Un nuovo tassello della mattanza imperialista in Siria

Ci risiamo.

Nel 2003 Gran Bretagna Francia e Usa scatenarono la guerra in Irak sulla base di supposte “armi di distruzione di massa di Saddam Hussein”, oggi gli stessi servizi segreti e gli stessi paesi bombardano in Siria in nome di un “attacco chimico” di paternità per lo meno dubbia.

Mentre Russia, Iran e Turchia si stanno accordando sull’assetto-spartizione della Siria, mentre tutti, a partire da russi e americani, chiudono uno o due occhi di fronte all’invasione turca di Afrin e prossimamente della Rojava, dopo che sono stati massacrati mezzo milione di donne uomini bambini e oltre 10 milioni sono dovuti fuggire dalle loro case, ecco che i difensori di “democrazia” e “legalità internazionale” si sentono in dovere di dare una lezione contro l’uso delle armi chimiche: ipocriti e impostori!

Ogni pretesto è buono per chiedere un posto alla tavola della spartizione.

Minacciando la continuazione della guerra convenzionale, quindi nel rispetto della “legalità internazionale” sulla pelle dei siriani e dei curdi oggi, dei libanesi e degli iracheni o afghani ieri… Diciamo basta a tutti gli imperialismi e alle loro pedine, alle borghesie avide che grondano di sangue e petrolio.

Da una parte e dall’altra i predoni grandi e piccoli, guidati da regimi oppressivi. Il massacratore degli yemeniti, il saudita bin Sultan, contro il torturatore iraniano Rowani, l’autocrate russo Putin, impegnato a sostenere l’autocrate siriano Assad contro l’americano Trump, il bombardatore coi droni, con in mezzo il turco Erdogan cui tutti hanno dato mano libera per schiacciare i curdi e Israele impegnata a reprimere i palestinesi. L’impennata delle tensioni consente al francese Macron di ribadire la linea della Francia guerrafondaia, alla britannica May di aggirare il parlamento e riproporsi come terzo polo. In ballo c’è l’eventuale spartizione della Siria in zone di influenza, la necessità che la guerra continui perché il prezzo del petrolio si alzi, la volontà da parte di ogni piccola o grande potenza di tenere le posizioni acquisite o di migliorarle. Dietro ci sono i piccoli e grandi affari nella logistica, nelle armi, nell’energia e quant’altro.

L’Italia è in posizione apparentemente defilata, ma il gran commis della borghesia Mattarella ha richiamato all’ordine i partiti impegnati nei balletti mediatici per formare il nuovo governo. I grandi e piccoli gruppi che hanno interessi in Medio Oriente, da Leonardo-Finmeccanica all’Eni, dall’Enel alla Danieli, da Fincantieri a Saipem, da Unicredit a Banco di Brescia e via discorrendo hanno bisogno di un esecutivo efficiente per rappresentare i loro interessi nella crisi, dopo il prudente allineamento con la Germania. E se i filo americani Renzi e Di Maio e i filo russi Salvini e Berlusconi non trovano la quadra, il capo dello stato correrà ai ripari.

I posti di lavoro, la legge Fornero, le promesse elettorali possono aspettare, i profitti del grande capitale no.

C’è un grande assente in tutto questo, almeno in Italia, ed è la protesta contro la guerra da parte di chi ha tutto da perdere e nulla da guadagnare, i lavoratori, gli internazionalisti.

Al massimo qualcuno propone la protesta contro gli Usa, mentre qui sono tutti i predoni che vanno denunciati e per qualsiasi azione di guerra. Morire per un attacco chimico o sotto un bombardamento, per una ferita infetta o per fame e denutrizione … per i bambini siriani è uguale.

E non sia permesso agli ipocriti che guidano la danza di sbatterceli in faccia per costringerci a schierarci con l’uno o l’altro degli assassini di stato.

Manifestiamo contro tutti gli imperialismi, per un fronte comune dei proletari in Europa e Medio Oriente!