Tre morti in 18 giorni, in mostra a Melilla l’indifferenza di Zapatero

Nell’avamposto
africano della Spagna il muro di filo spinato miete vittime: due inchieste.
Intanto il premier s’occupa di Onu.

La SPAGNA invoca all’ONU la guerra
contro povertà e fame ma respinge brutalmente gli immigrati clandestini a
Melilla (3 morti in 18 giorni)
N.d.R.: questo articolo sarebbe più sincero
se denunciasse le brutalità della politica d’immigrazione dell’ITALIA, degli
USA o della SPAGNA di AZNAR!
Madrid. “La
guerra più nobile è quella che s’ingaggia contro la povertà e la fame”,
sosteneva perentorio mercoledì scorso, nel corso di un intervento all’Onu, il
premier spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero
. Ma, ieri mattina, da Melilla
– con Ceuta una delle due colonie spagnole sul Mediterraneo marocchino –
giungeva una notizia che contraddice le sue parole: era appena morto in
ospedale un immigrato illegale sub-sahariano, arrivato per valicare il muro di
doppio filo spinato che circonda la città di 66.400 abitanti, possedimento
spagnolo (da sempre rivendicato da Rabat come parte integrante del suo
territorio) dal 1497
, quando venne conquistato dal duca di Medina-Sidonia,
Juan de Guzmán. Il primo sub-sahariano che ci lascia la pelle nel tentativo
di sfuggire a fame e miseria seguendo il miraggio di saltare un muro eretto
nella sua Africa da Madrid? Macché: il terzo in appenna 18 giorni.

Sulle
cause che hanno portato alla strana morte dell’africano, originario del Ghana,
sono state aperte due inchieste ufficiali. Difficile credere alla versione
fornita alla Guardia civil, che svolge anche la funzione di controllo delle
frontiere
: l’immigrato, di cui si ignorano generalità ed età, è stato
accompagnato da un connazionale che l’ha trovato in territorio marocchino non
lontano dal muro spinato, verso le 6,15 dell’altro ieri, con sintomi di
asfissia. Subito portato in ospedale, è morto, recita l’autopsia, “per
spostamento della trachea”
. Quarantacinque minuti prima, duecento
disperati, come accade ormai quotidianamente, cercavano di entrare
nell’Eldorado “europeo” di Melilla nel solito modo: scale artigianali costruite
con i rami degli alberi dei boschi che circondano i 12,5 km di perimetro della
colonia: un muro che Zapatero, alla faccia delle sue altisonanti frasi all’Onu,
ha raddoppiato la settimana scorsa, innalzandolo da 3 a 6 metri (filo spinato
incluso).

Chi
aveva contrastato, usando “material anti-disturbios” (ossia manganelli e
pallottole di gomma ), gli africani? Proprio la Guardia civil
. Come avvenne il 28 agosto,
quando un altro gruppo di 300 disperati, sempre di notte, tentava di valicare
la barriera della colonia. Anche lì era intervenuta “con dureza” la Guardia
civil e ci era scappato un altro morto, ammmazzato vicino al reticolato
,
nel territorio di Mohamed VI. Gli scampati avevano denunciato che la vittima
era stata pestata dagli agenti della “Benemérità” e poi gettata come un cane
dall’altra parte
. Stesso copione di giovedì scorso anche l’8 agosto,
stesso assalto di massa, stesso bilancio: un altro africano morto, stavolta del
Camerun
. I gendarmi si sono sempre dichiarati estranei ai decessi. Gli
assalti si sono intensificati per timore delle pioggie autunnali alle porte, ma
anche per l’innalzamento della barriera. Gli africani, che arrivano a Melilla
dopo centinaia di chilometri a piedi, si muniscono di cartoni, di grossi
maglioni e di spessi guanti per superare senza ferirsi troppo una barriera
metallica munita di filo spinato, messo soltanto per fare male. Se non
intervengono le pattuglie della Guardia civil, per saltare il reticolato anti
immigrati ci vogliono sei minuti.
Finora,
gli agenti hanno calcolato che, soltanto nel 2005, hanno cercato di saltare la
barriera 12 mila africani. José Palazón, presidente dell’ong Prodein, denuncia
che ci sarebbe stato un altro immigrato morto recentemente di cui, però, non si
è saputo nulla. Tutto questo nella Melilla di Zapatero, alfiere
dell’allargamento dei diritti civili (per gli spagnoli).

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