Turchia: uno sciopero contro l’ineguaglianza e la collaborazione di classe

Turchia - sciopero

In Turchia il 29 gennaio è iniziato uno sciopero, che si può definire storico, quello degli operai metalmeccanici di 22 fabbriche. Lo sciopero è organizzato dal sindacato Birlesik Metal-Is, considerato “di sinistra”, aderente al DISK. Dal 19 febbraio altre 20 fabbriche si aggiungeranno portando il numero degli scioperanti a 20 mila, di cui i tre quarti sindacalizzati, nelle province di Osmanye, Hatay, Mersin, Konya, Kocaeli, Bursa, Izmir, Bilecik e Istambul.

E’ uno sciopero che viene da lontano.

Il primo obiettivo è cancellare l’ultimo accordo firmato dai sindacati Türk Metal (affiliata alla Türk -Is) e il Celik-Is (affiliato a Hak-Is). Valido tre anni, prevede la diminuzione dei salari bassi e la crescita di quelli alti con un aggravamento delle differenze retributive. Ad esempio il salario iniziale di un neoassunto passa da 5,80 a 5,66 lire turche all’ora. Un salario che colloca questi operai al disotto della linea di povertà.

In Turchia i contratti nazionali sono proibiti per legge e gli accordi che superino il livello meramente aziendale sono davvero rari. Questo firmato dalla Turk Metal è un classico contratto da sindacato giallo funzionale alle esigenze padronali, cioè di rendere permanente una situazione di bassi salari, addirittura con salari più bassi del minimo stabilito per legge e precarizzazione del rapporto di lavoro. L’altro elemento estremamente funzionale del nuovo contratto è che a lavoro uguale corrispondano paghe diverse, ad arbitrio della direzione della fabbrica (Hurryet 29 gennaio).

In Turchia il settore metalmeccanico occupa circa un milione e mezzo di lavoratori ed ha uno dei tassi di sidacalizzazione più alti per il paese, pari al 16%. La Türk Metal organizza il 12,26% dei dipendenti del settore (pari a 177 mila), Celik-Is il 2% e Birlesik Metal-Is l’1,78%.

Il 70% dei metalmeccanici è costituita da operai sottopagati e ora gli scioperanti vogliono che innanzitutto si alzino i bassi salari.

Un accordo di svendita la Türk Metal aveva tentato di firmarlo già nel 2009 quando accettò un taglio del 35% nei salari alla Eregli Iron e alla Steel Factories a Zonguldak (Mar Nero). Ma gli operai occuparono i suoi uffici e bloccarono la manovra.

La Türk Metal ci ha riprovato nel novembre 2012 alla Renault di Bursa, a nord est della Turchia. Ma è stata stoppata dai 1.500 operai suoi tesserati, indignati perché il loro sindacato ha firmato senza consultarli. Ben presto tutti i 5 mila operai della Renault, che è la seconda fabbrica automobilistica del paese, posseduta al 49% da Oyak, cioè il Fondo Pensioni delle Forze Armate turche, in infuocate assemblee tenute a volte davanti agli uffici del sindacato, hanno rigettato l’accordo e chiesto le dimissioni dei burocrati firmatari, minacciando di rompere la tessera. In Turchia scegliere un sindacato è quasi farlo per la vita, perché la legge rende difficoltosissimo lasciare la tessera e passare ad altro sindacato (ci vuole un notaio, una richiesta in 5 copie, si paga una penale equivalente a più di una settimana di lavoro). Contro gli operai sono intervenute le guardie giurate della Türk Metal, a cui hanno dato man forte gruppi fascisti e polizia. Ci sono stati parecchi feriti. Anche i giornalisti della
stampa di sinistra sono stati malmenati. L’Esercito-padrone e la polizia appoggiano i gruppi fascisti che sono del tutto infiltrati anche nei vertici sindacali (la Turk Metal ha un lupo come simbolo, un totem preislamico scelto anche dai famigerati Lupi Grigi) (nota 1).

Nel 2012 gli operai della Bosch sono scesi in sciopero di solidarietà e ben 6 mila di loro (il 75% degli iscritti) hanno disdetto la tessere Türk Metal.

Gli avvenimenti degli ultimi due anni dimostrano che gli stessi operai che in passato, essendo dipendenti di grosse fabbriche, godevano di un trattamento un tantino migliore e quindi si adattavano alla guida di sindacati venduti e perfettamente collaborativi con il padronato (che in alcuni casi coincide con l’Esercito), oggi stanno scivolando verso la condizione degli operai delle piccole fabbriche, mal pagati, in condizioni di lavoro precarie e pericoilose. La crisi ha mangiato i piccoli vantaggi e anche gli operai delle grandi industrie sono alla frutta (dal 2009 al 2013 il salario reale metalmeccanico è calato dell’11%) e scendono in lotta contro il padrone e, se serve, anche contro il loro sindacato.

Lo sciopero va a colpire gli interessi dei padroni grandi e piccoli turchi, sia la ricca e consolidata borghesia di Istambul, che I rampanti “giovani leoni” dell’Anatolia, ma anche una serie di multinazionali straniere che in Turchia hanno trovato il loro bengodi, come Schneider, Alstom, Mahle, Aperam, ABB, Bosal, Bekaert, Delphi Automotive, Federal Mogul, Prysmian, Isuzu, Candy Group, S.C.M. E questa borghesia ha il pieno appoggio del Erdogan, che ha potuto essere rieletto, nonostante le agitazioni di piazza perchè finora ha garantito i profitti dei nuovi e vecchi borghesi turchi e anche degli investitori stranieri.

Iniziare uno sciopero del genere in Turchia non è uno scherzo. Quando si comincia, si va avanti, non si interrompe per trattative parziali, ma fino a quando si conclude; spesso, se non si vince, buona parte degli operai vengono licenziati e il sindacato organizzatore perde il diritto a trattare. MESS la Cinfindustria locale, ha minacciato la serrata, ma poi ha rinunciato. A rendere più dura la lotta c’è anche l’inverno, quest’anno rigidissimo e la fine dei risparmi, dopo anni di crisi e su questo contavano i bonzi sindacali per svendere gli operai. Ma hanno fatto male i loro conti.

I metalmeccanici turchi si apprestano a una dura lotta. E giustamente hanno chiesto la solidarietà internazionale degli operai degli altri paesi (nota 2).

Nota 1 – L’ex leader di Turk Metal Mustafa Ozbek è stato arrestato per complicità in una cospirazione golpista. La sua fortuna personale è mitica, fra l’altro possiede hotels a cinque stelle nelle principali città, TV e agenzie turistiche, oltre al 40% del Kemalist Cumhuriyet daily. Il suo successore Pevrul Kavlak, dopo essere stato per un decennio un fedelissimo degli alti papaveri dell’esercito, adesso tratta AKP e Erdogan con untuosa venerazione

Nota 2 – In Italia l’hanno avuta dalla Fiom, in Europa da industriAll Europe e da Alstom EWC.

Le mail di solidarietà vanno mandate a eyupozer@gmail.com.