BELLONE, Giuseppe Giacinto Virgilio

(San Giorio di Susa, 1880 – 1976), maestro elementare

 

“Maestro di origine piemontese, bonario e tenace”, come lo definì Fortichiari, proveniva da una numerosa famiglia

contadina della valle di Susa; studiò per poi dedicarsi all’insegnamento. Nel 1903 fu tra i fondatori della Lega Scalpellini in valle; due anni dopo fondò il giornale socialista di Bussoleno «La Valanga».

“Vedevo da noi a San Giorio miserie: ragazzi di 10 o 12 anni andare a lavorare per 8 soldi al giorno alla fabbrica di Borgone, e farsela a piedi da San Giorio a Borgone, e se tardavano 5 minuti gli mettevano la multa di 4 soldi. C’erano poi tanti scalpellini allora, là nelle cave, che mangiavano della polenta sulla forgia, senza pietanza, così. La loro vita era estremamente dura, anche se non era meno dura quella dei contadini. L’orario di lavoro era di 10-12 ore al giorno, con paghe che, nella migliore delle condizioni, non superavano le 3 lire la giornata. Se si pensa che un chilo di pane costava 30 centesimi, un litro di vino 40-50 cent., un chilo di carne da una lira a due per i tagli migliori, si può vedere quale fosse il tenore di vita della gente che non aveva altre risorse se non le proprie braccia. Si aggiunga che nella loro stragrande maggioranza quegli uomini sui 50 anni sono completamente esauriti e non pochi, dopo inaudite sofferenze, muoiono di silicosi, in quanto non esistono cure mediche organizzate, e vuoi per mancanza di denaro e vuoi per ignoranza, anche, pochissimi sono coloro che si rivolgono ai medici; i quali, dal canto loro, nella denuncia dei decessi allo stato civile hanno ormai una loro formula stereotipata, se si tratta di scalpellini: ‘broncoalveolite tubercolare’. Ho cominciato a capire, questa gente potrebbe cominciare a liberarsi, a radunarsi”.

Trasferitosi a Milano, fu militante del PSI della frazione massimalista, diresse «La Battaglia Socialista»; nel 1920 aderì alla Frazione comunista e spinse per la rottura coi socialisti. Con la scissione di Livorno passò al PCdI. Fece parte del Comitato provvisorio della Federazione comunista milanese, assieme a Fortichiari, Interlenghi, Giovan Battista Costa, Giosuè Frigerio, Giovanni Rizzini, Mario Cambieri, Alessandro Scurati, Giuseppe Nardelli e Celeste Guerci.

“Quando si è deciso per la scissione la riunione è stata fatta a casa mia a Milano a settembre. C’era Ljubarskij alias Carlo Niccolini, rappresentante della Terza Internazionale che era stato a Bucarest, c’era Bordiga di Napoli, Grieco che poi è diventato deputato, Fortichiari che era segretario federale di Milano, l’onorevole Belloni di Alessandria e nella sala della mia casa a Milano abbiamo gettato le basi del Partito Comunista, ufficiosamente. C’era anche Gramsci, ma è arrivato l’indomani, quel giorno non è arrivato in tempo, è arrivato di notte e ha dormito sul sofà di casa mia. C’era anche Terracini che ha dormito su un materasso messo sul tavolo. Alla fine della riunione per celebrare abbiamo mangiato una torta e bevuto vermuth. Bordiga ha mangiato da me, ma lui aveva una stanza sua a casa mia. Fatta la riunione abbiamo iniziato subito a fare propaganda nelle sezioni per la scissione. Alla direzione centrale del Partito Socialista c’ero anche io, per il Piemonte c’era Terracini. Ma la riunione a casa mia è stata ufficiosa, Ljubarskij è restato in un paesino vicino a Milano fino al Congresso di Livorno. Io giravo con Bordiga e altri per propagandare la scissione. Pietro Ravetto che era di Bussoleno ed era ancora un giovanotto girava la Valle per noi, ecco perché era delegato a Livorno mentre io ero per la Lombardia. A Livorno mi sono incontrato con Ravetto e anche con Barbieri di Condove e nella Valle di Susa era passata a grande maggioranza la frazione massimalista”.

Dopo l’avvento del fascismo allentò gradualmente la sua attività; nel 1924 pubblicò uno scritto contro l’alcolismo; negli anni Trenta scrisse romanzi popolari pubblicati da Viglongo (La Mignona, 1931; Mayno della Spinetta, 1935).

Il figlio Sergio, nato a Milano, nel 1915, venne arrestato nel 1940 e condannato a 14 anni dal tribunale speciale; dopo tre anni e due mesi di carcere venne liberato e partecipò alla Resistenza in Valle di Susa, nel Cuneese e a Torino.

 

FONTI: segusium.org; M. Mingardo, Cronache rivoluzionarie a Milano 1912-1923; «La Valsusa», 21 gennaio 2021

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