedale di Medici Senza Frontiere e facendo almeno 50 morti.

Sulla paternità della strage si intrecciano le accuse reciproche: la Turchia accusa la Russia, che da tempo sta effettuando bombardamenti nella zona, il governo di Damasco punta il dito contro gli USA che a loro volta bombardano il territorio siriano seppure con minore intensità dell’aviazione russa. Tutti gli accusati negano ogni responsabilità.

Non abbiamo modo di verificare chi siano i diretti responsabili della strage. La stessa organizzazione Medici Senza Frontiere non indica un colpevole, ma denuncia come il bombardamento apparisse un attacco deliberato. Il fatto che ben 5 strutture sanitarie siano state colpite nello stesso giorno indica che non può trattarsi di un “errore” ma di una intenzionale strategia del terrore. La “nebbia della guerra” è accresciuta dal fatto che le accuse reciproche sono anch’esse un’arma nella guerra di propaganda fra le diverse parti belligeranti.

Indipendentemente da quale potenza abbia eseguito quest’ultima strage, non possiamo sbagliare se diciamo che tutte sono responsabili di stragi di civili, sia che intervengano direttamente da terra o dall’aria, sia che forniscano armi ed appoggio logistico alle varie fazioni. Secondo l’organizzazione non governativa Physicians for Human Rights già nel novembre 2015 ad Aleppo sono stati messi fuori uso due terzi degli ospedali e il 95% dei medici sarebbe stato arrestato o ucciso o sarebbe fuggito, mentre in tutta la Siria sarebbero 686 le persone uccise fra il personale medico in 329 attacchi a strutture sanitarie (principalmente ad opera delle forze governative siriane, secondo Amnesty International deliberatamente).

D’altra parte quest’ultimo massacro ci ricorda la distruzione dell’ospedale di Kunduz, anch’esso gestito da Medici Senza Frontiere, colpito da un bombardiere statunitense. Questi bombardamenti servono sia per terrorizzare la popolazione, che per eliminare testimoni scomodi come le organizzazioni non governative, sia per togliere alle forze locali (ma anche alla popolazione civile) una risorsa importante come le cure mediche.

Nelle guerre e soprattutto in questa colpire civili e strutture sanitarie non è affatto una rarità. Viene in mente un altro capitolo dei crimini commessi dalle parti in conflitto: le violazioni ai danni dei profughi commesse dalla Turchia. Sulla carta, dovrebbe accoglierli sul proprio territorio e garantire loro assistenza, ma di fatto ha chiuso la frontiera per impedirne il passaggio. Sempre secondo Amnesty International, oltre 20.000 sono bloccati al confine, mentre fra 40 e 70 mila sono in fuga dagli scontri nel nord siriano. E per quelli che sono stati lasciati passare le prospettive non sono certo rosee: secondo il rapporto “Il piantone d’Europa” redatto dalla stessa Amnesty i rifugiati in Turchia sono ridotti a sottoproletariato senza diritti, senza la possibilità di lavorare legalmente, spesso confinati in veri e propri luoghi di detenzione isolati, picchiati e costretti a tornare nei luoghi di origine, nonostante i pericoli che questo comporta.

Dentro i confini della stessa Turchia le forze armate turche stanno mettendo a ferro e fuoco con l’artiglieria interi quartieri e città curde, cacciando decine di migliaia di persone dove vi sono focolai di resistenza del PKK.

E questo dopo che l’Unione Europea si è impegnata a fornire alla stessa Turchia un finanziamento da 3 miliardi di euro per garantire l’assistenza dei profughi sul proprio territorio, di fatto per impedire che arrivino in Europa, non importa quali siano i mezzi per interrompere il loro viaggio. Si ripete quanto già successo con la Libia di Gheddafi, pagata dall’Italia per reprimere brutalmente le migrazioni dalle coste libiche a quelle italiane. Un comportamento perfettamente in linea con le ultime scelte dei paesi europei che per bloccare i profughi stanno chiudendo anche le frontiere interne.

Contro la barbarie di tutti i paesi imperialisti e delle borghesie regionali occorre organizzare un’opposizione alla guerra in tutti i paesi che intervengono in Medio Oriente, a partire dall’Italia, e creare collegamenti con le forze che si oppongono a tutti gli schieramenti in campo, da quello “occidentale” a quello “russo-sciita” alle petromonarchie e ISIS.