Una nuova strage delle frontiere chiuse

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Mentre ancora si stanno recuperando i corpi dei migranti morti nella notte della strage avvenuta il 3 ottobre al largo di Lampedusa, un nuovo naufragio nel Canale di Sicilia. Il bilancio fin’ora è di 214 naufraghi salvati, circa 150 dispersi e 38 cadaveri recuperati.
Nulla di nuovo purtroppo: le acque del mediterraneo sono da tempo un crocevia di migrazioni illegali che grazie alle legislazioni anti-immigrazione spesso si trasformano in tragedie.

Dopo la strage di qualche giorno fa, l’Italia ha più volte chiesto all’Europa di farsi carico dell’accoglienza dei profughi (che oggi, secondo le norme comunitarie, sono a carico del primo paese europeo che li accoglie) e di investire maggiormente nella vigilanza delle coste mediterranee. Ma i partner comunitari fanno notare che i loro paesi hanno accolto molti più profughi: secondo i dati del 2011, l’Italia ne ha accolti solo 58.000, contro 75.000 dell’Olanda, 87.000 della Svezia, 194.000 del Regno Unito, 210.000 della Francia e 571.000 della Germania; in rapporto alla popolazione totale, l’Italia ha meno di un rifugiato ogni 1000 abitanti, contro i 9 della Svezia, i 7 della Germania e i 4,5 dell’Olanda.

Ma quali che siano le norme europee e quali che siano le responsabilità delle varie nazioni, nessun paese vuol mettere in discussione la vera causa di queste tragedie: la chiusura delle frontiere. E ancora meno la causa originaria: il mercato mondiale che crea sia le disparità di sviluppo che spingono gli uomini ad emigrare in cerca di fortuna, sia le guerre e le dittature che li fanno fuggire da morte e oppressione.
Ben lontani dal proporre una soluzione radicale, i politici borghesi hanno preso la palla al balzo per proporre un rafforzamento di Frontex, l’agenzia europea di vigilanza delle frontiere nata nel 2005 il cui budget è già cresciuto dagli originari 6,5 milioni di euro annui a 87 nel 2010.
Ora il premier italiano Letta lancia una missione militare nel mediterraneo ufficialmente per scongiurare nuove stragi, di fatto per aumentare la repressione dell’immigrazione. Quella stessa repressione che costringe i migranti ad imbarcarsi in segreto, pagando prezzi esorbitanti per un viaggio rischiosissimo e una vita da fantasma sociale.

Nel dibattito politico italiano si discute l’abolizione del reato di clandestinità, un reato che produce criminalità invece di combatterla, varato per rendere più ricattabile la forza-lavoro straniera e per fomentare la guerra tra sfruttati italiani e stranieri. Un reato che trova a difenderlo solo la Lega Nord e il Movimento 5 stelle, suo degno compare di razzismo e populismo piccolo-borghesi.
Si parla di migliorare l’accoglienza per i profughi per concentrare la repressione sui cosiddetti immigrati “economici”, lavoratori in cerca di una vita dignitosa.
Ma soprattutto si invocano nuovi accordi bilaterali coi paesi del Nordafrica, come quelli che hanno “subappaltato” alla Libia di Gheddafi il lavoro sporco e che hanno portato migliaia di uomini e donne nelle carceri libiche, dove le torture e gli stupri sono all’ordine del giorno. Ancora nel luglio di quest’anno Amnesty International denunciava la presenza di oltre 5.000 migranti in 17 centri di detenzione e di altri 4.000-6.000 in carceri e campi di accoglienza gestiti dalle milizie. Nel nome dello spirito umanitario si vuole subappaltare e incentivare la violenza contro i migranti.

Per salvare i migranti e far cessare le stragi non è possibile affidarsi agli stati borghesi e ai loro politici, che non hanno né la volontà né la possibilità di rimuovere le cause ultime dei naufragi.
Solo eliminando ogni frontiera nazionale e abbattendo gli stati che le difendono si potranno sconfiggere scafisti e clandestinità.
Solo con un sistema sociale senza sfruttamento si potranno eliminare le guerre, le dittature e la povertà che spingono migliaia di uomini a fuggire dalla propria terra.
Per porre fine a queste tragedie, l’indignazione e la solidarietà umana devono trasformarsi in militanza comunista.

COMBAT – Comunisti per l’Organizzazione di Classe

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