RESTELLI, Carlo “Charlie” “Fabbro”

(Barre, 1877 – Porto Ceresio, 1933)

 

All’anarchico Charlie Restelli e alla sua travagliata esistenza è dedicato il nostro libro Infinita tristezza. Vita e morte di uno scalpellino anarchico, cui rimandiamo: oltre alla ricostruzione dettagliata della sua vita, il libro rappresenta un viaggio nelle comunità anarchiche italiane del Vermont e della Lombardia a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento. Con la prima edizione quasi esaurita, una nuova ampliata è in programma. Di seguito una scheda sintetica

 

Nato in una famiglia dell’Alto Varesotto emigrata negli Stati Uniti, contrassegnata da miseria e piccoli figli morti prematuramente, dopo varie traversie si stabilì a Barre, nel Vermont, dove lavorò come scalpellino e aderì alla numerosa comunità anarchica animata dall’anarchico comunista antiorganizzatore Luigi Galleani.

Alla fine del 1906 Carlo decise di ritornare in Italia stabilendosi a Besano, paese di origine della famiglia, dove trovò occupazioni saltuarie. Attivo antimilitarista , fu uno dei promotori e costruttori dell’Asilo-Scuola Moderna Razionalista Francisco Ferrer, inaugurato il 31 gennaio 1909. Unica in Italia, la Scuola si attirò le ostilità delle autorità e del clero, e visse grazie soprattutto alle sottoscrizioni che arrivavano dal Vermont. L’attività didattica faceva riferimento, oltre che alle teorie razionaliste del martire Ferrer, anche a quelle dell’anarchico Luigi Molinari.

Dopo vari arresti, chiamato alle armi nel 1916 disertò e raggiunse Zurigo assieme al fratello Giuseppe Menotti, aggiungendosi alla folta comunità anarchica che faceva riferimento al ginevrino Luigi Bertoni. Nel frattempo la polizia, in Italia, non potendo mettere le mani su Carlo, si accanì contro la sorella Carolina, prelevata da Besano e spedita in Sardegna come internata politica. Giuseppe Monnanni, anarchico individualista aretino facente parte del gruppo rifugiatosi a Zurigo, alla fine dell’estate del 1917 scrisse all’amico deputato socialista riformista Filippo Turati, chiedendogli di intervenire a favore della donna.

Carlo con altri fuoriusciti tra cui Arcangelo Cavadini ed Eugenio Macchi venne arrestato per le “Bombe di Zurigo”, dopo il ritrovamento di esplosivi lungo il fiume e la ferrovia: caso messo in piedi per perseguitare gli anarchici. Al processo vennero tutti assolti, dopo un’impressionante autodifesa di Bertoni.

Trasferitosi a Milano, aprì un’officina con Macchi e Antonio Pietropaolo in via Casale 5. Nel marzo 1921 gli anarchici milanesi seguivano con apprensione l’evolversi della drammatica detenzione – cinque mesi – dei dirigenti anarchici Errico Malatesta, Armando Borghi e Corrado Quaglino, che avevano iniziato uno sciopero della fame per ottenere una data certa per il processo, e le cui condizioni fisiche si stavano deteriorando irrimediabilmente. Tra scioperi e scontri, la sera del 22 marzo una quindicina di persone, non tutti anarchici, si riunirono nell’officina di via Casale per esaminare la situazione e decidere eventuali azioni dimostrative. Si ritrovarono la sera successiva e decisero azioni dimostrative con ordigni rudimentali. Ma la sera del 23 marzo al teatro Diana di Milano, affollato dagli spettatori che assistevano alla rappresentazione dell’operetta “Mazurka blu” di Franz Lehar, si verificò una terribile esplosione che causò una strage. Seguirono violenze fasciste e retate della polizia con l’arresto di numerosi anarchici.

Alle prime ore dell’alba del 26 marzo venne arrestato anche Carlo. Le rivelazioni di alcuni arrestati portarono ad individuare ed arrestare in tempi e modi diversi gli autori materiali dell’attentato al Diana. Tre anarchici individualisti, Giuseppe Mariani, Giuseppe Boldrini (che si dichiarò estraneo ai fatti) e il bergamasco Ettore Aguggini.

Nel frattempo la Scuola di Clivio chiuse definitivamente, sotto i colpi della reazione. Al processo Carlo venne assolto con altri in istruttoria, undici anarchici (a parte gli esecutori erano tutti estranei alla strage) subirono condanne pesantissime mentre altri (Francesco Ghezzi, Fedeli e Bruzzi) riuscirono a fuggire.

Carlo trascorse tutti gli anni Venti in maniera precaria. Nel settembre del 1930, sul giornale anarchico di New York «L’Adunata dei Refrattari» apparse un articolo di Michele Schirru firmato con lo pseudonimo anagrammatico “Kemirruski”, ispirato da Macchi, che accusava Carlo Restelli di essere una spia dei fascisti.

La calunnia isolò ulteriormente Carlo che, il 5 settembre del 1933, tentò l’espatrio clandestino assieme a Mario Avellini; entrambi vennero abbattuti a fucilate dai militi fascisti.

Bertoni, su «Il Risveglio Anarchico», ne tracciò un commosso ricordo prendendone le difese.

Come sempre avviene, per il fatto che si era miracolosamente salvato, certuni propalarono dei sospetti su di lui, contro i quali insorgemmo vigorosamente. La sua tragica fine sta oggi a smentirli per tutti. Ma l’essere sfuggito alla galera, non significò pel Restelli una vita facile. Il trovar lavoro divenne per lui sempre più difficile e, quando ne aveva, era ben poco rimunerato, per cui manifestò più volte l’intenzione di ritornare all’estero. Non sappiamo più da chi ci venne chiesto se avrebbe potuto restare in Isvizzera, al che, conoscendo la speciale severità della Procura federale per gli anarchici, rispondemmo negativamente.

Stanco d’una vita meschina e dolorosa, di cui si lamentava apertamente con tutti, che qualche infame spia l’abbia attratto in un tranello, promettendogli il passaggio alla frontiera? Noi non possiamo per ora fare che delle supposizioni e non sappiamo neppure se la stampa abbia parlato del fatto ed in che termini. I compagni della Svizzera tutta apprenderanno con una stretta al cuore la scomparsa di un compagno, di cui poterono apprezzare le grandi doti d’intelligenza e di bontà. 

Nonostante questa presa di posizione di Bertoni, le vergognose calunnie contro Carlo da parte di alcuni anarchici individualisti coinvolti nei fatti del Diana sarebbero continuate anche molti anni dopo la morte.

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