CASTRUCCI, Augusto

(Pisa, 1872 – Milano, 1952), macchinista delle Ferrovie

 

Nel 1893 vinse il concorso per la scuola operai allievi fuochisti di Pisa. Dopo vari trasferimenti ordinati dalle Questure  (Savona, Livorno, Siena), nel 1903 tornò a Pisa quando aveva già sostenuto gli esami a macchinista, promosso con 27/30. Rappresentante del Sindacato conduttori locomotive all’inizio del Novecento, guidò a Pisa lo sciopero generale contro il progetto del governo Fortis (definizione dei ferrovieri come pubblici ufficiali, ovvero impossibilitati a scioperare). Fu uno dei principali sostenitori dell’unificazione dei sindacati di mestiere sotto un’unica organizzazione, che portò alla nascita dello SFI (1907). Segretario dell’VIII Commissione (Personale di Macchina), un anno dopo fondò la rivista del personale della Trazione, «In Marcia!». Scrisse moltissimi articoli usando vari pseudonimi con chiari riferimenti all’anarchismo (“Galfe”, “Gwynplaine”, “Germinal”…), attaccando senza sosta i riformisti (in netta minoranza nello SFI) e tutti i tentativi di costituire sindacati “economici” e corporativi. Fautore dell’autonomia dello SFI dalle due centrali sindacali (CGdL e USI). Nel 1914 venne retrocesso da macchinista a fuochista e trasferito d’ufficio a Como. Nel 1915, reintegrato a macchinista, si oppose all’intervento e continuò la denuncia contro la guerra (numerose pagine dell’«In Marcia!» negli anni del conflitto uscirono censurate).

Nel gennaio 1920 fece parte del Comitato d’Agitazione (con Costa, Papetti, Sbrana, Signorini, Benassi) del grande sciopero dei ferrovieri che paralizzò il paese per dieci giorni, concludendosi con un accordo in cui venivano accolte tutte le richieste del sindacato tra cui le otto ore. La conclusione dello sciopero venne vista come un suo trionfo personale. Uscì vincitore anche al X Congresso SFI di Bologna, dove avvenne un durissimo scontro tra la componente comunista, favorevole all’ingresso nella CGdL, e le altre, tra cui quella anarchica capeggiata da Castrucci, favorevoli all’autonomia.

Aggredito dai fascisti, che gli devastarono l’abitazione, dovette trasferirsi a Milano. Nel marzo 1923 venne esonerato dal servizio assieme a 43mila ferrovieri, tutti scioperanti o sovversivi, con la formula di “scarso rendimento” in base al decreto Torre (RD n. 143 del 28.1.1923). In quei mesi contestò con gran parte degli altri macchinisti (che venivano anch’essi però esonerati dal servizio) il “deliberato del CC di Roma dove venne decisa la confluenza in CGdL. Continuò a pubblicare «In Marcia!» fino al 1926 quando un decreto prefettizio costrinse a sospenderne la pubblicazione in quanto giornale pericoloso per l’ordine pubblico. Nel frattempo trovò impiego come conduttore di caldaie a vapore al “Diurno metropolitano” di Piazza Oberdan a Milano. Svolse riunioni clandestine dello SFI, che era stato sciolto d’autorità nell’aprile 1925. La persecuzione nei suoi confronti continuò: diffidato, incarcerato nel 1930, denunciato al Tribunale speciale, condannato a tre anni di confino commutati in due anni di ammonizione per le condizioni di salute della moglie, fermato più volte.

Dopo la Liberazione Castrucci venne nominato segretario nazionale di categoria (lo SFI era confluito nella CGIL) e editò nuovamente «In marcia!» (un numero nel 1945 e uscite mensili regolari dal 1946). Si batté per la snervante vertenza di assunzione dei licenziati politici. I dirigenti dello SFI, asserviti al PCI e alla politica interclassista di unità nazionale, tentarono di riprendere il possesso del giornale, considerato eretico e fuori controllo, ma Castrucci rispose loro con “la parola di Chambronne” (“merde!”). Le pressioni continuarono, e Castrucci cedette nel 1947, ritagliandosi uno spazio personale (“Entro e Fuori Rotaia”) in un giornale ormai normalizzato.

Castrucci venne presto trasformato in icona inoffensiva dalle nuove leve di burocrati sindacali asservite ai partiti della ricostruzione. Per poco. Il 14 aprile 1957 i ferrovieri apartitisti (componente anarchica dello SFI) su «Umanità Nova» denunciarono che nella sede SFI di Milano, con un “atto da beghine scandalizzate“, i “Gesuiti” del sindacato avevano rimosso la foto di Augusto Castrucci.

 

FONTI: «In Marcia!»; «Umanità Nova»

Leave a Reply